Di giovedì 25 gennaio è la notizia dell’esecuzione della condanna a morte di un detenuto statunitense, Kenneth Smith, 58 anni, per inalazione di azoto puro nello stato dell’Alabama (USA).
All’età di venti anni circa, l’uomo aveva ucciso una donna su commissione.
Inizialmente, la giuria lo aveva condannato all’ergastolo, ma un giudice aveva successivamente commutato il carcere a vita in pena capitale.
Nel 2022, il Boia non era riuscito a praticare l’iniezione letale. L’esecuzione fu così rimandata.
La sua è stata una vera e propria tortura, una delle punizioni sicuramente più crudeli che si possa infliggere ad un essere umano. Eppure l’VIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America è chiaro al riguardo: “non si deve fare ricorso a pene crudeli e inusitate”.
Questa pratica, l’asfissia mediante l’inalazione di azoto puro, impiegata per la prima volta, è un esperimento in piena regola. L’uomo ha fatto da cavia ed ha sofferto a lungo, circa 15 minuti, prima di esalare l’ultimo respiro.
È stata di certo una sofferenza atroce, confermata dalla testimonianza del reverendo Jeff Hood, che assieme a familiari e giornalisti, riferisce di aver visto un uomo lottare e contorcersi. Che orrore!
Le ultime parole di kenneth Smith, prima di indossare la maschera per l’azoto sono state queste: “stasera l’Alabama ha fatto sì che l’umanità facesse un passo indietro”. E così è: l’umanità ha fatto un passo indietro. Gli Stati Uniti D’America sono sempre pronti a parlare di violazione dei diritti umani mentre in alcuni degli stati federati si perpetrano vere atrocità, delitti in risposta di altri delitti.
Che si possa essere d’accordo o meno sulla pena di morte e sui vari metodi utilizzati (decapitazione, impiccagione, iniezione letale, fucilazione, sedia elettrica e, da ora, inalazione di azoto puro) va detto che queste esecuzioni risultano inutili delitti, poiché la pena di morte non è un deterrente.
R. Badinter, ex ministro della giustizia francese, nel suo famoso discorso che portò all’abolizione della pena di morte il 9 ottobre 1981, disse: “parce qu’aucun homme n’est totalement responsable, parce qu’aucune justice ne peut être infaillible, la peine de mort est moralement inacceptable.” (“poiché nessun uomo è totalmente responsabile, poiché nessuna giustizia può essere infallibile, la pena di morte è moralmente inaccettabile”).
Ad essere moralmente inaccettabili sono anche i lunghi anni di attesa nel braccio della morte, anni di angosciosa attesa in cui sicuramente tre parole avranno rimbombato migliaia di volte nella testa di Kenneth Smith: condannato a morte!
Il suo umore, dal 1996, è assimilabile a quello che Victor Hugo ha ben descritto nel libro L’ultimo giorno di un condannato: “…qualunque cosa faccia, è sempre lì, quel pensiero infernale, come uno spettro di piombo che mi sta a fianco, solitario e geloso, scacciando ogni distrazione…si insinua in tutte le forme ovunque la mia mente provi a sfuggirgli, si intromette come un ritornello orribile…mi ossessiona da sveglio, spia il mio sonno convulso e riappare nei miei sogni sotto forma di lama”.