• 26 Ottobre 2024
Editoriale

Nell’Unione Europea, molto importante e considerare due ambiti di esclusiva necessità di attuazione, la politica e monetaria e la politica di bilancio, che risultano marciare in netta distinzione tra loro, ma che una loro interazione è necessaria e fungibile all’economia europea.

La recente strategia politica europea comporta un risoluto riesame delle politiche monetarie e di bilancio per sostenere la politica economica e preservarne il suo benessere, al fine di creare un’interdisciplinarietà di attuazione di entrambe pur essendo esse sostenitrici indipendenti di modi diversi e differenti di agire, pertanto, le sfide future saranno unanimi e richiedono una loro azione comune.

Infatti, come è noto la politica monetaria perseguendo la stabilità dei prezzi dei beni e dei servizi, attraverso la BCE si surroga il compito di assicurare che l’inflazione resti bassa con una frequenza stabile e prevedibile, e quindi di trovare soluzioni di equilibrio agli squilibri monetari e agli squilibri reali.

Altresì la politica di bilancio si attiene alle decisioni dei governi nazionali e alle decisioni della governance pubblica sovranazionale europea, per legiferare e normare quest’ultima offrendo beni e servizi pubblici sostenendo l’economia e riducendo ogni forma sperequativa e fiscalizzando i passaggi monetari, nonché operando sui mercati finanziari per riequilibrare le speculazioni.

Questa navigazione interattiva tra le due politiche, è oltre che importante, indispensabile, pur essendo esse diverse e funzionando e agendo in modi diversi creano stabilità ed equilibrio, specificatamente in tempi di shock così preponderanti, dove la loro interazione consente di recuperare la crisi del momento e determinando impatti positivi per il benessere civile ed economico generale.

Vero è che la dicotomia reale tra la politica monetaria unica della BCE nell’ambito dell’eurozona e le varie politiche di bilancio nazionali dei governi nell’ambito degli Stati membri, ha spinto alla necessità di un patto di bilancio per una crescita unitaria e non squilibrata e divergente, per un maggiore controllo della spesa, dove l’indipendenza monetaria della BCE, stride con gli accordi monetari e di bilancio comunitari.

Ma inevitabilmente gli accordi presi per monitorare un’azione congiunta della politica monetaria e della politica di bilancio, sono indispensabili, per risollevare l’economia, infatti,  rilevante è per la BCE ridurre i tassi di interesse per mantenere stabili i prezzi, e ridurre gli shock dell’inflazione, ma è ovvio che con tassi bassi le banche nazionali, si trovano di fronte ad una economia più debole, che può essere fronteggiata dalla spesa pubblica, per contribuire a riportare l’inflazione in linea con gli obiettivi delle banche nazionali.

Ma difronte ad un’analisi eziologica, bisogna tener conto anche dell’inflazione e del fenomeno della recessione, al fine di poter capire veramente se la coniugazione della politica monetaria con quella di bilancio siano efficace nel riportare la spesa reale ad un riequilibrio, ovvero se una terapia d’urto simile sia efficiente per risanare i fattori reali della spesa.

Pertanto, eziologicamente se ne deduce che in caso di squilibri recessivi, che scompensano l’economia reale, l’intervento della politica monetaria è meno efficace, uno, per insufficienza della minor propensione al consumo, o calo della domanda, o dell’efficienza marginale del capitale imprenditoriale, (fattori, questi reali), due, per insufficienza di liquidità del circuito economico (fattore monetario), infatti creare una nuova liquidità nel sistema, si ravvede che questa può restare inoperosa o inutilizzata e la domanda globale può risultare inadeguata, ma ciò non accade se la spesa pubblica si allarga in concomitanza di un moderato prelievo fiscale, pertanto il disavanzo aumenta in tal caso, e la liquidità monetaria viene utilizzata per il suo finanziamento.

Per ora l’intervento della politica di bilancio resta un rimedio eziologico efficace per lo squilibrio in atto.

Ma se la recessione è implicata con un’insufficienza di creazione di liquidità nel sistema, persistente, ne consegue che una politica di bilancio espansiva pubblica non migliorerà o incrementerà l’economia.

L’insufficienza di mezzi monetari, porranno un freno negli investimenti, e un freno moltiplicativo negativo sulla domanda globale.

Quindi in Europa secondo una politica economica dei grandi aggregati, in particolare della domanda globale, per far sì che ci sia una reale ripartenza del sistema economico comunitario, bisogna rimuover ogni ostacolo alla politica monetaria, renderla positiva, e in particolare se gli squilibri del sistema economico europeo sono di origine reale, ovvero a carattere recessivo o inflazionistico, la terapia da adottare è “la politica dell’aumento delle entrate e della spesa pubblica, sinonimo di una politica di crescita quantitativa di bilancio”.

Mentre per “gli squilibri” del sistema europeo di origine monetario la politica eziologica, ossia la valutazione delle cause che sono dietro al fenomeno spingono ad una terapia d’urto che si ravvede nella politica monetaria stessa.

Ovviamente, la situazione attuale europea dimostra che la terapia più efficace è una terapia composita, nella quale i rimedi si associano.

Ma siamo in un sistema europeo dove la sovranità monetaria viene sempre più accentrata gerarchicamente verso l’alto, accentrata nella BCE e denota una politica monetaria che sminuisce il principio di sussidiarietà, pur conservando la sovranità dei singoli governi europei, si delinea una possibilità di democrazia mancata, dove la politica economica europea attuale scende a compromessi normativi complessi che presentano lungaggini decisionali e di applicazione.

Spesso siamo stati reduci inconsapevoli di una politica di bilancio troppo restrittiva, complice di una contrazione della spesa pubblica o di un prelievo fiscale eccessivo, in tali casi la politica monetaria, ha reagito doverosamente con “Una variazione della qualità di moneta in circolazione” incidendo sui livelli di domanda aggregata ovvero sulla somma delle spese per l’acquisto di beni nazionali: consumi, più investimenti privati, più investimenti pubblici, più esportazioni nette. In altre parole, la domanda aggregata è diminuita con l’aumentare dei prezzi, perché un livello dei prezzi più alti induce ad aumentare i tassi di interesse, che provoca una diminuzione degli investimenti programmati e quindi dell’aggregato che si sommano a livello sovranazionale europeo.

Quanto fin qui riportato sembra un eccesso di tecnica economico politica in realtà è la sintesi di un fare che ha portato distopie monetarie e diseconomie reali al sistema, che ancora oggi si ripetono senza porre un freno al sistema europeo.

L’osmosi tra la politica monetaria e la politica di bilancio deve dunque tener conto dei probabili squilibri in corso, e per il futuro deve coniugare e prevenire gli shock globali per evitare di incidere pericolosamente sulla domanda aggregata.

Dunque, l’uso dosato delle due politiche, deve apportare, simultaneamente nel lungo periodo, una stabilità equilibrata dei prezzi, ed una soddisfacente occupazione delle risorse derivante altresì da un equilibrato dosaggio degli investimenti.

Allora possiamo dire che “la politica quantitativa di bilancio”, protesa verso un patto di stabilità e di crescita del sistema europeo debba, considerarsi maggiormente efficace nella rimozione e prevenzione degli “squilibri di origine reali”, mentre la politica monetaria deve incorrere in una attitudine pertinente ad eliminare gli “squilibri di origine monetaria”, ed insieme devono agevolare la realizzazione degli “obiettivi di lungo periodo” del sistema.

La esperibilità di entrambe non è utopia, altre strategie poste in campo potrebbero suscitare scompigli, ma la concentrazione ad eliminare i vincoli extraeconomici, può per il futuro sostenere una politica conservatrice che ripristini il sistema senza alterarlo e senza modificazioni apparenti, al fine di riformare semplicemente le applicazioni di decisioni più consone e identitarie vicine ad una dimensione interna del sistema economico europeo.

In fine bisogna seguire le attitudini di una finanza funzionale, per evitare ulteriori sovranità del potere politico verso una fiscalità europea detentrice di sperequazioni e rimozioni di equità solidale. Quindi l’Europa deve espandere sempre più la sua azione di spesa pubblica per implementare gli investimenti, e sottraendosi dai contrasti di interessi troppo minuziosi.

Dai dati finora osservabili nel sistema comunitario, la politica monetaria, sebbene, risulta talvolta inefficace, incide sì sulle economie familiari e d’impresa, ma è più efficiente di quella di bilancio se questa non rimuove gli effetti antieconomici decisionali presi dai poteri di governo nazionali anteposti a quelli sovranazionali.

La politica monetaria inoltre svolge più frequentemente una fase di sostegno della domanda, nonostante la preferenza accordata dagli economisti keynesiani, alla politica di bilancio, infatti, essa svolge ruoli comprimari, poco suscettibili di decisioni solo politiche, e rimuove efficacemente gli squilibri monetari operativi di sistema.

Inoltre, la politica spesso qualitativa del disavanzo, nazionale, per coprire il deficit pubblico influenza la domanda globale solo in termini indiretti, mentre quella quantitativa di bilancio incide direttamente sulla domanda globale aggregata.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.