La Giornata della Memoria festa della Vita, ha avuto inizio il 4 Giugno 2000 in occasione della festività dell’Ascensione ed esattamente nell’anno del Giubileo della Incarnazione. Grazie alla organizzazione ed attenta cura da parte dell’Avv. Alessandro Tanzillo fondatore del “Cenacolo Culturale Rosa del Roseto” in collaborazione con le Parrocchie San Martino, San Mauro e Santuario della Santissima Madonna del Roseto e del Comune di Solopaca, da allora, il popolo solopachese si ritrova ogni anno sotto la grande croce che fu impiantata sulla vetta delle montagne del Taburno – Camposauro, tra natura e cultura, tra tradizione e innovazione ed orientata verso il cimitero del paese, perché esso non è luogo da considerare della morte, ma della vita, dove sono custoditi i nostri valori, le speranze e tanto amore. Dal lontano anno 2000 a distanza di 24 anni, oggi 7 luglio, in località Fosse della neve Pizzo Auto, S.E. Mons. Giuseppe Mazzafaro vescovo di Cerreto-Telese-Sant’Agata, il quale ha da sempre ammirato la bellezza di questa tradizione e professione di fede, insieme al Parroco Don Antonio Raccio celebrerà la Santa Messa rievocando la memoria delle persone che non sono più con noi fisicamente ma che di certo resteranno nei ricordi del nostro cuore e allo stesso tempo la gioia festeggiando le nuove vite, i nuovi nati che portano raggi di sole nel nostro futuro.
Fino a qualche anno fa, questa giornata era, ma lo è ancora, un momento molto caro per l’attuale Vescovo di Viterbo Monsignor Orazio Francesco Piazza, nato e cresciuto a Solopaca che ha sempre tenuto a cuore questo appuntamento e ogni volta che gli impegni gli permettevano di potersi liberare raggiungeva il suo popolo e con esso celebrava questa giornata di valori e di ricordi. Il suo pensiero costante è sempre stato dedicato ai giovani e in una sua Omelia disse: “E’ molto, bello pensare che dobbiamo formare i giovani alla custodia di questi luoghi perché l’ambiente, l’aria, il panorama sono parte integrante della nostra realtà personale. Cresciamo come persone nella qualità e sappiamo tutelare il nostro ambiente se sappiamo viverlo con gioia, amore e rispetto. Educhiamo i nostri giovani ad essere i custodi di questa memoria, di questi valori e del futuro di questa valle…La Giornata della Memoria è la giornata del sorriso dell’anima, La nostra comunità sia all’altezza di chi ci ha preceduto. La Croce del Giubileo guarda al nostro cimitero perché è luogo della vita e non della morte. È dolce ricordare la memoria dei nostri cari è vero che possono scendere le lacrime ma sono lacrime calde che diventano nostalgia più passano gli anni. Non c’è salvezza senza comunità, nemmeno il dolore trova compensazione senza comunità perché solo stando accanto possiamo gioire e soffrire e insieme dinanzi alla Croce riscopriamo ogni volta quella forza, quel coraggio, quel sorriso che solo condividendo in comunità servirà a risollevarci dal dolore e a rasserenarci nella gioia.” Per i solopachesi il vescovo Piazza, il caro “Don Franco Piazza”, è una figura molto importante che si lega fortemente a questa giornata, ogni anno lo si attende e di certo se non dovesse essere presente quest’oggi, per i suoi impegni lontano dal suo paesino, ogni persona che vivrà la celebrazione sotto le fresche fronde dei faggi, sotto la potente forza di fede della Croce, almeno per un istante rivolgerà all’amico di sempre un dolce pensiero con un caloroso sorriso che di certo lo raggiungerà ovunque esso si trovi.
Per ogni fedele è emozionante percorrere a piedi il sentiero di ciottoli, radici, vette panoramiche che danno l’impressione di stare al di sopra delle nuvole, boschi abitati da cavalli selvaggi con i piccoli puledri, mucche, volpi, con il profumo di felci e di muschio che inebria i sensi, fino a raggiungere il piccolo altare di legno sotto gli altissimi faggeti e più su ancora fino a recarsi all’altura della Croce, deponendo ai suoi piedi le preghiere di ognuno dedicate a chi non c’è più.
Tutti i defunti che hanno lasciato questa terra nell’arco di tempo tra il primo giugno dell’anno precedente fino al 31 maggio dell’anno corrente vengono menzionati uno ad uno ad ogni rintocco di campana, un suono che scandisce il tempo unendo per sempre le persone, che simboleggia la forza e la vera unione di una comunità. Per ognuno di quei nomi viene depositata ai piedi dell’altare una rosa, ricordo sia di caducità della vita che di rinascita. Difatti subito dopo si chiamano all’altare i nuovi nati che con i genitori verranno presentati appunto alla comunità come simbolo di vita e di continuità. Impossibile contenere le emozioni, ognuno custodisce dentro di sé le immagini di momenti trascorsi con coloro che non ci sono più, ognuno ne sente in qualche modo la presenza nell’anima e inevitabilmente una lacrima riga il viso fino a far sentire quel sapore salato alle labbra, così come a volte la vita prende improvvisamente il sapore amaro del dolore. Ma non appena saranno chiamati all’appello i nomi dei bambini, nati nello stesso anno in cui si spegnevano altre vite, vedendoli presentarsi con i genitori dinanzi all’altare, questo porta a rasserenare ogni velo di tristezza con la dolcezza nell’ammirare la vita appena sbocciata che apporta gioia, serenità, innovazione, nuovo amore. È una giornata particolare e preziosa, è una unione, è bisogno di sentirsi legati a chi è passato oltre, un desiderio incolmabile di restare stretti ai ricordi di coloro che ci diedero la vita, che ci offrirono protezione e cura. Un sentirsi in simbiosi con la natura e attraverso luoghi tanto eterei ritrovare quel varco che per un istante fa sentire più vicini a chi è diventato angelo. Ed è bello non pensarli più sofferenti, non più malati, non più devastati e portati via prematuramente, ma saperli sereni in vesti leggere e candide come il loro essere angeli di luce, fiaccole eterne per il nostro cammino.
Oggi suona la campana dalla vetta che domina la vallata come un canto che accarezza la memoria e gioisce al profumo di nuova vita, dalla Croce alla fine dei giorni terreni e all’inizio di vita eterna, perché la morte non è tramonto ma il portale verso una nuova alba. Io stessa mi sono immersa fra i boschi di Camposauro, lungo il sentiero scosceso che conduce all’altare e poi ancora più su lungo il viottolo che fa raggiungere la Grande Croce che dalla vallata ogni giorno la si può ammirare quando il sole fa riflettere la sua luce fin oltre gli sguardi, si, oltre ogni occhio umano raggiungendo il profondo del cuore di chi crede ci sia un paradiso oltre questo inferno. Ho sentito le felci sfiorarmi le caviglie, l’odore, forse rievocato dai ricordi del passato, delle fragoline di bosco, il vento fra i rami dei maestosi faggeti. Ho visto la vallata che confinava con il Matese e che oltrepassava le cime tempestose di intelletti confusionari. Meravigliosa la musica che accarezza i tramonti e che penetra le nuvole. La gente muove i propri passi lentamente, accanto ai miei stessi passi lenti, tutti decisi a raggiungere la meta, laddove una forza che forse non ci appartiene ancora del tutto, ci guida per delineare il sottile confine con la trasparenza della vita stessa. Siamo cielo e siamo terra, siamo aria e alito di vento, siamo deboli e forti, siamo parola e respiro. Parliamo diverse lingue e viviamo in diversi corpi ma oltre quei confini del tempo siamo tutti angeli dalle ali d’argento che custodiscono energia e amore per chi è rimasto su questa terra e intanto che voliamo spieghiamo le ali sulla loro speranza di raggiungerci un giorno lontano…condividendoci per l’eternità.”