• 21 Novembre 2024

Per gentile concessione dell’editore Rubbettino pubblichiamo l’Introduzione del nuovo libro di Giancristiano Desiderio:

L’Anti-Marx.

Anatomia di un fallimento annunciato.

Il marxismo è stato rimosso, non criticato. Un trauma non criticato ma soltanto rimosso, ossia spostato in una zona d’ombra, continua a generare disagio. In Italia, dove il marxismo è penetrato in profondità fin dall’immediato secondo dopoguerra con una strategia di diffusione e controllo concepita e voluta direttamente dal Pci, l’assenza di una ragion critica del marxismo ha prodotto una cultura politica di sinistra – ma non solo di sinistra – fintamente liberale che non si è fatta scrupoli a produrre e cavalcare, di volta in volta, il giustizialismo, lo statalismo, il populismo, l’egualitarismo, il vittimismo. Ma che ciò accadesse era, forse, inevitabile: il peso della tradizione dogmatica del marxismo e il fenomeno mondiale del comunismo sono stati tali che era impensabile che dal grembo del Pci morto uscisse non prima ma soltanto dopo la fine dell’Urss una classe dirigente politica pronta per la prova della democrazia liberale dell’alternanza. Una critica del marxismo non può che far bene per evitare le dure repliche delle repliche della storia e la farsa delle farse, come sosteneva già prima di tutti Karl Marx.

Gli intellettuali di sinistra che hanno criticato il marxismo si contano non sulle dita di una mano ma sulla metà delle dita di una mano. Il marxismo, infatti, non è una filosofia del potere ma una filosofia di potere. Nel marxismo è completamente assente una teoria dello Stato e, dunque, è assente quello che è il problema per eccellenza non solo della filosofia della politica ma del pensiero e della vita civile: il limite del potere. Al contrario, il marxismo come filosofia di potere – e i marxisti hanno avuto tanto, troppo potere – si è sempre posto il problema opposto: la conquista e la conservazione del potere creando volutamente una filosofia politica o, meglio, una politica filosofica che avesse come premessa la rottura degli argini posti a garanzia delle libertà degli uomini. Così in Italia la presenza del maggior partito comunista d’Occidente, l’esistenza della dottrina dell’intellettuale organico e la diffusione capillare del marxismo e dei marxisti nella scuola, nell’università, nell’editoria, nei giornali, nel cinema, nello spettacolo, nelle amministrazioni, nel sindacato ha generato conformismo, abitudine, comodità, interessi, pigrizia ed è da ingenui attendersi da un tale mondo dogmatico e consociativo la critica e la riforma di sé stesso. Chi lo ha fatto è più unico che raro e gli va senz’altro riconosciuto il merito dell’indipendenza di giudizio al limite dell’eresia. E’ questo senz’altro il caso di Lucio Colletti che nella sua parabola esistenziale e di studioso prima è stato marxista e poi da rigoroso critico del marxismo è diventato liberale. Ma, appunto, è l’eccezione di un’eccezione perché il mare magnum degli intellettuali organici non ha mai avuto il coraggio dell’eresia per sottrarsi alla subordinazione dovuta al Partito.

L’eredita del marxismo è drammatica: una cultura politica ideologica che ha impedito che si affermasse in Italia una mentalità anti-totalitaria; un anti-fascismo militante peloso giacché tutti i democratici sono anti-fascisti ma non tutti gli anti-fascisti sono democratici; un programma anti-scientifico che tuttora pesa nella scuola, nell’economia, nella giustizia e, naturalmente, in politica; una retorica anti-capitalista che dileggia e rifiuta la libertà di mercato nel mentre beneficia dei suoi vantaggi e che va di pari passo con una presunta ma inesistente superiorità intellettuale e morale. La rimozione impedisce che si critichi il marxismo e così avviene che nella cultura italiana si giri eternamente in tondo e si ritorni, come nel gioco dell’oca, al punto di partenza con gli intellettuali o i giornalisti o politici che, come se niente fosse e niente fosse accaduto, ricominciano a parlare dell’esigenza di un “nuovo socialismo” perché il mondo così com’è non va bene e non va verso la direzione giusta. In fondo, questa ciclica spiegazione del mondo e la conseguenziale riconferma della teoria marxista o socialista senza qualificazione è un modo di pensare e di agire tipico del marxismo come mentalità anti-scientifica. E’ stato Imre Lakatos a evidenziare come la mente marxista sia diventata nel tempo un programma di ricerca degenerativo che ha continuamente formulato delle previsioni che sono state puntualmente smentite dalla storia e loro – i marxisti – rincorrendo la storia hanno “spiegato” i loro fallimenti come se fossero stati successi. Il marxismo, ad esempio, ha predetto l’impoverimento dei lavoratori e la storia si è incaricata di smentire la previsione. Il marxismo ha previsto la rivoluzione in Occidente e la storia ha smentito la previsione. Il marxismo ha annunciato che con il socialismo non ci sarebbero più state rivoluzioni e la storia ha ancora una volta smentito la previsione. E si potrebbe continuare a lungo di previsione in previsione e di smentita in smentita. Sennonché, qui giunti, ecco il colpo di genio dei marxisti: “spiegano” tutti i loro fallimenti. Così, osserva Lakatos, i marxisti hanno “spiegato” Berlino 1953, Budapest 1956, Praga 1968. E noi possiamo aggiungere: continuano a “spiegare” Mosca 1989, Berlino 1991, e poi la Prima e la Seconda repubblica in Italia e facendo uscire il coniglio dal cilindro presentano il “nuovo socialismo” mentre ancora non ci si è liberati dal “vecchio socialismo”. Che programma di ricerca è questo o che metodo politico-istituzionale è? E’, appunto, un programma di ricerca degenerativo perché le spiegazioni giungono dopo gli eventi “al fine di proteggere la teoria marxista dai fatti”. E’, in pratica e in teoria, il capovolgimento del metodo scientifico: invece di falsificare e correggere la teoria si manipolano i fatti.

Questa mentalità, che sul piano teorico è anti-scientifica e sul piano politico è anti-liberale, si è così radicata in Italia da essere diventata un costume immorale o una seconda pelle. La sua origine è il pensiero di Marx. Ecco perché è necessario un Anti-Marx.

Autore

Saggista e centrocampista, scrive per il Corriere della Sera, il Giornale e La Ragione. Studioso del pensiero di Benedetto Croce e creatore della filosofia del calcio.