• 18 Ottobre 2024

Nei flussi di spostamento della popolazione, nel nostro paese si vanno affermando soprattutto due tendenze: una, dove prevale un nuovo fenomeno di inurbamento, che annovera come protagonisti gruppi sempre più consistenti d’immigrati e che vede come mete anche cittadine in prossimità delle metropoli; un’altra, che registra una sorprendente attrazione esercitata dai borghi, di cui l’Italia è ricca in tutta la sua estensione e che investe non solo anziani, ma anche giovani e, in misura crescente, stranieri di classi agiate innamorati dei nostri paesaggi, della nostra enogastronomia e, in definitiva, del nostro modo di vivere.In questo fenomeno, un ruolo importante lo rivestono i mass media, con i loro servizi che ripropongono la bellezza di quei siti, il recupero di centri abbandonati da tempo, il ritorno dei giovani all’agricoltura e all’allevamento e via elencando pregi e vantaggi di quel modello di vita più vicino alla natura e dove la comunità torna ad assumere l’importanza di una volta.

Certo, non si può parlare di un fenomeno di massa, anche perché sono ancora molto radicate le abitudini metropolitane, pur con tutte le recenti derive negative, specie in città come Roma, afflitta da problemi endemici quali l’insufficienza dei trasporti pubblici, le difficoltà di raccolta e smaltimento dei rifiuti e ora la proliferazione di cantieri per il completamento delle linee della metropolitana, oltre che per i necessari lavori in vista del Giubileo del 2025.

Tuttavia, l’esistenza quotidiana nei borghi non è semplice: intanto, c’è un problema d’inserimento in quelle comunità, non sempre aperte e disponibili verso il forestiero; poi non vanno sottovalutate le ataviche carenze ad esempio in materia di collegamenti fra un centro e l’altro, senza contare la desertificazione di negozi e banche, di ambulatori e farmacie. Certo, il fascino dell’antico, del “naturale”, della semplicità è ancora forte; per non pochi, è vivo il ricordo di vecchie commedie all’italiana, quelle ambientate in paesetti del frusinate o nell’ entroterra partenopeo, con De Sica e la Loren, ma anche con tanti bravi caratteristi; paesetti dove ci si conosceva tutti e ci si si aiutava l’un l’altro, dove il farmacista e il prete, il maresciallo dei carabinieri e il sindaco erano solidi punti di riferimento. Inutile dire che da allora le cose sono cambiate: oggi per esempio c’è bisogno del sostegno della mano pubblica – intanto, sotto il profilo finanziario, ma non solo – e poi c’è da lavorare sul terreno della sensibilità collettiva e dei singoli, della rivalutazione di costumi e di tradizioni (comprese quelle della devozione popolare, quasi scomparsa dalle città). Su questa linea, per limitarci a un solo esempio, vale la pena di sottolineare il messaggio lanciato dal film di Riccardo Milani, “Un mondo a parte”, protagonista Antonio Albanese: è la storia di un maestro elementare che non sopporta più la vita caotica e vuota di Roma e ottiene il trasferimento in un borgo montano della Marsica. Qui andrà incontro a un difficile inserimento nella piccola comunità, diffidente nei confronti di chi viene dalla città, ma alla fine prevarrà il fascino di quella natura inospitale, di quel clima rigido, di quella gente ruvida e genuina. Insomma, piccolo è bello, ma fragile e bisognoso di pazienza e determinazione; così, la via dei borghi sarà vantaggiosa per molti, ma non per tutti.

Autore

Nato a Napoli, vive a Roma, dove svolge un’intensa attività pubblicistica. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e riviste, alcune delle quali ha contribuito a fondare. Ha pubblicato romanzi, poesie e saggi, l’ultimo dei quali, “Giornale di un viaggiatore ordinario” è stato pubblicato da Tabula fati (Chieti 2022).