L’Italia è un Paese maltrattato. Pretendere il riconoscimento della sua sovranità è un’ambizione che contrasta con la decadenza del sistema civile. Lasciamo da parte le sciarade sulla giustizia e quelle sulla pubblica amministrazione che dovrebbero farci vergognare dentro e fuori l’Unione europea. Il sistema sanitario – le cui difficoltà abbiamo drammaticamente sperimentato e continuiamo a sperimentare – è nelle mani delle Regioni che nominano, spesso senza nessuna competenza, i direttori generali delle Asl e degli istituti afferenti, ma abbiamo ricercatori di primissimo ordine che, però, spesso fuggono all’estero per non aver a che fare con la burocrazia, la politica, le strutture fatiscenti, le liste d’attesa, e tutto quel parco giochi dell’orrore racchiuso nella maggior parte degli ospedali
La ricchezza dell’Italia è il suo patrimonio paesaggistico e culturale, lo si ripete quando non si hanno argomenti. Eppure è così. Ma in concreto cosa si fa per difenderlo? Lo Stato destina a questo comparto appena lo 0,21 del bilancio, vale a dire 21 centesimi ogni 100 euro spesi, mentre il degrado, l’incuria, il vandalismo, la trascuratezza nella difesa dell’ambiente, la decadenza del mondo rurale e la crescita smisurata e disordinata di quello urbano (non sono soltanto le periferie ad essere diventate inguardabili e i frequentabili , ma anche il centro delle città è ridotto a pascolo o a discarica) aumentano a dismisura giorno dopo giorno. Perfino la raccolta dell’immondizia è un problema, mentre altrove, dalla Germania all’Austria, alla Spagna, ai Paesi scandinavi è una risorsa: si riscaldano, ne ricavano energia elettrica, ci guadagnano “compostandola” e vendendola a chi sostanzialmente gliela regala, all’Italia, per esempio.
Il nostro Paese detiene il primato dei siti archeologici e culturali inclusi nella lista dell’ Unesco, ma anno dopo anno arretra nelle graduatorie che indicano il numero dei turisti. Nel 1970 era in testa alla classifica mondiale, oggi è solo quinta superata da Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina per quanto si noti negli ultimai tempi un’incoraggiante ripresa. Nel frattempo la distruzione delle opere d’arte o il loro trafugamento non fa più notizia: per fortuna abbiamo un Nucleo operativo dei Carabinieri che cerca, riuscendoci brillantemente, a recuperare ciò che il grande mercato dell’arte italiano vende in tutto il mondo illegalmente.
Ma non basta. Anche in questo settore gli investimenti statati sono modesti e l’educazione al bello è pressoché nulla. Fate un esame agli insegnanti e vi spaventerete della loro ignoranza in storia dell’arte, senza contare il resto. Le biblioteche pubbliche (non parliamo neppure di quelle private) sono deserte, i parchi trascurati, i siti meno conosciuti abbandonati, come le Ville vesuviane, solo per fare un esempio, o inserite in un contesto da malebolge nauseante.
In Parlamento si litiga furiosamente sull’abolizione della prescrizione, vale a dire se un individuo deve essere condannato a restare imputato per tutta la vita (e già questo è manicomiale); fuori dal Parlamento sembra che le strade siano percorse da una rassegnazione che lascia sgomenti. Non c’è più fiducia nell’avvenire, dato che si coglie parlando con chiunque in qualsiasi luogo pubblico. Una bella Italia.
Mentre facciamo questi conti, ci vengono in mente i dati della della decadenza che relegano l’Italia nei bassifondi dell’Unione europea (non ci azzardiamo ad altri paragoni – Stati Uniti, Cina, Giappone, Australia, Singapore, per esempio). E annotiamo la catastrofe demografica, innanzitutto, documentata periodicamente dall’Istat. L’Italia è l’ultimo Paese dell’Unione con un tasso di fertilità dell’ 1,32%. Nel 2011 la popolazione ammontava a 60 milioni e 785 mila residenti, oltre 90 mila in meno rispetto all’anno precedente (con una diminuzione dell’1,5 per mille). La popolazione cittadina è scesa a 55 milioni e 157 mila unità. Nel 2018 abbiamo avuto 449 mila nascite (9 mila in meno dell’anno precedente), mentre i morti sono stati 636 mila, 13 mila in meno rispetto al 2017: non perché la vita si è allungata, ma per il semplice fatto che le malattie si sono cronicizzate grazie alle scoperte farmacologiche.
E l’incidenza sulla qualità della vita è tutta da ripensare, anche in termini economici. Al 31 dicembre 2022, ultimo dato certo a cui fare riferimento, gli italiani residenti sono 58.997.201. La tendenza è drammaticamente al ribasso.
L’Italia, dunque, fa meno figli rispetto a chiunque in Europa, con tutte le conseguenze che si possono immaginare.
La crescita poi, ha raggiunto lo strabiliante record dello 0,3%, senza tener conto degli effetti del coranavirus e riferendoci a dati resi noti prima della pandemia. Per l’istruzione pubblica lo Stato spende il 7,9% del totale del suo bilancio: non guardate le cifre tedesche, francesi, e neppure greche e cipriote (in rapporto al Pil ovviamente), potreste avere un attacco di bile. Si fa presto a dire che la scuola è in stato comatoso. E l’Università pure. Chi era quel ministro che voleva tassare le merendine e le bibite per dare un po’ di ossigeno all’Istruzione?
Ultima cifra – ma questa volta in rapporto al Pil, non al bilancio statale – la riserviamo agli investimenti per la cultura in generale: la giriamo a tutti gli interessati. Alla cultura viene destinata una percentuale minima del bilancio statale, rispetto all’imponenza del suo patrimonio. Anche in questo comparto l’Italia è ultima con distacco deprimente dal resto dell’Europa.
Italia sovrana? Ma che cosa ci rimane da difendere? La dignità? Per fortuna questa è cosa privata che non ci sogniamo di mettere nelle mani di nessuno. I dati citati ci dicono molto di più di quanto testimoniano. Essi sono lo specchio di un’Italia che ha perduto la sua anima. Crisi istituzionale, civile, demografica s’inscrivono nel “libro nero” del Paese che ha dimenticato la propria identità. Innanzitutto nazionale e cattolica. La decrescita ì, in campo economico va attribuita alla cattiva gestione delle risorse a favore di arricchimenti non sempre leciti; il profitto sta distruggendo l’ambiente; l’egoismo e l’edonismo sono le ragioni primarie della decrescita demografica. Di fronte ad un paesaggio siffatto sperare nel ritorno ad una corretta e sobria e frugale e dignitosa esistenza è doveroso, ma da quanto si vede in giro, sembra che la diffusa immoralità sia destinata ad aumentare. I dati sugli aborti e le fecondazioni eterologhe, da ultimo, oltre alle tendenze che promuovono l’eutanasia, ci dicono più delle cifre che abbiamo ricordato, quale sia lo stato dell’Italia alla quale più che un vaccino per combattere le epidemie che dilagano (nonostante non se ne parli quasi più soprattutto del Covid), occorrerebbe un vaccino spirituale per riprendersi dal coma nel quale è precipitato.