• 18 Ottobre 2024
Foto di Peter Glaser su Unsplash

Il 30 giugno 1984 Corrado Ferlaino depositò in Lega il contratto per l’acquisto di Maradona dal Barcellona; si trattava di una busta vuota o riempita da inutili fogli perché il contratto Diego lo avrebbe firmato solo quella sera, sul cofano della sua Jaguar. La narrazione vuole che fu lo stesso Ferlaino, quasi in nottata, a sostituire il Lega la busta, forse aiutato da un compiacente addetto alla vigilanza. Poco importa perché la cronaca di quelle ore si trasformò nel tempo in una mitica narrazione orale cambiata di volta in volta, come spesso accade per i racconti tramandati in cui la verità diventa irrilevante. Ma  la questione è un’altra.  il prezzo per quel clamoroso passaggio di maglia fu fissato in 13 miliardi di lire, una somma enorme per l’epoca. Ferlaino quei soldi non li aveva, ma aveva portato con se una fideiussione del Banco di Napoli concessa dal presidente Ferdinando Ventriglia dietro insistenza di Enzo Scotti, all’epoca Sindaco di Napoli. Rivalutato all’attuale potere di acquisto quei tredici miliardi di lire diventano circa ventuno milioni e ottocentomila euro, oggi il costo di un medio giocatore che magari resta in panchina per un campionato intero. Nel 1986 Diego Armando Maradona percepiva un ingaggio di un miliardo e settecento milioni di lire che rivalutate all’attuale equivalgono a circa due milioni e mezzo di euro. Nel campionato di Serie A 2023-24 un calciatore ha percepito 3,6 milioni di euro per giocare complessivamente 130 minuti. La domanda è: come è possibile che somme  ritenute spropositate nel mondo del Calcio solo quarant’anni or sono oggi lasciano del tutto indifferenti perché quasi irrilevanti? La risposta è semplice: il Calcio è stato colto da una gravissima patologia che ha una diagnosi ben precisa: i diritti televisivi. Se Faust vendette l’anima a Mefistofele il Calcio l’ha venduta alla Televisione, diventandone succube senza possibilità di salvezza a differenza del personaggio di Goethe. E’ anche vero che senza questi soldi il campionato di serie A diventerebbe un torneo a quattro squadre che si giocherebbero lo scudetto in un fine settimana.

Quelli che hanno una certa età ricorderanno che la RAI trasmetteva la domenica alle 18,45 il secondo tempo della migliore partita della giornata; per la telecronaca si avvicendarono nel tempo leggende quali  Nicolò CarosioNando MartelliniBruno Pizzul. Per vedere solo i gol di tutte le partite della giornata bisognava attendere le 22,30 della domenica sera per “La domenica sportiva”. Intanto la radio trasmetteva “Tutto il Calcio minuto per minuto”, una diretta dai campi della serie A che teneva incollati alle radioline decine di milioni di italiani. Dallo studio centrale coordinava Roberto Bortoluzzi  gli interventi di quelli la cui voce divenne familiare come quella di un genitore o di un fratello maggiore: Enrico AmeriSandro CiottiBeppe ViolaEverardo Dalla NoceCarlo NestiRiccardo CucchiBruno GentiliLivio Forma e tanti altri. Poi tutto è cambiato; la trepida attesa  di un’intera domenica per vedere quei gol che avevamo solo immaginato ascoltando la radio si è trasformata quasi in noia per l’overdose di immagini che ci bombardano per ventiquattro ore al giorno di tutti i giorni. Così la Televisione è diventata un Moloch che finirà per distruggere il Calcio.

La Premier League ha venduto i diritti televisivi per i quattro anni dal 2025 al 2029 a Sky e TNT per una cifra di 6,7 miliardi di sterline, pari a 7,8 miliardi di euro. Ciononostante le squadre inglesi hanno un deficit complessivo di circa 900 milioni di sterline; il Manchester City sarà processato per 115 violazioni al fair play finanziario imposto dalla Lega.

La Serie A sarà ancora su Dazn e Sky fino al 2029. L’Assemblea della Lega Serie A ha assegnato i diritti tv del massimo campionato dalla stagione 2024/25 e fino al 2028/29 per 4,5 miliardi di euro.

Diventa così evidente il motivo del perché il calendario lo compongano le televisioni e non le Federazioni o le Leghe. Tralasciando gli orari spesso folli per l’inizio delle partite, si inizia dall’anticipo di campionato del venerdì, poi con le gare del sabato e della domenica per terminare con il posticipo del lunedì; martedì, mercoledì e giovedì ci sono le Coppe e il venerdì si ricomincia con l’anticipo di campionato. Si gioca sette giorni alla settimana  per cui, come scherzosamente è stato osservato,  non ci sarebbe nemmeno il tempo per organizzare una Rivoluzione. Si potrebbe attendere la pausa natalizia, ma non sarebbe eticamente corretta e politicamente conveniente una sommossa popolare durante le sante feste in cui, tra l’altro, tutti sono impegnati tra regali e tavole imbandite.

E per rafforzare le sue posizioni la Televisione ha creato un altro mostro necessario per attrarre i telespettatori così come il miele attrae le mosche: le trasmissioni dedicate al Calcio che sul territorio nazionale sono oramai svariate centinaia alla settimana calcolando tutte le emittenti. E con esse sono proliferati i “commentatori e gli esperti” che quotidianamente ci ammanniscono fino allo sfinimento il loro unico mantra: lo schema. Ed è così che in televisione, al bar, nei trivi e in qualsiasi posto si possa inutilmente discutere, sia il sapiente che l’incolto discettano di 4-4-2, 4-3-3, 5-3-2 e così via, dimenticando che per coprire interamente il campo l’unico modulo valido resta quello reso celebre da Lino Banfi, il 5-5-5 di Oronzo Canà! Ma a tutto questo fastoso “mondo di contorno” fa da contraltare uno sconsolante fenomeno patologico: l’impoverimento tecnico dei giocatori. Una volta si imparava a giocare a calcio per strada o all’oratorio, sviluppando quelle doti tecniche e quella fantasia che poi grandi maestri avrebbero raffinato e abbinato alle conoscenze tattiche. Oggi i calciatori crescono come i polli in batteria, fanno tutti la stessa cosa e la fanno solitamente male. Ci sono partite in cui le squadre superano i cinquecento passaggi, un noioso girare la palla in attesa di chissà quale momento propizio per segnare quel gol che è poi lo scopo unico del gioco. Dal tabellino di una partita di Champions finita zero a zero è venuto fuori che le due squadre hanno complessivamente tirato in porta sei volte e solo una per parte nello specchio: che divertimento! Non ci sono più i dribblatori, né i fantasisti né quelle teste matte in grado di creare la diversità, di uscire dalla monotonia di uno schema ripetuto all’infinito. Attualmente in giro non sono più di dieci i giocatori capaci di saltare ad occhi chiusi  qualsiasi avversario per andare in porta o servire un comodo assist al compagno. Forse da lassù anche Garrincha scuoterà la testa rassegnato. Tutto è imbrigliato nello schema, nelle posizioni da mantenere, nei metri da percorrere, nelle zolle da calpestare. Il grande Nereo Rocco, il Paròn, con la sua voce cavernosa e in un triestino adattato all’italiano, richiesto sul modo in cui avrebbe giocato il suo Milan rispondeva: “Cudicini in porta e gli altri fuori”. Ed è così che oggi il Calcio ha bisogno di un’enorme quantità di danaro che aumenta di anno in anno  in misura inversamente proporzionale al triste spettacolo offerto. Come ripete spesso un vecchio allenatore, il pallone si è bucato ma nessuno sembra accorgersene.     

Questo è diventato oggi il Calcio e di questo si può parlare, ma è un Calcio che non mi appartiene. Vorrei parlare di un altro Calcio, quello che qualche bravissimo giornalista ancora racconta e riesce ad appassionare quelli che con questo sport ci hanno vissuto. Vorrei  parlare di un Calcio fatto di miti e leggende, di storie vere che sembrano essere state inventate tanto sono incredibili e di personaggi reali che ben potrebbero essere stati partoriti dalla fantasia di Twain o Hemingway. Chissà che non possa accadere.

Autore

Nato a Napoli nella seconda metà degli anni cinquanta. Sportivo appassionato, calciatore in gioventù, dirigente sportivo di società del settore giovanile. Avvocato con molteplici hobby e scrittore a tempo perso, ha pubblicato due romanzi e una raccolta di racconti di Calcio.