Un urlo straziante dal Mediterraneo. A poca distanza dalla costa crotonese si è levato nella notte del 26 febbraio. È stato un grido di morte seguito ad un doloroso silenzio da parte di bambini, donne ed uomini che ritenevano di approdare al regno della libertà, della tolleranza e della solidarietà. Hanno trovato una tomba che comincia ad essere stretta per quanti cadaveri ospita.
Il Mediterraneo è, infatti, diventato un cimitero sul quale galleggiano le ombre create da mostri chiamati scafisti, ma meglio sarebbe denominarli stragisti. E le vittime che fuggivano i loro inferni dal Pakistan all’Afghanistan, dalla Siria al Bangladesh e da altri Paesi dei quali non si ha certezza, non hanno trovato tra le spume del Mare Nostro la serenità che cercavano.
Quanti sono finiti tra onde impetuose che si sono abbattute su quel lembo di Calabria che è stato il loro ultimo tentativo per sottrarsi alla quotidiana tortura inflitta loro da regimi sanguinari, si erano consegnati a delinquenti internazionali che non hanno esitato a gettare nelle acque impetuose dell’Adriatico poveri inermi spaventati quando l’imbarcazione (se così la si può chiamare) ha ceduto. Sessantacinque esseri umani (al momento in cui scriviamo) costituiscono il popolo dei dannati che hanno perso la vita a pochi passi da quella civiltà che non ha saputo tutelarli o dissuaderli dall’intraprendere il viaggio della disperazione.
E l’ultimo tratto della lunga traversata verso l’illusione l’hanno pagato caro, non solo perché mortale, ma per aver messo le loro vite a caro prezzo, i risparmi di tutta un’esistenza, nelle mani di orrendi personaggi che nei loro luoghi d’origine sembra che non interessino nessuno.
Infatti, da nessuno vengono ricercati e le polizie locali chiudono tutti e due gli occhi su una tragedia che si consuma periodicamente nel nome dell’avidità.
Ma responsabili di ciò che accade con una frequenza sconcertante, sono pure le nazioni europee, i governi occidentali che non hanno ancora trovato un accordo unanime per bloccare questi omicidi di massa di fronte ai quali le dichiarazioni di rito suonano come bestemmie a fronte dello sfacelo cui l’immigrazione clandestina dà vita contando quasi sempre sull’impunità.
Accarezziamo le teste di quei bambini che non ce l’hanno fatta ad aggrapparsi alla sabbia inzuppata d’acqua vicino a Crotone, ma non si placa la nostra furia mista a dolore, a lacrime e a preghiere. Siamo tutti immigrati, verrebbe voglia di dire. E a chi vede il fenomeno con occhi diversi dai nostri, bagnati dalla pietà, vorremmo rispondere che nulla è più fasullo delle promesse mai mantenute da anni, da quegli inutili consessi europei nei quali le tragedie si trasformano in sabba politici attribuendo ora a questo, ora a quello la responsabilità dei crimini che si consumano nel Mediterraneo.
Ma quando questo mare diventerà un luogo di pace? I tormenti che da nord a sud, da est a ovest è costretto a raccogliere sono le prove dell’inerzia, dell’ inefficienza, dell’incuria di governi malmessi contro i quali gli scafisti/stragisti sanno di rischiare poco o niente.
E ci domandiamo, per l’ennesima volta, quanto ancora dovremo sopportare la imperizia, la noncuranza, l’inettitudine di autorità europee che non hanno la benché minima capacità di stringere forti alleanze con i Paesi da dove partono questi milioni di disgraziati che si mettono nelle mani di carnefici pur di scappare da altri carnefici.
Fa specie che dal profondo dei disastrati Paesi africani si possa, dopo sofferenze lunghissime e tremende, avvicinare le coste mediterranee ed illudersi di comprarsi la libertà a caro prezzo.
Da ultimo non stupisce, e c’era da aspettarselo che la fuga cominciasse dai deserti e dalle pietraie afghane dopo l’abbandono dell’Occidente: un altro fronte di dolore. E sembra anche, tanto per ampliare la sofferenza che ci sommerge, che per evitare le persecuzioni imposte dagli ayatollah, perfino dall’Iran ci sia stato chi ha intrapreso il lungo viaggio per venire a morire a Crotone.
Non è anche questa una guerra? La si combatte tra le acque dove dovrebbe regnare la pace tra i popoli ed invece vi hanno nidificato, negli anfratti costieri, i peggiori criminali che dominano impuniti questo Grande Mare insanguinato.