Esistono in fisica le forze conservative, che in termini prosaici, poco scientifici, lavorano su un percorso chiuso, che va dal punto materiale A, di inizio, al punto materiale B, di arrivo, il lavoro generato dipende solo ed esclusivamente dagli estremi, pertanto, il lavoro svolto è indipendente dal percorso, e risulterà essere di per sé nullo. Nell’ambito filosofico, concettuale nietzscheano, incontriamo “l’eterno ritorno”, una ripartizione, del divenire intrinseca in tutte le realtà o eventi del mondo, ovvero l’eterno ripetersi, di un concetto chiuso che se traslato in un ambito sociopolitico, cogliamo dinamiche, che riproducono lo stesso comportamento o decisione, perché afferente, all’evento economico sociale, ossia al ripetersi della stessa applicazione politica ideologica. Il corroborare, di un percorso ideologico, sociale e politico, che tende a chiudersi e mai aprirsi a innovanti soluzioni, portatrici di un’interazione applicativa economica e di diritto, aperta al divenire degli eventi, al suo dinamico cambiamento durante il percorso pragmatico di soluzione.
In altri termini, spesso riscontriamo, per esempio, nella destra una stasi ideologica, che inciampa in un percorso non risolutivo e per niente innovativo, sempre identico, poiché la concettualizzazione parte da parametri già ideologizzati e mai attualizzati al cambiamento, a causa di un eterno ritorno della realtà che non si conforma all’innovazione del momento ma si ripiega su se stessa o meglio su una visione, avulsa, obsoleta, mai superamento e sdoganamento dei principi moderni di democraticità che furono, per esempio del percorso di Fiuggi. Percorso che si poneva in una dinamica evolutiva, ideologicamente aperta, integrativa del cambiamento politico e storico, rifiutando di essere ricettacolo, di blasfemie, da abbandonare e superare, un reale superamento di ogni etichetta, fino ad allora mai scollate alla destra nazionale. Questo, atteggiamento, conferisce alla destra di governo italiana, un lavoro che potrebbe sfociare in un valore nullo, perché indipendente dal percorso, ma dipendente dagli estremi, dai punti ideologici che l’hanno si originata e l’hanno resa destra di governo, quindi, punti anche di arrivo, ma mai rivisitati.
Allora come porsi in maniera aperta, non possiamo solo trarlo dal passato, ossia da chi siamo e da dove veniamo, perché ciò è un’esemplificazione di una propagandistica azione di marketing, sì con connotazioni di ampio respiro, ma che esplicita con poca chiarezza dove vogliamo andare. Dove vuole andare la politica conservatrice e dove vuole portare l’interesse nazionale e sovranazionale e in quali termini e come. O meglio con chiarezza, si devono esplicitare i punti in progress del percorso da seguire, per dare all’utente politico, dei riferimenti chiari in visione di sacrifici inevitabili da subire durante un percorso di raggiungimento degli obbiettivi di benessere collettivo.
Per Nietzsche, anche il tempo si pone in una condizione ciclica dell’eterno ritorno, pertanto egli recupera la visione ciclica in una reminiscenza pitagorica e platonica, contrapposta a quella lineare cristiana, dove l’uomo può vincere la ripugnanza dell’eterno ritorno, mediante una decisione coraggiosa trasformandosi in superuomo, per migliorare e trascendere in una negazione del divino, l’eterno divenire delle cose ; secondo una visione di Heidegger del tempo, l’uomo occidentale però non riesce a superare l’eterno ritorno fra il senso della vita e l’essere, scadendo in un eterno scontro tra oriente e occidente, e solo l’oltre- uomo può superare ciò in una visione super eroica della vita. Ossia, si può riscattare l’idea del tempo come una successione di attimi chiusi, e sostituirla con l’eterno ritorno, dell’identico.
Ma l’identico, nietzscheano , nella realtà attuale non può essere il teorema finale, il filosofo, diete una chiave di lettura molto teoretica, e non politica in senso lato, della realtà pragmatica. Ne consegue che la ripetitività degli schemi politici di sistema, anche in materia predittiva restano, marginali e pressappochisti, pervenendo ad una loro paradossale attuazione in un percorso chiuso e non integrato alle forze interagenti esterne, sia nell’ambito sociale che finanziario ed economico, e si rischia, di lavorare non ottenendo alcun risultato, quantomeno non un risultato positivo. Quindi l’accezione di appartenenza a destra va riformulata, nella sua interezza, non basta sostenere, ma lo si deve intendere e ritenere, vivere un’ideologia in termini di concreta e pragmatica visione della realtà al fine di giungere alla realizzazione di un percorso, dove le forze esterne siano ponderate e valutate per discernere il lavoro risultante e che questi sia positivo e moltiplicatore di fattori economici di crescita.
La crescita, anche questo parametro economico, ha bisogno di nuove variabili di sostegno, e in un’economia specificatamente globale la complessità dinamica resta non di facile soluzione, orbene, perché in una nazione vi sia crescita, si deve guardare al percorso che strategicamente si intende intraprendere, focalizzando la politica, non soltanto sulla dimensione interna del paese e delle forze interagenti, in esso dai punti di partenza e di arrivo, ma guardare con massimo interesse alla civiltà sia occidentale in generale con un occhio di particolare attenzione alla civiltà orientale e al sud del mondo.
Riformulare la politica, in un’ottica conservatrice e riformista che si spinge oltre il nazionalismo occidentale e nazionale, fermarsi ad un nazionalismo che si focalizza esclusivamente sugli interessi del paese di riferimento, è un atteggiamento che resta ed è riduttivo, determina una chiusura, verso il sistema globale e le sue molteplici multipolarità economiche internazionali. Una visione aperta consente di gettare un ponte di sutura, tra il nuovo e il vecchio mondo, poiché quest’ultimo con i legami tra nazioni emergenti e quelle europee, può rigenerare un nuovo equilibrio mondiale di benessere commerciale e pacificazione dei sistemi conflittuali che si degenerano là dove la guerra diviene dominante, là dove l’uomo è schiavizzato, dominato, in altre parole non si può pensare di inseguire il benessere nazionale, posizionandolo in uno schema di scontro perenne tra occidente ed oriente. Uno scontro che ha assunto in un eterno divenire un sapere ideologico assolutamente ripetitivo e poco afferente ai cambiamenti, ma identico al passato.
Ma la vera guerra che si sta svolgendo a livello globale è una guerra monetaria, dove la destituzione del dollaro è l’epicentro di un cambiamento monetario senza precedenti, la volontà dell’emisfero non occidentale è poter disciplinare il mercato delle materie prime senza dollaro ricorrendo ad una moneta sostitutiva, sta determinando il fenomeno rubli- gas, ovvero ogni scambio avviene con la moneta di riferimento della nazione erogante. Questo terremoto monetario globale, dove le transazioni primarie per ora avvengono in rubli, salvo ascesa dello yen cinese, pone un peso, e una forza esterna, la di cui traiettoria, coinvolge l’eurozona, e in particolare le sue forze conservatrici, consapevoli con una possibile rinnovata maggioranza Ursula, di dover fare l’ago della bilancia tra oriente e occidente, vero è che l’Europa non può fungere da forza di traino per la politica monetaria americana, smarcarsi è doveroso non ché strategico. lo sfondone immigrazione, e il suo trend di crescita, diviene un bumerang per la nazione più geograficamente esposta nel mediterraneo, l’Italia, che sostiene flussi mostruosi, pur consapevole, che le traiettorie di spinta arrivano dai cambiamenti promessi e non attuati in accordi bilaterali con le regioni africane frontaliere, a causa di un centro decisionale europeo che stringe i margini di trattativa per mantenere rendite di posizioni di maggioranza politica che sfuggiranno ai numeri proporzionali delle prossime elezioni europee, previste nella primavera del 2024.
La geopolitica sta assumendo toni sempre più egemonici, la connettività globale richiede una prontezza di accordi bilaterali, precipui e leali, anche al fine di contrastare l’ascesa dello yen e le strategie infrastrutturali cinesi che invadono l’occidente ed il mediterraneo con riferimento presso le aree portuali italiane. La politica, in tal senso, con l’attuale governo di destra, l’alleanza del Presidente del Consiglio, con le forze conservatrici europee, il sostegno all’Ucraina in politica estera, dispone di una centralità di visione, che determina una manovra europeista ed atlantista, ma mai non frontaliera nei confronti, degli emergenti BRICS, infatti, l’ascesa dell’Italia , con un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale, viene da una strategia priva di pregiudizi, derivante da una vocazione internazionale.
L’abbandono, di un percorso chiuso, focalizzato solo all’ottenimento degli interessi strettamente italiani sta generando una dimensione di successi, che trasla non solo la nazione ma l’Europa oltre occidente, ma solo questo atteggiamento costante, non è sufficiente, necessario è fare maggiore chiarezza su quali sono le leve strategiche euroconservatrici che consentiranno all’eurozona di uscire fuori dalla crisi globale e dagli spasmi inflazionistici che si stanno riverberando sull’economia reale.
La politica di integrazione europea sembra ormai obsoleta e con essa i tentativi di sviluppare politiche di contenimento della crisi e dell’immigrazione, frutto di accordi sommersi a discapito dell’economie, del sud del mondo. L’allarme climatico sembra scendere nel baratro recessione e con esso le sue politiche di sostenibilità ecologista di stampo progressista, che avvicendano il profitto finanziario ma molto poco, la crescita di bilancio.
Se prendiamo come esempio la crescita economica delle famiglie americane ricalcate statisticamente nell’ultimo decennio, essa è stata di 3.2% punti percentuali sulla crescita del PIL Americano in media sull’andamento di dieci anni, anni in cui però le stesse famiglie si sono indebitate di 28 punti percentuali, che si può assolutamente sommare al già 68 % di debito famigliare divenendo complessivamente 96%. Se dividiamo, poi il 28 % per i dieci anni di riferimento, notiamo che incide sulla crescita del PIL di un valore di 2.8%, con un residuo marginale, debiti che di fatto le famiglie americane non sono riuscite a pagare tantomeno ora, in una fase congiunturale estrema, ne consegue lo sgonfiamento delle banche che sono o devono essere salvate con interventi statali, ha bloccato il sistema finanziario degli ultimi vent’anni, fermando l’economia reale, e l’unica leva di sollevamento, in questo percorso è stato il mercato finanziario. Ma la domanda è perché l’economia reale sì è fermata? Uno dei motivi dominanti è la non crescita del tasso di natalità, banalmente, non si fanno figli.
Questa banalità, demografica, determina una carenza oggettiva e motivazionale sociale, dell’economia che si esalta finanziariamente, con leve fittizie che gonfiano i parametri reali, e rendono il sistema deficitario di un potenziale, di crescita. Secondo le stime delle Nazioni Unite il tasso di crescita della popolazione mondiale continuerà a diminuire, visibilmente, arrivando all’0.1 % nel 2100. Vero è che essa è la vera leva di una politica conservatrice, che vuole operare all’interno di un percorso di chiarezza riconoscendo il tasso di natalità, qualora positivo, un vero elemento nella crescita nazionale ed anche europea.
Il calo demografico in Italia è inequivocabile, ed è un tema di una complessità sociale notevole, ma il paradosso è appunto l’invecchiamento progressivo della popolazione nazionale ed oltre, con un inverno demografico che arrecherà danni in particolare all’economia e alla crescita, degenerando in una mancanza reale di tipo occupazionale per il futuro che nemmeno l’immigrazione programmata riuscirà a colmare. Ma per sostenere l’economia reale ed invertire la rotta, si deve arguire un integrazione monetaria , più altamente competitiva per generare un livello di benessere e una stabilità di bilancio, che possa implementare politiche a difesa della stessa natalità e delle donne, sì delle donne fonte e principio biologico generazionale, ne consegue, che solo una spinta di ampio respiro monetario renderà risolutivo il sistema donna, la centralità della donna è fondamentale per salvare parametri economici convenzionali, salvare inoltre valori conservatori a disdegno di una fluidità sterile.
Se i BRICS puntano verso una mondializzazione e globalizzazione, della loro supremazia economica e commerciale è perché le loro economie, esplodono di natalità, una forza motrice motivazionale e rigeneratrice della realtà, dove i concetti di famiglia tradizionali mai dismessi superano, ogni forviante, disegno finanziario che preferisce riconoscerci più fragili, e socialmente fluidi, per aprire gli orizzonti dell’offerta produttiva di mercato, con referenze ad hoc. Questi obiettivi, atipicamente non solo dell’oriente e del sud del mondo, può raggiungerli anche l’Europa, portando l’euro a livelli, di centralità mai raggiunti, con una spinta balistica di calibro finanziario innovante, ribaltando l’ecologismo futuristico, con un ambientalismo sostenibile e sensoriale che pone la famiglia al centro di ogni risorsa finanziaria. Ribaltare la governance ecologista europea con una governance che pone la famiglia al centro del percorso di crescita, con le sue molteplici complessità. La stessa transizione digitale, per rigenerare una rete tecnologicamente avanzata deve strizzare l’occhio a politiche sociali altamente evolute ed etiche degne di un’umanità che cambia, e che deve per identità, identificarsi con una politica, esempio assoluto di una controrivoluzione di valori mai sopiti.
La chiarezza dei programmi, la centralità della donna e dell’infanzia, dell’istruzione, sono fulcro, di un percorso aperto e innovante per una società di benessere con una visione lungimirante e futuribile. Bisogna preparare le culle del domani, istruendo i figli di oggi ad un avvenire di benessere, nazionale e sovranazionale, con riforme aperte che riescano ad integrare realmente una politica di superiorità, dove il sud del mondo, dove gli stessi paesi rivieraschi del mediterraneo, si rivedano in un partenariato non di convenienza, ma di condivisione etica e di crescita, dove la solidarietà sia l’epicentro non la spinta all’immigrazione clandestina.