Qualche settimana fa ho preso il covid.
Per proteggere la mia famiglia, mi sono isolata con tutti i miei sintomi nella mia camera. In quei giorni di febbre alta e dolori forti e persistenti, mi venne in mente che tempo addietro, lessi il libro “Sotto il Segno del Pipistrello ” di Gennaro Malgieri (politico, saggistica, giornalista ed ex direttore del Secolo d’Italia e L’Indipendente). Un diario in cui Malgieri annota considerazioni, emozioni e fatti storici nel periodo della pandemia.
La preoccupazione che lo scrittore sottolinea in questo diario, è una paura per la prima volta avvertita da tutto il mondo con l’ arrivo del virus Sars-Cov2.
Un lockdown obbligato, una clausura non solo fisica ma anche di anime tormentate dall’ignoto, dallo spettro della morte presente fuori dalle nostre porte. Il mondo messo in ginocchio da un microrganismo dalla massa infinitamente piccola ma dal potere di tenere i terrestri sotto scacco. La solitudine delle persone, la perdita di azioni elementari come andare a fare la spesa, prendersi un caffè al bar, il tutto si svelò al mondo come un colpo al cuore dell’ umanità. Da un mondo che si confrontava con la devastante ondata della pandemia globale, ci si sarebbe aspettati un profondo cambiamento nella nostra società e nel modo in cui affrontiamo la vita quotidiana.
Tuttavia, sorprendentemente, sembra che la pandemia non abbia portato cambiamenti radicali nei comportamenti umani e nelle dinamiche sociali e politiche. Inizialmente, l’isolamento forzato e le restrizioni, spinsero molte persone a riflettere sulle loro priorità e a riconsiderare le abitudini quotidiane. Eppure nel tempo, con le costrizioni imposte, l’essere umano ha saputo adattarsi, più che per resilienza, per istinto di sopravvivenza. Resilienza, una parola usata e abusata durante la pandemia, perdendone il significato più profondo, svanendo completamente quando il mondo ha riaperto le porte ed è uscito fuori a rivivere come prima.
L’uso delle tecnologie, le videochiamate divennero l’unica opportunità per mantenere le connessioni sociali. Ritornando alla nuova normalità, non sembra di aver sostituito quel modo di socializzare, anzi, forse la consuetudine ora è rapportarsi quasi esclusivamente digitalmente. Inoltre, la speranza di una maggiore consapevolezza collettiva, del bene comune, sembra non essere stata completamente raggiunta.
Nonostante le evidenti disuguaglianze emerse durante la crisi sanitaria, lo “status quo”, che mise in risalto la fallace sanità in alcune zone d’Italia, manchevole di medici e di personale sanitario in genere, ha ripreso il suo posto sovrano nel post-covid. Le lezioni di solidarietà e compassione, apprese durante i momenti difficili, sono state a volte dimenticate nel ritorno alla consuetudine giornaliera, riportando in “auge” l’eccentrico individualismo umano. Anche le dinamiche lavorative, furono trasformate dal lavoro da remoto, una manna dal cielo per tante aziende, in quanto, rivelazione di grande risparmio economico per le imprese. Lo smart working penalizzò le donne lavoratrici, a causa di sfide legate alla conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari, mancanza di supporto strutturato e rischi di isolamento sociale. La mancanza di confini chiari tra vita professionale e personale accentuò tali sfide, tanto che costrinse molte donne ad abbandonare il proprio lavoro.
Il covid oramai è presente, è endemico, è un pipistrello che vola sopra le nostre teste costantemente. Il terrore e la perdita di certezze dell’ intera popolazione planetaria, che Malgieri racconta nel suo diario, sembra un passato troppo remoto. Infatti, nonostante la pandemia abbia indubbiamente lasciato un’impronta indelebile sulle nostre comunità, sembra che la nostra resistenza al cambiamento e la propensione a tornare alle vecchie abitudini siano più forti di quanto molti avessero previsto.
Gli scienziati ci dicono costantemente che ci saranno altre epidemie globali, tutto verrà di nuovo stravolto, le nostre vite saranno schiave di nuovi mostri invisibili. Siamo così fragili, così incantevolmente incoscienti nella nostra vulnerabilità. Credo che la consapevolezza che abbiamo avuto nel 2020 di poter essere dei precari di libertà , di vita, non abbia apportato trasformazioni strutturali nel tessuto sociale, politico e sanitario. La disumanizzazione ci ha resi sudditi dell’ apatia, dell’ aridità dei sentimenti, procrastinando i cambiamenti dovuti alle nostre esistenze e a questo pianeta. Prendendo spunto dal titolo del libro di Gennaro Malgieri, potremmo chiamare questa epoca con il nome di “Era del Pipistrello”, in cui “Pánta rhei”, tutto scorre, come acque di un fiume che non ha come destinazione il mare, ma l’incertezza di una verità confutata.