• 21 Novembre 2024

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”: è una nota affermazione attribuita erroneamente a   Joseph Goebbels,il Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945. Si tratta di una frase ad effetto, che ha fatto scuola, usata recentemente  anche  per ingabbiare  il rapporto tra destra e cultura.

E’ “un orrore questa destra che si impossessa della cultura”: parole di Francesco Guccini, intervistato da “la Repubblica”. Una “visione” non proprio nuova, impegnata a semplificare – da sinistra – il rapporto tra destra e cultura, un rapporto rispetto a quello “che non è mai stato il loro settore” – puntualizza l’ex cantautore.

 “Il vostro grande problema sul politically correct e sulla cultura è che vi sentite inferiori perché non avete uno straccio di intellettuale da 300 anni. Siete costretti a brandire Sgarbi, Vittorio Feltri e Povia. Siete messi male” – calcava la dose, qualche anno fa, Andrea Scanzi, risolvendo con una battuta un rapporto complesso ed articolato e sparandola grossa: 300 anni per azzerare ascendenze culturali ed autori di valore. In realtà la questione è oggettivamente complessa e deve trovare – da destra – risposte adeguate, recuperando punti di riferimento fondati e mettendo la parola fine alle semplificazioni di parte.

Giovanni Raboni, non proprio un intellettuale “di destra”, (su il “Corriere della sera” del 27 marzo 2002) era andato giù duro scrivendo un articolo, significativamente intitolato I grandi scrittori? Tutti di destra, che fece scandalo.   A sostegno della sua tesi Raboni faceva nomi e cognomi, in rigoroso ordine alfabetico. Ad emergere il gotha della cultura novecentesca: da Céline a D’Annunzio, da Hamsun a Ionesco, a Jünger, Marinetti, Maurras, Pound, Prezzolini … Si trattava di una vera terapia antiretorica e liberatoria quella offerta dall’autore, “impegnato”, al di là delle vecchie appartenenze ideologiche, ad insinuare qualche dubbio, a destra (in chi vedeva in ogni scrittore un avversario politico) e a sinistra (rispetto a chi “scambia non meno ingenuamente ogni scrittore per un compagno di fede”).

Con questo fuoco di fila impossibile non fare scandalo, come confermava lo stesso Raboni, in un articolo di replica pubblicato sul “Corriere della sera” del 23 aprile 2002, fotografia di un mondo giornalistico e culturale che si ferma al sentito dire, al retorico riperpetuare di pregiudizi e di fraintendimenti, applicando il metodo-Goebbels. Eppure basterebbe poco per evitare clamorosi scivoloni e anticulturali prese di posizione. Basterebbe documentarsi.

La storia data ai   primi anni immediatamente seguenti la fondazione del Msi (1946) allorquando il tema del rapporto – a destra –  con il mondo della cultura appare in tutta la sua stringente attualità, al punto da fare ipotizzare un “Fronte nazionale degli intellettuali” opposto a quello d’impronta comunista. Troppo diverse le ascendenze culturali per potere arrivare a tanto e tuttavia compatibilmente con le più immediate necessità politico-organizzative non mancano gli spazi dedicati dalla stampa d’ambiente all’approfondimento culturale.

Non si trattava solamente di una difesa “di bandiera”. Con l’avanzare della “società di massa” si aprono alla cultura nazionale ampi orizzonti di analisi critica. Fausto Gianfranceschi si “specializza” in questa lettura, manifestando già dalle sue prime esperienze giovanili una sensibilità particolare, che poi verrà ad affinare nell’ attività di giornalista alla guida della terza pagina del quotidiano “Il Tempo” e nell’ampia produzione di saggi e di romanzi. Al cuore del suo “impegno” la consapevolezza dei limiti “strutturali” della cultura dominante durante gli Anni Sessanta del ‘900 e la volontà di superare la crisi. Lo si fa attraverso la pubblicistica e l’editoria d’ambiente e attraverso specifici strumenti d’intervento. Tra questi l’INSPE (Istituto nazionale di studi politici ed economici)  fondato a Roma nel 1958, per iniziativa di Nino Tripodi, e del cui   comitato scientifico fanno parte , tra gli altri, Alberto Asquini, Emilio Betti, Nicola Cimmino, Pietro De Francisci, Giorgio Del Vecchio, Marino Gentile, Piero Operti, Carmelo Ottaviano, il filosofo del linguaggio Antonino Pagliaro, lo storico Gioacchino Volpe. Un altro significativo sodalizio culturale è il Centro di Vita Italiana, voluto, nel 1961, da Ernesto De Marzio e diretto da Giano Accame, il quale – come ha scritto Luciano Lanna (“Giano Accame 80 anni di passione nazionale”, “Secolo d’Italia”, 30 luglio 2008) – “…organizzò il primo Incontro romano della cultura andandosi a cercare in tutto il mondo gli uomini e gli autori con cui dimostrare che la nostra cultura non era affatto sotto lo scacco della doppia egemonia neo-marxista e azionista. La prima seduta fu
addirittura aperta con la presidenza del poeta greco Odisseo Elitis, successivamente premio Nobel per la letteratura, e l’ultima da Michel Déon, futuro accademico di Francia. E Accame fornì una certa idea della destra attraverso la partecipazione attiva al convegno di figure come Ernst Jünger e Gabriel Marcel, John Dos Passos e Marcel de Corte, Vintila Horia e Armin Mohler, Hans-Joachim Schoeps e Paul Serant… Un’intuizione, quella di Accame, che veniva da lontano e che muoveva dalla consapevolezza della necessità di rivendicare e attualizzare la grande lezione
incompiuta del Novecento”.

Nel 1974 esce “Cultura di destra” (1974 – 1976), esempio isolato di rivista culturale di diretta emanazione del Msi. La pubblicazione nasce per l’attivismo culturale di Armando Plebe, ex marxista,  all’epoca considerato una sorta di “filosofo della destra nazionale”, con l’intento di dare voce alla cultura di destra nel mondo, sull’onda degli” incontri internazionali”, organizzati dallo stesso  Plebe, che è anche segretario generale dell’ AICO (Associazione Internazionale  per la Cultura Occidentale), fondata all’indomani del primo congresso internazionale della cultura di destra, del gennaio 1973. L’impegno continua a cavallo tra Anni Settanta ed Ottanta, con il “Secolo d’Italia” che dà vita all’inserto settimanale “Secolo-Cultura” (poi raccolto in due corposi volumi).

Nel contempo la crisi dei riferimenti ideologici di una sinistra culturalmente monopolizzatrice portano ad un tentativo di “appropriazione” a sinistra di testi ed autori un tempo giudicati “eretici”, perché “di destra”. Esemplare da questo punto di vista l’esperienza della casa editrice Rusconi, diretta, tra il 1969 ed il 1979,  da Alfredo Cattabiani che ha tradotto e diffuso  i nomi più importanti della cultura di destra italiana ed internazionale, creando con le opere di J.R.R. Tolkien un vero e proprio caso letterario, malgrado la reazione censoria dell’establishment culturale italiano.

Ed ancora: degna di nota è la rubrica l’ “Ideario italiano”, pubblicata, tra l’ottobre 1994 e l’ottobre 1996,   su iniziativa di Gennaro Malgieri, direttore del giornale,  come rubrica quotidiana del “Secolo d’Italia” e poi raccolta in volume, sguardo della destra italiana contemporanea sulle più significative espressioni culturali del Novecento.

Gli esempi potrebbero ovviamente continuare, tali e tante sono state le esperienze culturali che – da destra – hanno attraversato il Novecento italiano.

In questo ambito che cosa è mancato per affrontare ad armi pari la sfida dell’egemonia culturale della sinistra? La capacità di comunicare – a livello di massa – una grande tradizione culturale, lasciando, per decenni, il campo libero alle sgangherate armate dell’opinione di sinistra (la cultura è altra cosa).  Rispetto al 1994, l’anno della mitica svolta berlusconiana, allorquando alla vittoria elettorale non corrispose una seria strategia culturale, molto però è cambiato. E certe irate ed incolte reazioni lo confermano. Importante è non abbassare la guardia. Evitando immotivati complessi d’inferiorità.

Autore

Giornalista e scrittore, a partire dalla seconda metà degli Anni Settanta ha collaborato alle principali pubblicazioni dell’area anticonformista. Dal 1990 al 2000 ha fatto parte della redazione del mensile “Pagine Libere”, specializzandosi in tematiche economiche e sociali, con particolare attenzione alla dottrina partecipativa. Scrittore “eclettico” ha al suo attivo diversi saggi dedicati al sindacalismo rivoluzionario e al moderno movimento delle idee. Tra gli ultimi libri: L’Idea partecipativa dalla A alla Z. Principi, norme, protagonisti (2020), La Rivoluzione 4.0 (2022). E’ direttore responsabile del trimestrale “Partecipazione”. Dal 2017 al 2022 è stato componente del CdA della Fondazione Palazzo Ducale di Genova. Dal marzo 2023 fa parte del CdA del MEI (Museo dell’ Emigrazione Italiana).