• 5 Febbraio 2025
Editoriale

“ Renovation and reinvention  are key to saving our  food system. Here’s why”  ( il rinnovamento e la reinvenzione sono fondamentali per salvare il nostro sistema alimentare. Ecco perché) questo è quanto si legge sul sito del Forum di Davos, riguarda un vero e proprio piano per reinventare il sistema alimentare mondiale e ribaltare quanto finora conosciamo in termini di benessere alimentare, messaggio non subliminale ma obiettivizzato per un reale rinnovamento e reinvenzione alimentare soprannominata “transizione alimentare” all’insegna della ormai insostituibile sostenibilità della salute umana, che passa ovviamente attraverso la sostenibilità ambientale.

La trasformazione che sta avvenendo è in termini capitalistici, e globali, con ricadute anche nell’ambito comunitario europeo, al fine di alterare, rimodulare e rimodellare, l’alimentazione, indipendentemente dalle conseguenze che si avranno nel lungo periodo, a causa degli effetti collaterali, mai studiati e ricercati dal punto di vista metabolico, e immunitario.

Infatti, la transizione alimentare così riformulata, non è un ritorno alle origini rurali e ai sapori organolettici delle genuinità tradizionali, proposte dalle derrate agroalimentari a km o, delle Nazioni mediterranee, come l’Italia, ma è una vera rivisitazione dei prodotti offerti a livello industriale, che equiparati per modifica geo-tecnologica, si comparano alla transizione energetica: sia per importanza globale sia perché  siamo in procinto di liberare, una power alimentazione che non abuserà, più del pianeta ma ridurrà le nostre capacità metaboliche in tempi abnormi e ci indurrà a subire nuove intolleranze, nuove allergie, nuove infiltrazioni tossiche.

Ovviamente, si pensa in termini circolari, in termini di economia green, se produciamo, distribuiamo, consumiamo, e scartiamo, in termini di rifiuti organici e non organici, creiamo una portata tale di disarmonia di equilibrio circolare, nell’ambito delle società di sistema capitalistico, che il tutto necessita paradossalmente di un intervento di reinvenzione alimentare, pari all’equilibrio che si vuole sostenere per la transizione energetica, riducendo così i valori delle catene alimentari e trasformando il cibo in una catena incontrovertibile di valore ridotto energetico applicato, produttivo, distributivo, a basso impatto ambientale.

Una sorta di riorientamento transitivo alimentare per arrivare a creare un’economia o meglio una bioeconomia al contrario, dove il product offert  sia reinventato, ma in laboratorio, con la cultura proteica, che sinteticamente può essere ricavata da qualsiasi substrato proteico e applicata, nella ristrutturazione del prodotto offerto alimentare.

Geniale e perverso, ma capitalisticamente economico, con vantaggi, enormi, con forte riduzione di impatto ambientale, poiché, parliamo di un sistema produttivo, a basse emissioni, di carbonio, strategicamente autonomo, riduttivo della crisi climatica, ignari ancora scientificamente della reale provenienza della crisi in sé.

Modelli di produzione, ancora mai applicati, però meno impattati, che fanno ben sperare nella salvazione del pianeta, ben che meno dei suoi abitanti, che disumanamente sono impossibilitati a fronteggiare queste scelte lobbystiche, di governance finanziarie, speculative poco inclini, alla salvezza dell’umanità.

Infatti, il messaggio subliminale che a più riprese si fa veicolare, sono le criticità, dell’attuale sistema produttivo agroalimentare, ecologicamente scompensato e poco adattabile ad una sostenibilità, senza comunicare che il mondo rurale ha sempre salvaguardato e difeso l’ambiente, perché è di ambiente e di natura che viviamo da sempre, in un ciclo eterno della vita planetaria.

Insomma, le occasioni, sono evidenti per creare una nuova speculazione, con controllo accentrato nelle multinazionali alimentari, disposte a fare cartello per ulteriori profitti.

La disumanizzazione, del sistema alimentare, dunque, si fa passare per “transizione alimentare”, come un viaggio dal male al bene, un bene con maggiori tassi di profitto, e rischi metabolici integrati, perché tutelati da formule vaccinali, ugualmente mai comprovate scientificamente.

Il cambiamento sistemico, ovvero il cambiamento della produzione alimentare, produrrà una alterazione delle strutture alimentari all’interno della moderna industria alimentare, per cui gli snack, le merendine, o i cereali tanto consumati oltre ad essere fonte OGM, o TEA, saranno addirittura alterati dal punto di vista delle proteine, per un eccesso di energia non richiesto dall’organismo umano, ma che ridurrà i costi di approvvigionamento delle materie prime impiegate.

Nello specifico, avremo un rinnovamento e una reinvenzione, proteica, ovviamente di indubbia provenienza, sostituendo la riduzione degli ingredienti dannosi del cibo, con un miglioramento sotto il profilo energetico nutrizionale del prodotto. Aggiungere proteine, sintetiche o provenienti da farine di insetti, o fibre e micronutrienti, esterni, come probiotici vari, si induce a creare cibo industriale che facilita assunzioni, di materie prime aggiuntive per appunto, che potrebbero entro il 2030 procurare shock energetici, però incontrollati.

La reinvenzione produttiva resta di base, l’elemento enfatizzante dei nuovi prodotti industrializzati e dei loro cicli produttivi, per esperire ad una sostenibilità utopica, l’inclusione proteica è lo shock anabolico esogeno e bio-economico, forzato, crea i progressi ormai tecnologicamente avanzati nella ricerca di base ed applicata, che sta veicolando sviluppi a base vegetale, ovvero le proteine a base vegetale o animali bio-identiche, saranno prodotte sia nei grassi o negli oli con fermentazione assistita di precisione, pur sempre con biotecnologie per la coltivazione da cellule.

Le soluzioni sviluppate in laboratorio, comunque richiedono investimenti pubblici, quanto privati, sforzi, sociali inimmaginabili a beneficio, pur sempre di gruppi industriali e finanziari, per la strutturazione di una alimentazione, sintetica.

Con questi sistemi alimentari bio- sinteticamente reiventati, si possono formulare anche piani programmati per una alimentazione personalizzata, usufruendo della IA (intelligenza artificiale) che sull’analisi dei dati crea diete uniche in base al corredo genetico individuale.

Inoltre con un sistema così evoluto si passerebbe anche ad accorciamento della filiera alimentare, direttamente dal produttore al consumatore, senza passare per una distribuzione su scala.

Certamente siamo allo stravolgimento dell’alimentazione tradizionale, con una forzata tecnicizzazione del cibo, involuta poiché non a vantaggio del consumatore umano, una sorta di cibo per cani, o per gatti che detiene un apporto proteico e vitaminico senza badare alla sostanza sensoriale, del cibo stesso, un’evoluzione organolettica involuta.

Tutto ciò favorisce le multinazionali alimentari, che avranno sempre più il potere economico di decidere sull’alimentazione umana.

Una transizione alimentare che non tiene conto della produzione alimentare tradizionale, dei processi qualitativi, della sensorialità e delle qualità organolettiche del cibo e non tiene conto che la produzione alimentare tradizionale, versa in condizioni di difficoltà economiche e climatiche, delle scelte della Pac europea, del green deal, insomma la verità che i processi produttivi, stanno scientificamente sfuggendo ad uno stato di diritto fungibile a scelte coerenti ed appropriate alla natura umana.

L’Europa è il primo campo sperimentale di una ascesa alimentare delle multinazionali del cibo e della nutrizione sintetica, con caratteristiche sempre più vicine alle esigenze di un mercato dinamico inconsapevole delle conseguenze. Un capitalismo che coinvolgerà sempre più gli attori sociali, plagiati o consciamente coinvolti a risolvere sfide globali strumentali, ad un’economia di semplice profitto.  

La cultura europea sta dunque passando dalla “tradizione culinaria”, dove dominava l’amore per alimenti genuini e salutari, alla “transizione alimentare” dove il consumo che si viene promuovendo si rivolge a nuove alternative sostenibili.

Ciò sta cambiando le abitudini alimentari, e sta guidando i consumatori verso un futuro alimentare mai testato e inesplorato, sicuramente rischioso. Perché non solo muterà la sovranità alimentare di ogni nazione europea, e cambierà il volto di una tradizione fatta di sane abitudini, ma si disperderà un’identità rurale e zootecnica, con precedenti ineguali.

Tutto in funzione di una crescente consapevolezza, sull’impatto ambientale, derivante dal consumo di cibi agroalimentari ed in particolare dal consumo di carne, elementi di comunicazione diseconomica che hanno catalizzato l’attenzione, sull’ambiente, sul ripristino della natura e sulla deforestazione, persistente, sull’inquinamento delle acque, spingendo il capitalismo industriale a cercare una alternativa sostenibile.

Le innovazioni nel settore alimentare hanno spazzato via tutti i dubbi del cibo spazzatura, soppiantato dal cibo altamente proteico, revisionato, un cibo surrogato che sostituisce il cibo vero, come le bistecche sintetiche, vegetali, o di grano, i dati allarmanti della riduzione delle carni in Europa, parlano chiaramente, di nuove tendenze alimentari, il “ flexitarianesimo” una sorta di vegetariano rivisitato dalla industria alimentare, colpisce le mode alimentari dei giovani europei, ed il mercato delle carni sia in Italia che nell’eurozona subisce dei rischi di decrescita notevoli, con minacce incontrovertibili all’ingresso.

Infatti la valorizzazione, delle razze autoctone zootecniche, subisce un tracollo, con una difficoltà a ripartire anche nelle aree più tradizionali, dove il partenariato è restio a sostenere il loro decollo.

Ma come possiamo comprovare non cambiano solo i consumi, e le offerte alimentari, si sostiene anche il cambiamento dei paesaggi a causa di una agricoltura ritenuta dannosa ed intensiva, questa politica altrettanto diffamante sta trasformando il pensiero dei cittadini europei, che declinano ben volentieri dalla tradizione a favore della transizione alimentare, ripudiando una accessibilità ad un ambiente e ad una agricoltura tradizionale.

La crescita demografica, spinge verso gusti globalizzati, a discapito delle sovranità alimentari nostrane europee, l’incapacità altresì di far fronte a questi cambiamenti e a tanto altro si paventa nelle società del futuro, saremo sommersi da shock proteici, sintetici e sostenibili, ed immangiabili, ma sicuramente in grado di far fronte ad una competitività globale del mercato e delle sue aziende.

Avere una politica comune alimentare, subordinata ad una agricoltura europea, in estinzione, stravolta dalla volontà di proteggere il suolo e non i consumatori, inficerà sulla scarsa intensità delle diversità e delle colture.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.