• 23 Novembre 2024
Editoriale

Ogni tematica che affrontiamo, in un’epoca dove le opportunità e i rischi che intercorrono tra l’uomo e l’intelligenza artificiale, sono notevoli, essa si pone solo ed esclusivamente sulle priorità annesse e connesse al mondo del lavoro e al relativo impatto sulle economie, senza renderci conto di quale sarà il futuro delle odierne democrazie, della cultura radicata e conservata per millenni, patrimonio di intere nazioni e della loro diversità connaturata, tutelata ai margini di conflitti al fine di riscattare l’identità di popolo europeo.

La multilaterale unità europea, deve infatti confrontarsi proprio, sull’identità dell’uomo europeo, e sulla sua opportunità di crescere e divenire cittadino di una comunità sovranazionale, dove la sua identità spirituale e non solo economica deve restare la centralità di tutte le tematiche di sviluppo economiche, politico sociali, nonché di ogni transizione digitale, che conseguentemente necessita sia governata e disciplinata nei cambiamenti in corso, per evitare disastri epocali in termini sociali e infrastrutturali che non siano degni di un futuro sostenibile illuminante, dove la ragione sia ragionevole e sorretta dal buon senso e da un etica spirituale, che non deve soccombere alla governance elitaria del profitto ad ogni costo.

La libertà è, dunque, un’idea di partecipazione inclusiva che deve essere trasmessa non solo come impegno politico nazionale in senso stretto ma anche in senso unitario e comunitario. Siamo, nel tempo in cui la donna deve assumere una centralità globale, deve essere libera in ogni territorio mondiale, la sua protezione, è importante come elemento innovante della cultura non solo conservatrice, ma deve divenire il motore della politica di integrazione europea , dove la necessità di eleggere una maggioranza di  potere centrale efficiente e decisionista, deve puntare e progredire guardando alle politiche migratorie, focalizzando una sensibilità maggiore per il genere femminile che è costretto ad immigrare suo malgrado senza scelta alcuna, per elevare la sua condizione. Si deve consentire ai popoli che vogliono intraprendere un percorso di libertà di poter scegliere di non immigrare, di poter intraprendere nei propri stati di appartenenza percorsi di libertà sociale occupazionale, indipendentemente dalla loro origine, dalla loro cultura, dalla loro etnia.

L’unità europea che poggia sul riconoscimento delle diversità culturali riconosciute in ambito sovrannazionale, responsabilmente deve spingersi oltre la cortina continentale e nelle dinamiche dei flussi migratori, deve attuare una inclusività di sostegno nei paesi frontalieri dell’aria per esempio nord africana che sia centrale in ogni partenariato economico, a fronte di uno sviluppo infrastrutturale degli stessi, una politica che eticamente punti alla protezione dell’infanzia in quei territori e delle donne, alla loro educazione scolastica e familiare. Le utopie ideologiche devono divenire, azione concreta, le potenzialità, energia di attuazione. La clandestinità migratoria, soppiantata da azioni di grande respiro di intervento, la natalità spinta di alcune realtà marginali sta inducendo a programmare una geopolitica di sfruttamento che non è più pensabile, bisogna ridisegnare gli equilibri della connettività globale, più accordi bilaterali, sospinti da una centralità spirituale umanitaria e non solo da esigenze infrastrutturali geoeconomiche. Si verificano, troppe azioni predatorie su paesi emergenti, straricchi di risorse energetiche di ogni genere, come l’Africa, questi non devono più subire una colonizzazione economica e monetaria, funzionale e fungibile alle super potenze.

Compito è dell’Europa di incentivare, una politica di affari internazionali che freni la strategica geopolitica cinese nello sfruttamento di una asse globale alternativo, attuata con una leadership di XI Jinping che da espansionista cerca di creare ponti tra oriente ed occidente anche con l’ausilio dei BRICS. L’Italia si sta prodigando per un Partenariato Strategico di ampio respiro, e il progetto Mattei, ne è un esempio di forza decisiva della politica internazionale, un esempio concreto di Partnership for Global, un inizio, per porre fine ad un propagandistico blocco navale inattuabile e di espressione puramente conflittuale. Ma l’eccellenza da porre in campo, elemento e fonte di scambio, deve riguardare non solo la tecnologia industriale, anche agricola e agroalimentare, promuovere standard di colture agricole, incentivare un’efficienza agroalimentare nei loro territori che spinga ad una nuova riforma oltre il nostro continente, implementando il loro tasso di crescita economica. Se per l’India è opportuno uno sviluppo del territorio in termini infrastrutturali ferroviari, con un’interoperabilità italiana notevole, per alcuni territori africani del nord bisogna incentivare e sviluppare il comparto economico agricolo, lasciato all’effetto predatorio delle multinazionali cinesi e non solo al fine di ridurre margini di popolazione, a causa della denutrizione e determinare l’immigrazione, insostenibile, e a danno del continente Europeo.

Il Global Gateway, europeo, non deve restare uno slogan propagandistico, il ponte verde e digitale tra il continente europeo, e il sud del mondo, deve divenire una realtà, i vari focus o G7, devono divenire la risultanza di un’azione concreta, non momenti di decisione programmatica, irreale, la competitività tra continenti deve sorgere a pari possibilità, per porre fine a sperequazioni economiche, mai colmate da sponde e predazioni di inizio e fine millennio. Orbene, l’impegno del governo italiano, nel merito non è solo indice di una politica internazionale di vocazione, è anche il frutto di una idea di libertà che centralizza il competitor per porlo in una condizione similare di partecipazione sulla scena mondiale.

La fine, dell’immigrazione, non avviene, con una semplice forzatura di blocco navale, fortemente voluta da chi ignora, le diseguaglianze economiche del sud del modo, è l’impegno di forzare il blocco ideologico europeo e mondiale per un mediterraneo di pacificazione multilaterale tra i popoli frontalieri. Abbattere le barriere ideologiche è cosa notevole, realizzarne li intenti, è cosa divina, il tema sulla centralità Africana richiede uno sforzo politico e diplomatico, bilaterale, che presuppone accordi su più fronti, un lavoro di cesello, che si avvale di una ristrutturazione della crisi ucraina e un ponte di cementificazione solidale ed economica con i BRICS al fine di interagire a livello di competitività, nell’area euro e verso quei mercati, di risulta, che sono esposti ad una forte concorrenza mondiale, vele delle speculazioni di governance spietate.

Ovviamente la lentezza è una clausola non più ammissibile, e percorribile, tra lo spazio temporale, e gli accordi, poiché l’ha realizzazione di ogni iniziativa programmatica europea è l’incipit non solo per un riallineamento dei mercati e una disinflazione, repentina, ma è anche la cementificazione di un unità comunitaria che aspira ad un cooperazione, degli stati membri obsoleta, impraticabile, superata, la politica dei trattati resta ancor più lenta e poco decisionista per un mondo veloce, le dinamiche odierne richiedono una nuova centralità di governo, con una moneta ancorata ad un esecutivo.

La lentezza dei percorsi europei, seppur ridottasi, è ancora eccessiva, gli interventi di più, vi è necessità di maggiore sviluppo e competitività decisionale, maggiore attrazione di investimenti, notevoli interventi anche di riforma ordinamentale. Perché mentre i vertici decidono il fenomeno economico planetario inverte la rotta sospinto da una strumentalità di inerzia mai trasformata in energia motrice.  

I casi di burnout in occidente, si stanno moltiplicando, sempre più giovani si licenziano dal lavoro in massa, in maniera quasi collettiva, non per cercare condizioni migliori dal punto di vista economico, ma per cercare un equilibrio di benessere, alla ricerca di una vita sana, una sostenibilità tra vita privata e vita professionale, si parla ormai di Work Life Balance, una vera controrivoluzione industriale, una quinta controrivoluzione, umano-centrica. E allora la sostituzione umana dal punto di vista, motoria e celebrale, spirituale e la sua genialità e intuitività potrebbe sì cedere il passo all’ Intelligenza Artificiale, pertanto, si cerca di creare un employer branding per agevolare questi processi di stress.

Vero è che a fronte di ciò si sta diffondendo il concetto di inclusività e performatività, un Great Resignation, i giovani si licenziano e invertono la rotta alla ricerca dell’isola di lavoro felice che non c’è, e l’immigrazione  delle nostre menti formate dalle nostre università europee, diviene la maggiore perdita  economica per il nostro continente, una migrazione ed un fenomeno di non facile gestione, sicuramente sta implodendo a causa di variabili politiche ed economiche dove non si consuma la centralità dell’essere umano subordinandola a quella del semplice utente lavoro, questo fenomeno, non è dissimile dall’immigrazione e dai flussi migratori di giovani proveniente dal sud del mondo, che cercano un paradiso economico diverso dal loro inverno demografico implosivo.

I giovani sembrano oggi a causa della pandemia e di percorsi formativi e lavorativi fortemente stressanti, quasi malati asintomatici, alla ricerca di lavori che poi non creano benessere ma profitto, e generano uno scollamento dai valori più semplici dell’esistenza umana. I giovani non vivono più il loro tempo, ma nel tempo, nella velocizzazione disumana di esso, sono anch’essi degli algoritmi di organizzazioni aziendali, servono per impostare una ricerca dei bisogni del mondo al di fuori della loro identità, strumenti distorti, profili tecnici, ormai generatori di profitti aziendali, non cercatori della propria identità.

La politica deve gettare un ponte e garantire l’interesse in tal senso, creare, un beneficio economico, tra oriente ed occidente, promuovere la libertà di scelta, per chi vuol restare e per chi vuol promuovere un benessere e una pacificazione economica e di sviluppo tra i popoli, con efficienza ed efficacia.

Joseph E. Stiglitz, dichiara che le politiche del neoliberismo hanno fallito aggravando le disuguaglianze senza far crescere il benessere, ora serve una alternativa al capitalismo progressivo. La condivisione delle decisioni deve avvenire velocemente perché ogni dichiarazione teoretica resta lettera morta, ininfluente al fine di una crescita e integrazione di benessere.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.