• 3 Dicembre 2024
Di Gianfranco Vitolo from Sarno (Sa), Italia - San Lupo, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=54506276
Itinerari

Meraviglioso borgo sannita adagiato sul versante sud-orientale del Matese e che regna sovrano sulla valle del Calore sin dall’epoca dei Longobardi. Immerso nel verde della natura si presenta con vicoli stretti e graziosi, con portoni, archi e ponti antichissimi tutti in pietra che nascono dalle mani dei maestri scalpellini del paese lavorando il famoso “perlato di San Lupo”.

Il borgo, di nome appunto San Lupo, è un pittoresco paesino che prese il nome dal vescovo San Lupo di Troyes, che era proprietario del monastero dei SS. Lupo e Zosimo di Benevento, l’attuale chiesa di Santa Sofia. Divenne feudo di Guglielmo Fontanarosa, di Elia Gesualdo, della famiglia Caracciolo e in seguito dei Carafa. San Lupo come uno scrigno segreto conserva storia, natura e leggende che insieme danno vita a numerosi racconti.  

I panorami di questo paesino che conta circa 900 abitanti, sono veramente mozzafiato. Colline, vallate, boschi, uliveti, vigneti. Tutto il paesaggio offre al visitatore una vera oasi di pace e di tranquillità, immergendosi nel verde smeraldo degli alberi, nel profumo del mosto ad ottobre, nel gustare le prelibatezze di questa terra, ricca di buon vino ed ottimo olio.

Una particolare attenzione è da dedicare ad una rara e pregiata ricchezza prodotta proprio nelle terre di San Lupo. La storia ci narra dell’intrepido cavaliere Achille Jacobelli, personaggio sanlupese che frequentava la corte di Ferdinando II di Borbone; un giorno diede in dono alla Regina Maria Teresa d’Austria un sacchetto, che risultò essere un dono molto originale, gustato e gradito; un sacchetto di fagioli. La Regina ringraziò il cavaliere chiedendogli il nome di quei legumi e lui prontamente spiegò a Sua Maestà, che i fagioli, in suo onore, si sarebbero chiamati “Fagioli della Regina”. Pertanto, da allora questi legumi reali sono pregiatissimi e si caratterizzano per l’alto valore nutritivo, per la digeribilità, la dolcezza e la morbidezza e vengono coltivati ancora nelle terre di San Lupo, soprattutto grazie   alle donne e agli anziani che ci tengono particolarmente a non far perdere certe tradizioni.  

Accanto alle tradizioni gastronomiche si tramandano le leggende che segnano questo paesino speciale ed unico. San Lupo entra a pieno titolo fra i borghi scelti e frequentati dalle janare, ossia dalle streghe attribuite come nascita nel Beneventano, che hanno seminato nei secoli tanta  paura e ispirato molti scrittori nel cimentarsi a raccontarne gli orrori.

Si narra che una volta le janare, come loro solito, si erano riunite su un ponte di pietra, sul  torrente sanlupese per trascorrere una sfrenata notte in balia dei riti sabbatici. Quella stessa notte fu ritrovata in quel luogo una bambina frutto dell’unione fra una janara ed un demone. La bimba fu cresciuta da una coppia che non aveva figli, curata con amore infinito. La bambina divenne una fanciulla bellissima che trascorreva le proprie giornate pascolando il gregge di famiglia.

La ragazza, spesso, mentre le pecore erano al pascolo si immergeva nelle limpide e fresche acque del torrente. Un giorno la vide un nobiluomo proveniente dal borgo di Limata, il centro più vicino a San Lorenzo Maggiore. Il signore, incantato da tanta bellezza, se ne innamorò perdutamente. La fanciulla però, malgrado gli innumerevoli tentativi di dissuaderla e di farla sua, non riuscì mai a conquistarla e sentendosi rifiutato per vendicarsi, raccontò in giro di aver visto la ragazza compiere delle pratiche di magia, nonché dei riti con il diavolo. Il popolo di San Lupo, spaventato e preoccupato da ciò che la ragazza avrebbe potuto fare agli abitanti del loro villaggio, decise di uccidere la giovane strega, gettandola dal ponte di pietra sul torrente.

La fanciulla fu lasciata cadere ed il torrente la inghiottì senza mai restituirne il corpo. Dopo la morte della bella janara, in molti giurarono di aver visto una ragazza nuda danzare sulle rocce del torrente, per poi tuffarsi immediatamente nel momento in cui qualcuno volesse provare ad avvicinarsi ad ella.

Molti anni dopo, un discendente della famiglia del nobiluomo di Limata, passò in groppa al suo destriero, di notte nei pressi del ponte e vide sulle rocce al chiar di luna, una figura bellissima di donna nuda, dai lineamenti delicati e sinuosi, tuffarsi nelle acque fredde e cristalline, che riflettevano la luna alta fra timide nuvole bianche. Il giovane fu preso da un colpo al cuore, come una freccia scoccata da Cupido, tanto che, senza pensarci, si tuffò anch’esso nel torrente ma ahimè, mai più riemerse il suo corpo perdendosi nel tempo dei tempi proprio come accadde alla fanciulla assassinata dal nobile di Limata.

Da allora il ponte delle janare di San Lupo si presenta come un quadro d’altri tempi creando, nell’immaginario leggendario una sorta di paura e suggestione che si tramanda di generazione in generazione. San Lupo conserva non solo leggende, ma vanta di moltissima arte e cultura fra chiese, fontane, palazzi, strade, ponti, mostre, eventi. E personaggi della cultura dal paese dimenticati, come il grande studioso e poeta Guido De Giorgio, indagatore della Tradizione e amico di Julius Evola e di René  Guènon.

Camminare per le stradine di San Lupo è come percorrere scorci di storia, se ne sente l’atmosfera, si percepiscono emozioni sfiorando le pietre delle case, passo dopo passo fra le stradine dei vicoletti è come se si vivesse ancora nel feudo dei Fontanarosa!

Il profumo dell’ottimo pane del fornaio fatta con farina di semola e lievito madre inonda le strade, inebria i sensi e accompagna l’olfatto per lungo cammino.  

San Lupo è fatto di sorrisi di gente semplice, di racconti, di mani sporche di terra e di pasta fatta in casa, del sugo buono e dei dolci raffinati da portare in tavola dopo la messa della domenica. Fra qualche settimana i caminetti inizieranno a fumare e la legna bruciata profumerà il cielo ed i tetti. La pioggia si poggerà sui vetri di finestrelle antiche, dove il gatto guarderà lontano volgendo lo sguardo verso l’orizzonte, dove in altre vite avrà di certo vissuto le magiche e dannatissime notti delle janare.

Autore

Carmela Picone nasce nel 1969 a Solopaca , in provincia di Benevento. Dopo aver conseguito il Diploma di Maturità Classica, leggendo Pirandello scopre la passione per il teatro. Partecipa e vince un concorso letterario con La Libroitaliano Editore e vede le sue poesie pubblicate in un’antologia. Scrive il romanzo “Gocce d’Amore” che ottiene immediato successo tanto da interessare un regista romano che chiede all’autrice di scrivere una sceneggiatura tratta dal proprio libro per la progettazione di un film. Nel 2021 scrive “La poesia delle parole semplici” una silloge pubblicata dalla Atile Editore. Le passioni restano la scrittura, i viaggi ,la recitazione e la pittura . Ama molto viaggiare, scoprire nuove culture, ammirare nuovi paesaggi e far tesoro delle emozioni che ne scaturiscono dopo ogni luogo ammirato. La sua ambizione più grande resta quella di promuovere il territorio nel quale è nata, e dove oggi s’impegna nel sociale per tenere vive le tradizioni e per portare alla conoscenza di tutti la meraviglia e i tesori della sua terra. piccola perla del Sannio.