Il tema scelto per la prossima edizione della Settimana Sociale “Al cuore della democrazia”, rappresenta una questione molto importante per il nostro millennio. Anche se è vero che la Chiesa non offre un modello concreto di governo o di sistema economico (cfr Centesimus annus, n. 43), “la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno” (ibidem, n. 46).
La democrazia ai nostri giorni deve affrontare gravi problemi. Il primo fra tutti è la tendenza a considerare il relativismo intellettuale come il corollario necessario di forme democratiche di vita politica. Da tale punto di vista, la verità è determinata dalla maggioranza e varia secondo transitorie tendenze culturali e politiche. Quanti sono convinti che certe verità siano assolute e immutabili vengono considerati irragionevoli e inaffidabili. D’altro canto, in quanto cristiani crediamo fermamente che “se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia” (Centesimus annus, n. 46).
Le altre questioni riguardano le sfide che nell’odierno mondo economico, tecnologico, finanziario e produttivo, organizzativo e creditizio, mediatico e informatico, trovano il terreno fertile per un attacco alle regole democratiche. “Il tecnocrate, il bancocrate, il tecnoburocrate, il manager, – scrive in un suo bel libro: “Concetti e realtà della politica” (Carocci Editori, Roma 2015) il Sen Prof. Domenico Fisichella – costituiscono di fatto centri oligarchici che mirano a imporsi nel nome dell’efficienza, della competenza, della produttività, del calcolo economico, categorie giudicate improprie ed estranee al comportamento politico. “Oltretutto “nelle società post-industriali oggi non c’è un attacco frontale alla democrazia… agisce però una delegittimazione per vie interne del sistema democratico, che ne svuota progressivamente i presupposti… – scrive ancora Fisichella – Predomina cioè “l’idea che la politica sia il dominio dell’incompetenza e dell’inefficienza”. Per cui occorre porsi la domanda se di fronte alle trasformazioni in atto la “democrazia dei moderni”, avrà la forza e la capacità di resistere.
In questo scenario per niente esaltante dinanzi alla pretesa laicista di relegare sbrigativamente nel «religioso» il cristiano e di fronte al pericolo di un pluralismo indifferente, occorre ridare al più presto slancio e contenuti ed una proposta che, partendo dalla fede, proponga una sua concezione dell’uomo, della storia e della società.
Da ciò discende che un impegno sociale efficace e fecondo non sarà possibile senza la ricerca e l’affermazione della verità sull’uomo e dell’uomo. Ma se questa verità non venisse ricercata ed affermata totalmente, se un’antropologia, cioè la dottrina sull’uomo, non esprimesse tutti i valori e non investisse tutti gli ambiti e gli aspetti della vita dell’uomo, si avrebbe come esito inevitabile «la mortificazione dell’uomo stesso, e non sarebbe possibile attuare una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio». E necessario perciò che il cristiano superi quel complesso di inferiorità creatogli dall’Illuminismo in base al quale la fede sarebbe conflittuale e concorrenziale con la ragione. Tra fede e ragione vi è differenza, ma non alternatività, ed è proprio alla luce della prima che il cristiano conosce l’uomo nella sua pienezza e costruisce un’antropologia non neutra o dimezzata o ad una dimensione. A questa visione dell’uomo il cristiano deve conformare la sua azione politica. Senza rassegnazione e senza compromessi che possano significare cedimenti o mimetizzazioni sulla propria verità dell’uomo.
Se ciò non avvenisse il cristiano si renderebbe clandestino, si mostrerebbe indifferente, si mimetizzerebbe e tornerebbe nelle catacombe, diventando complice dell’aggressione all’avvenimento cristiano.
Dinanzi a questo pericolo i cattolici dovrebbero sapersi muovere con intelligenza e cautela in modo da poter essere in grado di rilanciare la Dottrina Sociale Cattolica come contributo sempre originale di idee, di programmi e di sentimenti, per affermare che l’unico programma politico, sociale ed economico è quello che “diverge radicalmente dal programma del collettivismo, proclamato dal marxismo e realizzato in vari Paesi del mondo…”… ed… “al tempo stesso differisce dal programma del capitalismo praticato dal liberalismo e dai sistemi politici, che ad esso si richiamano”, cosi come testualmente recita la “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II. In particolare bisogna comunicare, applicare, vivere i due principali principi della Dottrina sociale cattolica: quello della solidarietà e quello della sussidiarietà.
Virtù umana e cristiana, la solidarietà (meglio sarebbe dire: la carità) supera ogni individualismo e consente a uomini e famiglie, gruppi e comunità locali, ordini professionali ed associazioni di categoria, nazioni ed organizzazioni internazionali di partecipare per il bene comune alla gestione delle attività economiche, politiche e culturali, senza che ne venga lesa per il principio di sussidiarietà la legittima autonomia dei vari corpi sociali intermedi.