“Io ero in sul cesso quando arrivò il vostro messo et appunto pensavo alle stravaganze di questo mondo”. L’incipit della lettera che Niccolò Machiavelli indirizzò in data 17 maggio 1521 da Carpi al «Domino Francisco de Guicciardinis », che in quello stesso periodo risiedeva nella vicina Modena come governatore, la dice lunga sui rapporti che intercorrevano fra i due.

A distanza di pochi giorni, in un’altra lettera Niccolò avrebbe esordito così: “Cazzus! Bisogna andar lesto con costui, perché egli è trincato come trentamila diavoli!”

A Carpi, Machiavelli era stato inviato dalle Autorità fiorentine per sistemare una bega insorta coi frati minori del locale convento. Volle dunque mettere al corrente della cosa l’amico, che in quelle zone rappresentava l’Autorità civile. Quest’ultimo gli rispose manifestando meraviglia che, per un’incombenza di così poco peso, avessero scomodato un uomo del suo valore.

Oltre a scherzi, battute salaci e doppi sensi, il nutrito scambio epistolare fra i due spaziò fino ad includere riflessioni di carattere filosofico-politico, confidenze familiari e apprezzamenti sui rispettivi testi, così andando a formare una delle pagine più belle della nostra epistolografia moderna.

Di particolare interesse sono pure le lettere inviate al fratello Luigi da Valladolid, dove Guicciardini si recò nel 1511 in qualità di ambasciatore della Repubblica Fiorentina presso la corte dei Rejes Catolicos. Vi si tessono le lodi dei prodotti del Nuovo Mondo, quali il mais (da lui chiamato “macis”), i chiodi di garofano (“gherofani”) il rabarbaro (“riobarbero”), lo zenzero (“gengovi”) ed il legno aloè.

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