• 24 Novembre 2024
Alimentazione

Il ragù a Napoli è un’arte che tende a nutrire più che il corpo lo spirito. E l’unico ingrediente che non deve mancare mai è la pazienza , perché si deve lasciare bollire il sugo per ore a fuoco lento.

E a Napoli sulle tavole non mancano mai il noto ragù rosso, con salsa di pomodoro e carne di maiale (Eduardo De Filippo ne racconta i segreti nella commedia “Sabato, domenica e lunedì”) e “il sugo alla genovese”, salsa di carne e cipolle dove il tempo fa da padrone perché gli ingredienti devono stracuocere.

Parliamo della Genovese.

Perché Genovese?

Le leggende sono molte.

La più antica si trova nel “Liber de coquina” scritto in latino volgare e dedicato a Carlo II d’Angiò dove si parla della Tria Genovese (tria è il termine con cui si indicava la pasta nel Medioevo) ricetta di un sugo di carne e cipolla cotto molto lentamente.

Gli Angioini portarono la cultura culinaria francese in modo predominante a Napoli e per questo molti attribuiscono la discendenza della Genovese al “Bœuf à la mode” – l’antenato del brasato, servito come piatto principale alle feste per molto tempo – a cui si aggiunse la cipolla per avere un’intingolo da utilizzare con la pasta.

Con la conquista del Regno di Napoli da parte degli spagnoli, nel XV secolo, in Italia si affermarono le Repubbliche Marinare e, tra Napoli e Amalfi, nacquero due dei porti più importanti del Mediterraneo. Per le navi provenienti da Genova la tappa nel porto di Napoli era d’obbligo una volta a settimana perciò, per sfamare i marinai genovesi, la zona si riempì di bettole in cui si preparava una pietanza a base di carne e cipolle. Da qui il nome. Pietanza per i marinai genovesi o perché preparata da cuochi provenienti da Genova che erano soliti cucinare la carne con la cipolla fino ad  ottenere un sugo per condire la pasta? Ancora oggi a Genova si tramanda un modo di cucinare la carne con carote, sedano e cipolle detta “u Tuccu”. Va però detto che i ricettari della corte borbonica (nei trattati di Corradi e Cavalcanti) indicano col termine “genovese” una salsa che si avvicina molto a quella attuale e che sarebbe stata portata a Napoli nel  XVIII secolo dai marinai della “Superba” con le loro abitudini alimentari.

Altra leggenda fa derivare il termine “genovese” non da Genova ma dal francese Geneve perché il cuoco ( monzù, come venivano chiamati gli chef alla corte dei Borbone) che avrebbe dato vita alla ricetta era nativo di Ginevra e il suo soprannome era “o Genoves” da geneves , svizzero.

Quale vi piace di più?

Nel frattempo ecco la ricetta. Faccio presente che la carne stracotta può essere servita con la pasta, ma si rivela anche un ottimo secondo, magari accompagnato da purea di patate.

Essendo ricetta antica, che si trasmette da generazione a generazione, ogni famiglia napoletana ha la sua personale, nella quale si possono cambiare le quantità e la varietà degli aromi. Gli ingredienti che rigorosamente rimangono gli stessi sono la carne, le cipolle e la scelta della pasta che per tradizione cade sugli “ziti” tagliati a mano perché i frammenti che cadono nella pentola rendono più gustoso il piatto. ( Zite o maccheroni della Zita perché pasta fondamentale nel menù della sposa che a Napoli viene chiamata”Zita”)

Buon lavoro e buon appetito.

PASTA ALLA GENOVESE

Ingredienti 

350 gr. di ziti tagliati (formato di pasta tipico per questa preparazione)
600 gr di annecchia (vitello giovane che non abbia superato 1 anno di età) o di girello di vitello
1,5 kg cipolla ramata di montoro
1 carota
2 dl olio evo
1 bicchiere di vino bianco
Sale pepe q.b.

Rosolare in olio evo la carne di annecchia tagliata a pezzi e appena risulta ben rosolata, aggiungere le carote tagliate finemente. Rosolare  ancora e sfumare con vino bianco. Non appena il vino sarà sfumato, aggiungere le cipolle affettate precedentemente e tenute  a bagno in acqua e sale. Cuocere il tutto a fiamma bassa per circa 4 ore. Aggiungere il  sale e il pepe nero macinato fresco.

Per far stracuocere il ragù, di tanto in tanto aggiungere un bicchiere d’acqua, fino ad ottenere la cottura desiderata.Dal momento che si tratta di un ragù, la carne deve risultare sfilacciata e le cipolle devono sciogliersi completamente fino a formare una crema.Quando il sugo è pronto, cuocere in abbondante acqua salata la pasta. Scolarla al dente, condirla e infine aggiungere per ogni piatto il resto del sugo sulla pasta. Spolverare con parmigiano o pecorino.

Autore

Babette è una studiosa di cultura materiale ed in particolare di alimentazione. Si dedica a sperimentare soprattutto piatti d'epoca rivisitandoli senza alterarne la natura. Sta per pubblicare un libro di storia culinaria corredato da ricette