Il Sud o i Sud? È una questione che si apre ad una molteplicità di problematiche che toccano le economie sommerse dei diversi territori. Bisogna sgombrare il campo da una idea di fondo che è quella, insistente per anni, che riguarda la visione di un “familismo amorale”, che ha connotati soprattutto antropologici.
Credo che sia necessario partire, certamente, da una questione antropologica del Sud per tentare di impostare il quadro dei Meridioni che, attraverso i meridiani mediterranei come avrebbe detto Albert Camus, intrecciano aree di sviluppo, latitudini sostenibili, e realtà economiche.
Non è tanto però il dato economico quanto la lettura, appunto, antropologica che interessa Regioni che hanno una comparazione con un Mediterraneo che vive una nuova epoca di ripresa.
Pensare al mondo dei Balcani diventa sempre più necessario. Quei Balcani, dalla Albania alla Macedonia, che vivono un’età di ripresa e di crescita basata su una eredità che è appartenenza e una avventura che la si legge in un Occidente modernizzato. I Mediterranei e i Balcani sono fondamentali per i Sud che discutono su una autonomia basata principalmente su due fattori nevralgici: la risorsa e la vocazione.
L’autonomia non si basa soltanto su un fatto economico, bensì su una “rivoluzione” antropologica. Il ciò significa che bisogna restare fedeli ad una dimensione vocazionale da una parte e un investimento sui territori produttivi dall’altra parte. Mi sembra un dato culturale di base ciò.
Non bisogna forzare le geo-economie per dare un senso a quei nuovi saperi che si radicano alle risorse realmente produttive in una modernità inclusiva e non estranea alla storia di ciò che fu quel Regno di Napoli in una memoria che ancora risente di una matrice strutturale di metà Novecento.
L’autonomia non si crea soltanto con un apparato economico ma uscendo fuori da una logica familistica. Ciò non significa abbandonare una tradizione che ha solcato l’identità dei Sud, ma fare di questa tradizione il centro nevralgici per una risorsa dentro il nostro modello contemporaneo.
Non è affatto vero che il Sud è un monolito. Anzi, il più delle volte, è molto più “diversivo” di quello che possiamo immaginare, avendo in mano una cartina geografica. Non solo sul dato prettamente culturale, ma economico soprattutto.
Basterebbe dare una occhiata alle linee produttive e a quelle direttamente economiche per rendersi conto di come il Sud della Sicilia è eterogeneo rispetto al Nord della Puglia o della Campania. È un bene e un male nello stesso contempo. Bene perché si avverte che ci sono legami tra produttività ed economia in fase discontinue, ma che testimoniano la presenza di attività in crescita. Male perché non si creano omogeneità sulle risorse e sugli investimenti.
Ma la diversità è un fattore positivo per i Sud che avanzano anche nel creare forme di autonoma sul piano interregionale. Puntare sulla autonomia significa tra l’altro puntare sostanzialmente sulle risorse vocazionali per proporre unicità. I Sud sono il tessuto di una civiltà che è stata espressione identitaria ed è modello interculturale per una economia tra tradizione e nuovi saperi.