L’Organizzazione Mondiale di Sanità, ha decretato l’esistenza di un fenomeno di abuso e mancanza di rispetto durante il parto, definito violenza ostetrica. Ebbene sì, il parto, momento più suggestivo, meraviglioso e altrettanto doloroso nella vita di una donna, si può tradurre in una vera e propria violenza. È un fenomeno diffuso e poco conosciuto, che può compromettere il benessere psicofisico delle donne, con conseguenze di disempowerment e impotenza appresa, in alcuni casi con disturbo post traumatico da stress nel post partum.
L’ OMS, richiedeva: “La prevenzione e l’eliminazione della mancanza di rispetto e degli abusi durante il travaglio e il parto nelle strutture sanitarie» (WHO, 2014), e richiamava a pratiche migliori per eliminare tale fenomeno, indicando quali fossero le principali forme di abuso: abusi fisici, gravi umiliazioni, aggressioni verbali, imposizione coatta di trattamenti o procedure mediche e/o mancanza di consenso pienamente informato da parte delle donne rispetto a tali atti, rifiuto di somministrare farmaci antidolorifici, qualora la donna ne faccia richiesta, gravi violazioni della privacy, il rifiuto di ammissione nelle strutture sanitarie, negligenza e incuria durante l’assistenza che può determinare complicanze evitabili e che minacciano la vita, la detenzione delle donne e dei loro bambini nella struttura dopo la nascita a causa dell’incapacità economica della donna di far fronte alla spesa per il parto.
Per molte donne il parto diventa un incubo, che non riescono a superare e le porta a non avere più figli, o ricorrere al cesareo programmato nelle gravidanze successive. Alcune donne sono più esposte di altre a subire la mancanza di rispetto e sono le adolescenti, le ragazze madri, le donne svantaggiate economicamente, le donne provenienti da minoranze etniche e le donne sieropositive. L’Italia solo recentemente ha preso consapevolezza del fenomeno, e attua azioni finalizzate ad evitare ogni tipo di abuso.
Mamme italiane hanno dichiarato di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il parto. L’episiotomia, che facilita l’uscita del bimbo, è giudicata dalle donne violenta e dolorosa, in alcuni casi con ripercussioni sulla vita intima e sessuale della coppia, oltre ad un dolore genitale. L’accelerazione del travaglio e conseguentemente del parto, non permette l’adattamento elastico necessario delle strutture della mamma e del figlio, aumentando il rischio sia di sofferenza fetale, con taglio cesareo d’urgenza, sia lacerazioni materne gravi con possibili effetti di incontinenza urinaria o prolasso. Raccontano il parto come una esperienza sofferta, non si sono sentite accolte, sono state criticate, giudicate, infantilizzate, ignorate, non tutelate, private della riservatezza. Questo trattamento incide sull’autostima, l’autoefficacia, incapacità di coping, ma soprattutto può incidere sulla relazione madre/figlio.
Certo una eccessiva medicalizzazione, si riscontra nella medicina difensiva, per evitare cause legali, allora, in quel caso si promuovono i diritti umani delle donne, e si umanizza il parto. La violenza ostetrica lede il diritto alla salute delle donne. Per rispettarle, vanno accompagnate prima e durante la gravidanza, si deve insegnare loro a rilassarsi e a distendere i muscoli del bacino, offrire loro analgesia peridurale e non solo su richiesta, facilitare con il massaggio del perineo e del muscolo elevatore, l’avanzare nel periodo espulsivo, così da evitare tagli e lacerazioni. Creare un’atmosfera di attenzione, rispetto e gentilezza. La violenza ostetrica si manifesta dapprima con la violenza psicologica, subdola e difficilmente identificabile, per poi passare alla violenza fisica. Importante educare le donne a riconoscerla per difendersi e parlarne.