I due secoli di presenza normanna nelle terre del Sannio, così come in Campania e nel Meridione d’Italia furono un periodo che avviatosi nei primi anni con la stabilizzazione del nuovo potere, facendo seguito al periodo Longobardo determinò una crescita economica e sociale di grande portata, tale da creare le basi per quello che fu poi l’opera antesignana di unificazione di uno stato sotto una unica figura guida, ovvero il Regno di Sicilia di Federico II di Svevia, lo “Stupor Mundi”. L’arrivo dei Normanni nelle terre del Medio Volturno, della Valle Telesina e dell’Isclero fu una sorta di sostituzione del potere quasi senza colpo ferire. Le fonti parlano dell’acquisizione del potere ad Alife senza scontro alcuno con i Longobardi, ma è pur vero che questi ultimi erano in una fase di declino politico, ed il loro essere esclusivamente classe “dirigente” nel tempo li aveva di fatto indeboliti. Per costoro sembrò non necessario organizzarsi militarmente nei confronti di questi cavalieri poiché non considerati un pericolo, oltretutto pochi nel numero apparsi più come mercenari all’occorrenza, che non degli invasori, cosa che in effetti fu. Furono ciò in realtà, tanto che ne furono richiesti i servigi più volte dai Longobardi in più occasioni ed in diversi luoghi del Principato, ripagati poi con donazioni ai singoli di aree territoriali non utilizzabili. Fu l’esempio per Aversa, una donazione di terre incolte e semipaludose per ripagare l’aiuto di Rainulfo Quarrel Drengot che poi nel breve divenne un potentato che guiderà di fatto la presa del potere tra l’area Aversana ed il Sannio. Ma i Normanni furono anche lungimiranti, se non altro perché per indole e cultura non avevano pregiudizi di sorta verso altri. Essi inglobarono senza alcun problema e affiancarono al potere Romani, Longobardi, Saraceni e Bizantini. Basta leggere i nomi dei Conti presenti nel Catalogus Baroni del XII secolo per comprendere le realtà umane affiancate; quelli che oggi chiamiamo cognomi nel Catalogo esplicano le origini dei singoli, così Burrello di origini longobarde si affianca a Pascale di origini Normanne, così come Landolfi anche esso longobardo è un comites di Rainulfo, o ancora Guntardo un longobardo che amministrava Joia per conto del Conte di Caserta Roberto De Lauro di origini Normanne, il cui indicativo era in realtà Turgisio, giunto a Salerno con Roberto il Guiscardo nel 1045. Questo modus operandi garantì una continuità e anche un miglioramento della stabilità politica dell’area Matesina e del Meridione, fino a giungere ad una sorta di unificazione di quello che diverrà poi nel breve il Regno di Ruggero D’Altavilla. Il primo impatto economico dettato dal nuovo potere normanno fu una sorta di vera e propria rivoluzione edilizia. Questi iniziarono trasformando in Castra tutte le ville che in precedenza costellavano il territorio, anche recuperando quelle strutture abbandonate delle classiche ville romane di pianura, oltre a quelle già esistenti. Siccome l’intento era costituire delle signorie territoriali preferirono stabilirsi in Castelli nelle campagne piuttosto che nelle città, e lì dove esistevano strutture in altura, trasformarle in veri e propri borghi fortificati. Così avviarono la costruzione, la manutenzione e l’allargamento delle rocche fortificate esistenti, le quali spesso erano in realtà semplici torri di avvistamento e controllo. Gli esempi sono molteplici per il Sannio Matese; Rupecanina amplia le mura e crea all’interno un villaggio, così come accade per Gioia, il suo borgo si forma circa un secolo dopo la costruzione del dongione. Di fattoi Normanni invogliarono le popolazioni ad investire in costruzione non solo dentro le mura ma anche all’esterno di queste. Guardia Sanframondi, Vairano Patenora, Pietravairano, Montesarchio, Sepino, Telese, Caiazzo sono degli esempi tuttora visibili. Fortezze che diventano villaggi e dove i nuovi signori donano alla popolazione degli appezzamenti proprio per permettere la costruzione di abitazioni. Spesso lo sviluppo dei borghi fuori dalle mura, fu favorito per ragioni economiche non solo legate alla costruzione, quindi lavoro per le manovalanze edili, ma alla creazione di mercati che stimolaono il commercio. Guardiamo ad esempio Montesarchio al cui Latovetere (quartiere) si affianca il Latonuovo, ma ancora lo sviluppo radiale o ad anelli concentrici o a fuso di località come Torrecuso, Ceppaloni, Tocco Caudio, Cautano, Ponte, Buonalbergo, Pontelandolfo, Circello, la già citata Guardia Sanframondi, Pietramelara, Roccaromana, Pietravairano, Vairano Patenora, Campobasso, Cerro e Colli al Volturno, ma anche la fondazione di nuovi insediamenti aperti attorno a fondazioni religiose avallate e promosse dal potere normanno. Un incremento di lavoro e di popolazione che si protrasse in pratica per quasi tutti i due secoli di presenza normanna. Oltretutto al fervore edilizio non mancò una nuova visione della produzione agraria, la quale comportò lo svincolo di molte aree demaniali con il passaggio a contadini e l’uso del demanio boschivo a favore delle popolazioni. Una sorta di liberalizzazione della classe contadina e meno abbiente della società del tempo che permise a questi l’acquisto di piccole proprietà terriere con minori vincoli istituzionali al potere locale, tale da permettere anche un incremento del reddito attraverso la vendita dei prodotti. Ciò stimolò anche molteplici altre attività, la produzione ceramica sia da fuoco che decorata furono un significativo esempio sia di ricchezza materiale che del miglioramento della qualità della vita, stimolando oltretutto la produttività e l’arte. Le protomaioliche di XIII secolo sono un esempio, si ritrovano nell’area Alifana, dai castelli di Rupecanina e di Gioia, ma anche a Montesarchio all’interno dei borghi più che nelle aree castellane, segno che la popolazione poteva permettersi l’acquisto di una ceramica da mensa di qualità. Con questi iniziali presupposti fu incrementata anche l’edilizia ecclesiastica, spinta dal potere normanno e favorita, anche perché questi ebbero l’accortezza di avvicinarsi al potere ecclesiastico centrale di Roma, comprendendo che necessitava avere buoni rapporti con i Papi e che un atteggiamento positivo sarebbe valso il riconoscimento del potere politico dei normanni. Così furono ristrutturare, migliorare e costruite ex novo, chiese, basiliche, grange e celle, fu favorita la creazione di sedi vescovili e la nascita delle parrocchie che ebbero così lo scopo, nella visione normanna, di unità territoriale e di incremento economico. Furono costruite nuove ed imponenti strutture ecclesiastiche, ad Alife la Cattedrale fu una fondazione normanna, a Sant’Agata dei Goti il Duomo sarà ricostruito nel XII secolo. Ma ancora l’interno del Duomo di Salerno con il pergamo marmoreo di XII secolo, la chiesa di San Menna costruita ai primi del XII secolo con il magnifico pavimento musivo, la cattedrale di Sessa Aurunca dello stesso periodo, ma ancora la Basilica di Sant’Angelo in Formis riedificata nel 1073. Ma i normanni non si limitano solo ad incrementare l’edilizia laica e ecclesiastica, a sostenere il commercio o a liberalizzare terre e boschi per far risorgere località dal punto di vista economico e demografico, essi concessero spesso la facoltà di modificare i letti dei corsi d’acqua per favorire l’irrigazione di orti e campi oltre a “ far attingere acqua, legnare, far pascolare sul demanio signorile”.
Furono insomma i continuatori dell’iniziale opera economica e sociale dei Longobardi, ma applicarono a questa una visione nuova e moderna per il tempo, antesignana di quella che sarà poi l’opera di Federico II nel periodo Normanno-Svevo. I Normanni dimostrarono, nonostante acredini interne tra essi, che una cultura ed una visione di società senza pregiudizi razziali era un forte stimolo di crescita e di unità, la capacità di non far sentire nessuno straniero nei loro regni ebbe un impatto sociale senza precedenti, il quale come detto ebbe la massima espressione con Federico II. Infine i Normanni, non scomparvero perché assoggettati o sottomessi ad un nuovo invasore o ad un nuovo corso della storia, semplicemente si assimilarono ed inglobarono nelle popolazioni dei territori da essi amministrati, divennero Alifani, Sant’Agatesi, Telesini, Vairanesi, furono insomma precursori di una identità statale e di appartenenza la quale non si vedeva dai tempi di Roma imperiale.