• 26 Ottobre 2024
Itinerari

Il castello di Gioia Sannitica si erge su un colle a 523 metri sul livello del mare e domina e controlla di fatto tutta la parte nord ovest della Media Valle del Volturno fino all’intersezione del Calore con il Volturno. Non esiste documentazione su chi costruì il castro fortificato, ma studiando la storia del territorio ed i materiali ceramici ivi rinvenuti si può dedurre che il castello fu costruito nell’XI secolo a cavallo tra il 1065 quando era Conte di Alife  Rainulfo I Drengot ed il 1090 circa quando il Conte di Alife era Roberto figlio di Rainulfo, padre del più famoso Rainulfo II. Allorchè nel 1126 Rainulfo II è Conte di Alife, Caiazzo, Telese, Sant’Agata dei Goti e Caserta (Casertavecchia) l’incastellamento dello Stato Normanno di Rainulfo II è pressocchè completo.

Il Castello di Johia in Terra Laboris come definito dalle fonti storiche del medioevo, controllava dunque la parte Nord Ovest della Valle Alifana e la diramazione della via Latina che collegava Alife a Telese. Di fronte, dalle cime dei monti Trebulani intravedeva la Torre di Castel Morrone, fortificazione a protezione delle spalle di Caserta (il borgo fortificato di Casertavecchia) mentre le fortificazioni di Dragoni, Alvignano, Caiazzo, Limatola, Presenzano tutte in vista dal castro di Gioia difendevano anteriormente l’area a ridosso dei Monti Trebulani verso la Valle Alifana.

Dal castello di Gioia un ulteriore riferimento era il Castello di Carattano, (oggi scomparso) dove dalla collina ove è ubicato il cimitero guardava la Rocca di Rupecanina ovvero il castello di Sant’Angelo di Alife. Da Melizzano poi (visibile sempre da Gioia) si controllava in modo diretto e ravvicinato la diramazione della via Latina che portava verso la Valle Telesina e verso la Valle dell’Isclero, con i due baluardi di Sant’Agata Dei Goti e Montesarchio che chiudevano l’ingresso del Regno Normanno di Rainulfo II ad Ovest. La parte oltre il Titerno fino a chiudere con la curva del Taburno era controllata e difesa dai castelli di Guardia Sanframondi, di San Salvatore Telesino (Telese).

Ora immaginate una notte buia nel Regno Normanno di Rainulfo II, in un mondo dove non vi erano luci artificiali, un fuoco su una qualunque delle torri delle fortezze elencate, diveniva come un faro in una forma di reticolo di un sistema di comunicazione luminoso diretto ed indiretto; diretto per le fortezze che si guardavano indiretto per quelle che non si guardavano, ma erano viste da altre. Di giorno il fumo avrebbe fatto lo stesso lavoro della luce di notte, ed era questo il sistema a protezione del Regno, diversi castelli ravvicinati tra loro ed in grado di comunicare a vista, atti a muovere le truppe velocemente in caso di bisogno.

Ed è proprio durante la straordinaria vita di Rainulfo II che si forma il borgo sottostante la grande torre ed il palazzo comitale di Gioia. Le mura si ampliano, ed il borgo prende forma e vita circa un secolo dopo la costruzione della torre, del primo nucleo del palazzo comitale e della torre a becco che lo protegge posteriormente. La costruzione diviene nel tempo così potente architettonicamente e militarmente che fino al suo abbandono agli inizi del XVI secolo (tra il 1510 ed il 1525) il castro non verrà mai assediato. Ma l’imponenza della struttura ed il suo ruolo di sorveglianza ma anche di abitato che nel 1150 contava circa 100 abitanti, con la morte di Rainulfo II nel 1139 e lo smembramento del suo Stato Normanno, diverrà frequentemente elemento di assegnazioni feudali e reali. Nel 1150 quando ne accenna il Catalogo dei Baroni esso è infeudato al Conte di Caserta Roberto di Lauro a cui era stato assegnato da Ruggero II di Sicilia insieme ad una parte dei possessi che furono di Rainulfo: Caserta, Telese, Melizzano, Solopaca. Il castro di Gioia resta in possesso della famiglia Di Lauro fino al 1224, per poi essere assegnato nel 1229 a Tommaso De Rocca Conte di Molise per poi tornare di nuovo ai Di Lauro nel 1231 quando Federico II restituisce i feudi alla famiglia. Nel 1268 il feudo passa a Giovanni de Molisio (Conte di Molise) e la sua famiglia lo detiene fino al 1283 per poi passare nel breve di un decennio da Giovanni De Franco a Giovanni Landolfi; quest’ultimo fa pensare che dopo quasi un secolo il castro appartiene ad un uomo della terra di Gioia (presumendo dal cognome Landolfi). Giovanni nel 1304 vende il castro con le sue pertinenze a Bartolomeo De Capua, Gran Giustiziere di Terra di Lavoro tra i nobili più in vista del Regno. Resterà alla famiglia De Capua per un secolo. Con l’arrivo degli Aragonesi il castro è affidato ad Antonio Marzano Duca di Sessa dal 1435 al 1459 e a seguire per un breve periodo ai Gaetani di Piedimonte di Alife. Con il vicereame spagnolo il feudo di Gioia passa a Consalvo De Cordoba primo Viceré del Regno e la famiglia lo detiene fino al 1526 per poi passare al Barone Giovanni Nicola Gaetani dei Principi di Piedimonte. Nel 1532 Carlo V° lo concede ad Ugo Villaluno Cavaliere Spagnolo distintosi alla battaglia di Pavia, e la leggenda vuole che Ugo scopra che la bellissima moglie Erbanina è in realtà una Janara e decide così dopo la morte di questa di venderlo. Nella realtà il castro nel 1530 è disabitato da qualche anno, ed il Barone Gaetani sta costruendo il suo nuovo palazzo a San Felice nell’attuale Gioia.

Il castro dunque vive per ben 500 anni e nonostante il suo essere ceduto a più riprese, avrà la peculiarità di non essere mai stato assediato da alcuno poiché definito inespugnabile per la posizione. Nel tempo a più riprese le mura vedranno aggiunti nuovi sistemi di fortificazioni: feritoie per balestre, per archibugi e falconetti, bocche per artiglierie a filo di terra, rinforzi alla base delle semitorri per contrastare i tiri di artiglieria. Ma conserverà sempre le peculiarità originarie di borgo fortificato con delle particolarità più uniche che rare: una latrina nel palazzo comitale, la torre di difesa a becco e la chiesa esterna alle mura del borgo dedicata al Santissimo Salvatore, ed il suo essere stata una fortezza temuta a tal punto che nelle vicende belliche di 500 anni si è sempre preferito lasciarla isolata piuttosto che provare ad assediarla. Nel XVI secolo infine Johia in Terra Laboris non è più il castro fortificato con l’imponente torre, ma il nuovo borgo a valle del castello, un nuovo luogo, una nuova storia nuovi e vecchi personaggi che vanno e vengono…… ma questa è un’altra storia.  

Autore

Figlio della migrazione italiana degli anni 60 del XX° secolo, nato in Gran Bretagna e tuttora cittadino britannico a voler ricordare il mio essere nato migrante ed ancora oggi migrante (Interno). Sono laureato in Lettere (Università di Roma “La Sapienza) ad indirizzo Archeologico-Preistorico per la precisione in Etnografia Preistorica dell’Africa, un Master di primo livello in “Interculturale per il Welfare, le migrazioni e la salute” ed uno di secondo livello in “Relazioni internazionali e studi strategici”. Sono Docente a contratto di Demoetnoantropologia presso l’Università di Parma e consulente per il Ministero della Cultura in ambito Demoetnoantropologico. Mi occupo di relazioni con le comunità di diversa cultura del territorio di Parma e Reggio Emilia scrivo di analisi geopolitiche e curo una rubrica (Mondo invisibile) sul disagio sociale. Nel tempo libero da decenni mi occupo di ricerca antropologica, archeologica e storica del territorio della mia terra, della terra delle mie radici, Gioia Sannitica. Collaboro con diverse realtà divulgative e scientifiche on line (archeomedia.net- paesenews.it-Geopolitica.info-lantidiplomatico.it) creo eventi culturali, cercando sempre di dare risalto alla mia terra non intesa solo come Gioia Sannitica ma di quella Media Valle del Volturno, che fu il Regno Normanno di Rainulfo II Drengot.