• 23 Novembre 2024
Itinerari

L’antica chiesetta di S. Maria in Lamis di Solopaca, a poca distanza dalla Parrocchia di S. Mauro M., ci riserva una gradita sorpresa.

Dietro la grande pala dell’altare (una tela raffigurante lImmacolata Concezione, datata e firmata “Sebastiano dAbicino s. tae Mariae Maioris Pictor campanus Ping. A.D. 1603) sono celati due interessanti affreschi, contigui e di diverse misure: una Crocifissione, il più grande dei due, ed una S. Apollonia.  

Alla destra della pala d’altare vi è un altro affresco, già scoperto, ma passato finora inosservato, che rappresenta la Madonna col Bambino.

La Crocifissione, in buono stato di conservazione, è dominata dalla figura del Cristo che ha la testa reclinata a destra e presenta ferite alle mani e al costato, da cui stilla sangue. Alla sinistra vi è la Madonna Addolorata, nel cui volto, dal disegno raffinato, ci pare di cogliere qualche accento martiniano. Alla destra S. Giovanni. L’iconografia di queste due figure ci sembra desunta dal “Cristo coronato di spine in pietra tra i simboli della passione” di Roberto d’Oderisio, al museo di Fogg di Cambridge.

La S. Apollonia, solo parzialmente visibile perché coperta dagli stucchi barocchi che fungono da cornice alla pala seicentesca, è identificabile per la scritta gotica in basso, a destra della Santa stessa. Questa ha, nella mano destra, la palma del martirio, nella sinistra, un libro. Il vestito e il tendaggio del fondo sono impreziositi da uno stesso elemento decorativo e di uguale colore. Si noti a questo proposito che “…l’uso dei preziosismi viene in genere considerato un fatto caratteristico del tardo gotico”.

La Madonna del terzo affresco è seduta, secondo l’iconografia del tempo, e regge sulle ginocchia il Bambino. L’impostazione della figura, allungata e alquanto rigida, il panneggio pesante ed alcuni particolari fisiognomici (gli occhi a mandorla, il naso dritto e la bocca piccola) testimoniano di un artista a contatto con la tradizione senese. L’affresco è poco leggibile (le gamme cromatiche per quel che ci è dato di vedere, appaiono però molto delicate) e avrebbe bisogno, pertanto, di un urgente intervento di conservazione e di restauro.

Per tutte le precedenti considerazioni, i tre affreschi vanno senz’altro collocati, a nostro avviso, tra gli ultimi anni del sec. XIV e la seconda metà del sec. XV, e dunque in età inequivocabilmente tardo gotica, almeno per quanto riguarda la cultura figurativa campana. In particolare, questi due affreschi costituiscono un raro documento di pittura tardo gotica nella valle telesina.

L’ignoto autore solopachese è artista di buona levatura, certamente in sincronia con le tendenze artistiche del suo tempo: appare evidente come egli abbia cercato di adeguarsi ai vicini modelli napoletani.

È pertanto augurabile che queste rare e rilevanti testimonianze di antica arte locale, dopo un tempestivo intervento di restauro, siano restituite alla loro originaria funzione ed all’ammirazione di tutti.

Autore

Nato a Solopaca (BN) 20 dicembre 1948. Diplomatosi nel 1966 all’ Istituto d’arte di Cerreto sannita (sez. ceramica), frequenta l’Accademia di Belle Arti di Napoli fino al terzo anno che lascia anzitempo poiché, essendosi nel frattempo abilitato per l’insegnamento di disegno e storia dell’arte, è nominato docente di materie artistiche nella scuola di Belgiojoso (PV). Oltre alla pittura, alla scultura e alla ceramica, dal 1976 si è dedicato alla critica d’ arte e alla storia. Nel 1977 porta alla ribalta due ignorati artisti del ‘700: Decio Frascadore (1691-1772) e Lucantonio D’ Onofrio (1708-1778). Appassionato sempre e profondo conoscitore dei problemi dell’arte, conta al suo attivo numerose pubblicazioni che riguardano l’arte dal periodo gotico al ‘700. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti ha collaborato fra l’altro dal 1980 al 2004 al settimanale beneventano “Messaggio d’ Oggi”