• 21 Novembre 2024
Cultura

“Novecento” è il titolo di un monologo teatrale di Alessandro Baricco, ed è anche il nome del suo protagonista, conosciuto anche come il “pianista sull’oceano”, di cui si narra una leggenda:  la “leggenda del pianista sull’oceano”,appunto, così come si intitola il film di Giuseppe Tornatore, tratto dal suddetto monologo. La leggenda in questione è quella della sua formidabile maestria con il pianoforte. Ma è solo una leggenda, un qualcosa che si dice, qualcosa di più finto che vero, destinato a dissiparsi nella memoria del tempo o a rimanere come tale: una bella storiella da raccontare. Ma per Baricco la storia è vera e Novecento è esistito per davvero. E allora perché nessuno è sicuro che questo  “Novecento” sia autentico?

Perché questo pianista è nato e morto in una nave, una nave che faceva avanti e indietro tra l’Europa e l’America e non vi è mai sceso. Novecento non ha conosciuto il mondo e di conseguenza il mondo non ha conosciuto lui. A essere precisi una parte del mondo lo ha conosciuto, certo, ma una piccolissima parte, quella delle folle che salivano e scendevano, che andavano e venivano, che in quella traversata, su quella nave, avrebbero avuto la fortuna di sentire la sua formidabile musica, di conoscere la sua personalità e il suo incredibile talento. Anche di essergli amico. E di sicuro, a quegli occhi, Novecento non sarà passato inosservato. Di sicuro avranno parlato di lui una volta scesi dal transatlantico. Ma il mondo, rispetto a quella nave, è un posto troppo grande per credere a questa storia, soprattutto quando la prova evidente della sua veridicità non si fa viva: Novecento stesso che, come lui stesso ammette, vede il mondo come qualcosa di spaventoso, senza inizio né fine, a differenza di una tastiera con cui ha tanta e sicura dimestichezza.

Viene da chiedersi quante persone siano state “Novecento”, quante ce ne siano oggi e quante ce ne saranno. Sotterrati geni incompresi, persone sottovalutate, oppure che si fanno intimidire dal giudizio altrui e si chiudono in sé stessi. E il mondo non potrà vedere le loro opere, i loro dipinti, i loro scritti, i loro film, le loro intuizioni, le loro scoperte. Siamo miliardi di persone: avere dei Novecento in questo mondo e in questa storia è un rischio calcolato. Anche quelli che oggi non sono dei “Novecento” avrebbero potuto esserlo.

Non avremmo avuto “Harry Potter” senza quell’editore che decise di conoscere e di far conoscere, attraverso la storia del suo personaggio, l’autrice J.K.Rowling. Quell’ editore ha pubblicato “Harry Potter” e ora tutti sanno chi è la Rowling e qual è la sua creatura. Oggi il mondo è pieno di fan di Harry Potter! Al di là dei gusti, viene da pensare come sarebbe il mondo se quel libro non fosse stato pubblicato. Quanta poca fantasia, quanta poca emozione ci sarebbe stata nei cuori di quelli che ora sono ammiratori della Rowling o quanto più povera sarebbe stata la vita di quei bambini che hanno letto di Harry Potter o lo hanno visto al cinema. Parlando di quanto influenti possano diventare certe idee, perché non parliamo di un altro personaggio? Per esempio  di “Spider-man”. Cosa c’entra? Sicuramente un altro personaggio fittizio come tanti, scritti dalle menti geniali di autori coraggiosi che hanno saputo utilizzare personaggi innovativi per arrivare dritti al cuore e alla mente dei più giovani. Stan Lee, autore di Spider Man, incaricato dalla collana fumetti Marvel, di inventare un nuovo supereroe, mescolando coraggio ed emozioni,  tramite un adolescente, che vive e subisce a suo malgrado i problemi classici dei ragazzi della sua età; perché pertanto meravigliarsi che la gran parte dei giovanissimi provi ad emulare parte delle sue teste eroiche ,appassionandosi verso la scienza e lo studio di specie animali che prima erano considerati solo friggidamente  quasi da tutti loro. Stan corre dal suo Editore, convinto che l’idea sarebbe stata accolta con entusiasmo. Invece, con sua amara delusione, l’editore gli fa una ramanzina con una lista precisa delle ragioni per cui la sua idea era in realtà “terribile”: “Prima di tutto la gente odia i ragni; gli adolescenti possono solo fare da aiutanti ai supereroi veri e adulti; i supereroi veri non possono avere problemi personali.” Stan se ne torna a casa, a detta sua “deluso ma molto più saggio”. Tuttavia decide comunque di pubblicare Spider-man, nel volume numero 15 di “Amazing Fantasy”, una rivista antologica in crisi che di lì a poco avrebbe chiuso. Eppure il numero delle vendite è altissimo, Il personaggio colpisce le menti e i cuori di tantissimi ragazzi. Sembra che tutti lo adorino. A quel punto, constatato il grandissimo e sorprendente successo, l’editore corre subito da Stan Lee per dirgli “Ricordi “Spider-man”?Quel personaggio che entrambi abbiamo adorato! Facciamoci una serie!”;era il 1962. Ora, Stan Lee non era del tutto un Novecento, dato che aveva già collaborato per tanti altri supereroi famosissimi. Eppure cosa ci saremmo persi se quel piccolo pezzo della sua mente non fosse mai stato partorito o sviluppato? Il mondo avrebbe perso un grande supereroe, forse molto più “vero” di quel che si pensi. Per dirla tutta, è uno dei personaggi fittizi di cui subito si compra qualche pupazzo da dare ai bambini .

Di storie nate grazie alla fantasia geniale e al coraggio di molti autori , ce ne sarebbero tante, apparentemente banali, quasi oserei dire infantili, ma dietro ad ogni leggenda ,raccontata con cura, si celano sempre profondità di pensiero e di sentimenti, che invitano i ragazzi non solo ad un approccio più leggero verso la lettura, ma al contempo ad una riflessione su tematiche sociali di  spessore.  Per molti anni è stato associato  il nome di Bob Kane  come il creatore ufficiale di un altro paladino della giustizia, che sfida di notte i criminali più pericolosi, al fine di salvare vite innocenti, sto parlando di Batman, scritto in realtà dalla penna di Bill Finger, sebbene la sua genialità é stata oscurata per molti anni. Kane ha ammesso in un’intervista degli anni ottanta che Finger era responsabile del “50-75%” di Batman così come lo conosciamo oggi, ma per decenni è stato tenuto nell’ombra e presentato come un semplice esecutore delle idee. Fu Bob Kane che godette di interviste, fu Bob Kane che firmava i fumetti, fu Bob Kane che promuoveva i film basati sul suo personaggio. Il problema è che quel personaggio non era solo il suo. Bill Finger morì nel 1974, in totale povertà, sconosciuto e anonimo, dimenticato da tutti. Se poi pensiamo che la nascita ufficiale di Batman è nel 1939, è incredibile pensare come il povero Finger avesse assistito al grande successo del suo personaggio fino al 1974 senza poter rivendicarne la proprietà intellettuale, senza mai avere la possibilità di vedersi attribuito i riconoscimenti che si sarebbe meritato per aver creato, come per lo Spider-man di Stan Lee, un personaggio così influente nella cultura di massa. Questo fino al suo ufficiale riconoscimento postumo avvenuto solo nel 2015, quando la DC Comics ha finalmente deciso di porre il suo nome come “co-creatore” accanto a quello di Kane. E a proposito di Bob Kane, passiamo ad un altro “Bob”, il nostro ultimo esempio di mancato Novecento. Questa volta non abbiamo a che fare con la letteratura o i fumetti, anche se si tratta sempre di arte. Il “Bob” in questione è  Bob Ross,  pittore e artista americano diventato famoso per aver condotto un programma televisivo: “The Joy of painting” , andato in onda dal 1983 al 1994, anno in cui morì per un tumore a cinquantadue anni. Il programma mostrava Bob Ross mentre dipingeva un quadro, spesso rappresentante un paesaggio bucolico, fortemente ispirato all’Alaska, essendo uno dei posti preferiti di Ross e in cui aveva vissuto una dozzina di anni. Era il suo soggetto preferito. E mentre poggiava la spatola e i pennelli pregni di pittura ad olio, generando come per magia alberi, montagne, cespugli, nuvole e riflessi sull’acqua, Ross “insegnava” la sua tecnica, la tecnica “sul bagnato”. Il punto è che Bob Ross poteva tranquillamente essere un altro Novecento se non avesse avuto l’occasione di andare in televisione e parlare al mondo per gli ultimi undici anni della sua vita. E undici anni su cinquantadue non sono tanti. Ma la cosa strana è che per qualcuno che non lo conosce, Bob Ross resta comunque un Novecento e si tratta di un Novecento di cui non avremmo conosciuto non solo la maestria nel fare la sua arte, ma anche la sua umanità, il suo sorriso, le sue perle si saggezza, la simpatia, la sua voce delicata. Non a caso lo si identifica come il precursore dell’ “ASMR” (una sensazione di rilassamento dovuta a stimoli, come in questo caso la voce “carezzevole”, pacata). Ecco cosa avremmo perso di Bob Ross, tutti quegli aspetti che sono stati alla base del suo successo: i dipinti, ma soprattutto la sua umanità, la sua semplicità. Lui stesso ammise in una puntata: “io sarei qui per insegnarvi a dipingere ma mi arrivano lettere che dicono: ‘amo guardarti perché mi rilassi’, e va bene così”. Viene da chiedersi quanto vale una persona semplicemente per quello che è e quanti straordinari Novecento resteranno nella mente di quelle persone che hanno avuto la fortuna di conoscerli. I nostri nonni sono Novecento, o addirittura i nostri Bisnonni. E probabilmente a lungo andare lo siamo un po’ tutti. Forse anche Totò che disse nella sua grande umiltà: “una sedia vive più di me, una sedia può durare nei secoli, io vendo delle chiacchiere”. Eppure, eccoci qui, che per una ragione o per un’altra, quelle stesse “chiacchiere” le citiamo ancora. Pertanto tutti possediamo dei doni diversi, che ci rendono unici e speciali in ogni settore,  dipende dalla tenacia e perseveranza di ciascuno di noi, di fare delle nostre perle grezze , oggetti di rara bellezza, tramite lo studio e tanta passione. Auguro a ciascuno di voi di non restare “Novecento” , ma di distribuire i propri talenti , condividendoli con amore.

Autore

nasce a Piedimonte Matese, provincia di Caserta, nel 1996. Dopo la laurea in Scienze Politiche presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, si cimenta nella recitazione, nel doppiaggio e nella regia cinematografica. Contemporaneamente coltiva la sua passione per la scrittura, con la sua prima opera, la trilogia di Partenope, come frutto del suo amore per il mare e come omaggio alle sue amatissime origini siculo-napoletane.