L’intento della UE è di sbloccare il sistema rivolto ai mercati dei capitali, sviluppando un mercato unico dei capitali all’interno dell’aria euro per tutti gli Stati membri, al fine di rimediare di base “all’incapacità -come dice Draghi- delle banche di finanziare l’innovazione”.
“Le banche sono brave a fare molte cose, ma non a finanziare l’innovazione” pertanto prosegue “bisogna integrare i nostri mercati dei capitali, è così importante” evidenzia come allontanarsi dal mondo del credito è possibile andando sul mercato, senza dover dipendere dal credito bancario, che non ha una elevata propensione al rischio, rispetto ai mercati finanziari, che possono offrire maggiori opportunità sia alle grandi aziende alle multinazionali, sia alle Pmi e alle Start-up innovative.
L’obiettivo è abbandonare la sudditanza non solo dal credito bancario e non sussidiare la tecnologia innovativa appaltandola dalla Cina, puntando ad un Europa dove l’energia sia al 100% rinnovabile, senza dipendere da altre realtà, come non in ultimo la Russia, e rischiando una sperequazione delle catene di valore a nostro discapito.
L’integrazione dei mercati dei capitali, può consentire un vero stimolo alla crescita, creando nuove forme di investimento, nel reale e nel finanziario, nuove opportunità per i risparmiatori e maggiore protezione per gli investitori, se si tende all’unificazione del mercato, creando un debito sovrano unico e condiviso.
Certamente i vantaggi derivanti da un’iniziativa del genere sono implementativi sia sui flussi di investimento e sia sui risparmi, quindi sia sulle imprese, sia sugli investitori, le misure varate sia di tipo legislativo sia non legislativo , servono a convergere verso obiettivi chiave, una reale ripresa economica, verde, digitale, inclusiva, e resiliente, predisponendo l’accessibilità e la fattibilità dei finanziamenti, rassicurando un risparmio e un investire nel lungo periodo, e convergere verso un obiettivo unico del mercato dei capitali europeo in grado di fronteggiare su scala e dimensione esterna quelli internazionali.
Questa operazione si predispone e nasce nella sua fattispecie dal 1957, oggi si consolida in un riesame qualitativo degli strumenti in essere per consentire un unico punto di accesso gratuito in termini digitali tale da fornire in materia di sostenibilità delle imprese attraverso prodotti finanziari di investimento dell’EU, attraverso una piattaforma ESAP che sarà disponibile già dal 2027.
L’attuazione di una reale politica di integrazione in termini finanziari volta a finanziare le imprese con l’ausilio dei piccoli e grandi risparmiatori, crea uno sviluppo di per sé innovativo, in una prospettiva che apre le frontiere ad un nuovo sviluppo nel futuro dei mercati. Attraverso una strategia autonoma, condivisa dai ministri delle Finanze di tutti gli Stati membri con un rafforzamento del credito indiretto, ma diretto verso l’economia reale.
Certamente non saremo difronte ad un conservatorismo verde e nemmeno di stampo tradizionale, che vide la sua progenie in Roger Scruton (filosofo, scrittore e giornalista del conservatorismo tradizionale, padre dell’ambientalismo tradizionale), e nemmeno avremo una possibilità di diffondere un conservatorismo riformista, dove le riforme sono congenite in un processo digitale irrefrenabile, e senza una visione umana del sistema in corso di cambiamenti. I cambiamenti in atto sono troppo improvvisi e incontestabili e non ci sarà data l’opportunità di preservarne dal punto di vista sovranazionale gli aspetti sociali tradizionali. A meno che pur non opponendoci al modernismo, favoriamo l’uso di esso per migliorare la realtà ereditata con un radicale ritorno ai valori tradizionali rivisitati in chiave finanziaria. L’organicismo antiliberale, deve cedere il passo, alle leggi naturali e deve farlo con strumenti monetaristici innovativi e finanziariamente validi.
Su questa base innovativa, non solo ideologica, ma con una dimensione pragmatica quale sarà veramente il futuro del debito sovrano?
Quale sarà il futuro del Pil sovrannazionale?
Distaccando dagli investimenti del Recovery fund, possiamo in un’ottica di innovata prospettiva estendere il debito comune ma altresì allargare la maglia del supporto finanziario a rinnovati investitori o piccoli risparmiatori di sviluppare una nuova economia integrata, inclusiva e resiliente che consentirà di riverberarsi su una interdisciplinarietà di fronti reali, attraverso il PNRR o altri fondi di coesione, ma che comunque consentiranno all’Europa di non viaggiare a due marce ma di unificare gli sforzi, per sviluppare tanto il Nord industrialmente , quanto il sud a vocazione agroalimentare, orientandosi verso un’innovazione scientifica, agricola, e industriale potenziata da nuova linfa monetaria, che si può individuare con maggior rischio di impresa, ma anche con possibilità e opportunità non frenate dal credito bancario.
L’estensione del debito comune, diviene di importanza rilevante, pertanto riconosciuta anche la posizione di rilievo dell’Italia attraverso la nomina alla vice presidenza esecutiva con delega alla Coesione e Riforme, responsabile per l’attuazione del PNRR anche dei paesi membri, con l’intento di assorbire un volume così grande di investimenti, che dovrà decidere unitamente se ripetere l’esperienza del finanziamento tramite debito comune e o tramite, un’integrazione dei mercati dei capitali.
Ovviamente questa non è una scelta discutibile ma scientemente da valutare, nella sovranità di un nuovo debito, non è inclusa in una delega alle riforme, ma esplica la necessità di innovarsi verso un sistema avanzato.
Andiamo come UE verso una crescita e stabilità che sembrano essere garantite, ma lo sono di fatto se non si lavora a debito, ma con una formula senziente di perequazione bivalente tra gli attori creativi di una economia circolare e sostenibile , prevalentemente a livello monetario, che si dismetta una simulazione ordoliberale, sempre radicata in un mercantilismo di prima maniera e troppo smithiano, il potenziamento deve avvenire in ogni ambito economico, tra investitori, imprese e risparmiatori.
Infatti l’abuso eccessivo della cartolarizzazione dei crediti, ovvero la vendita dei crediti ad una società che per pagarne il prezzo di acquisto, emette dei titoli obbligazionari, ossia gli trasforma in carta credito, ha provocato le grandi crisi del 2007- 2008, insomma gli asset bancari trasformati in titoli negoziabili creano un rischio di intrapresa finanziaria, e il crollo dei mercati, e dei governi che vi hanno costruito attorno un castello di strumenti di carta, ciò fu vero per l’America e rischia di essere omogeneamente vero per la UE.
Rivitalizzare la cartolarizzazione, produce maggiore operatività finanziaria, ma anche un maggior rischio, da un punto di vista predittivo le operazioni a debito non sono mai certe, e una nuova reintegrazione dei mercati dei capitali, benché innovativa, avrebbe bisogno di una schermata di garanzia, per orientare i fondi privati verso specifici progetti o aree di comune interesse europeo.
Si parla infatti di una standardizzazione degli strumenti adottati, che devono avere uno specifico orientamento di investimento, con costi di transizione relativamente contenuti.
Certamente si auspicano sicuri benefici da un operazione simile, una cartolarizzazione che ha la primogenitura privata, dove lo strumento finanziario viene orientato supererebbe di gran lunga il sistema degli asset bancari americani e ci porrebbe a livello UE all’avanguardia, garantendo al sistema una maggiore regolamentazione e controllo, in ogni caso un procedimento simile andrebbe a sbloccare il sistema e spingerebbe verso una maggiore flessibilità e minor rischio di impresa, e degli investitori anche risparmiatori.
Integrare capitale dei mercati e liberare capitale, verso un’intrapresa reale, senza rischi simula una sorta di commercializzazione dove si stringe un patto di stabilità tra il risparmiatore e l’investitore, in una sorta di circolarità economica, senza precedenti.
L’Unione dei mercati dei capitali è l’iniziativa di integrazione dell’UE è volta a creare un autentico mercato unico dei capitali, con un flusso di investimenti e risparmi garantito, in tutti gli Stati membri e a vantaggio di cittadini, imprese e investitori.
Certamente se osserviamo la realtà gli indicatori d’integrazione finanziaria sono diminuiti negli ultimi due anni, riducendo l’attrazione delle Borse determinando una prospettiva negativa degli ultimi operatori esteri, e rivoluzionando in negativo anche la necessità di investimenti per la sicurezza e transizione green.
Ergo i progressi però posti in campo finora sono deludenti, e l’azione politica integrata europea non riesce a potenziare il settore, l’urgenza di agire diviene necessaria, anzi fondamentale, sarà forse possibile con un omogenizzazione del sistema, con armonizzazione dei quadri normativi europei.
In altre parole il mancato intervento produrrà alti rischi nel mercato dei capitali, e deve quello europeo essere in linea con l’evoluzione continua mondiale.
Altrimenti non saremo in grado di rafforzare la produttività e la competitività di fronte alle crisi e alle dinamiche geopolitiche globali. Un atteggiamento meno reazionario, ma rivoluzionario consentirà lo sviluppo di un nuovo impero finanziario reale, da fronteggiare ai Brics e all’atlantismo che imperversa.
I depositi e le quote dei depositi sono improduttivi per l’area Euro vi è bisogno di una maggiore integrazione comunitaria in ambito finanziario, con un’ottica di sviluppo rivoluzionaria, la collettività non può più sostare nel limbo dell’immaginario ideologico, per affermare un processo di Nazione europea, anche il sistema di integrazione unica dei capitali deve essere predisposto in maniera tale che avanzi pretese di crescita e di sviluppo non solo di stabilità.
Il sovranismo dovrà estendere la sua formale azione non più retrograda ad una politica di integrazione dove la governance istituzionalizzi nuovi strumenti di economia sociale e reale.