• 4 Dicembre 2024
Di Gianfranco Vitolo from Sarno (Sa), Italia - Sant'Agata De' Goti, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=63517386
Ambiente

L’amministrazione e la politica di Sant’Agata dei Goti possono stare senza gli studi su Sant’Agata dei Goti? No. Tuttavia, per lunga tradizione, così stanno: silenti e dormienti. Peccato. Perché il grande e universale patrimonio storico, artistico e culturale di Sant’Agata dei Goti è, senza ombra di dubbio, la via di accesso più sicura per il progresso civile e il benessere più diffuso della signorile cittadina. Gli studi su Sant’Agata dei Goti – da Saticula ai giorni nostri – sono cospicui e hanno i nomi di studiosi contemporanei come Francesco Abbate e Isabella Di Resta, Michele Melenzio e Chiara Frugoni, ma anche nomi del passato come i Rainone, Giuseppe Desiderio e Francesco Viparelli, fino a giungere a grandi studiosi e visitatori come Mommsen, Croce, Bertaux – e si è fatto solo qualche nome. Il profilo storiografico che ne emerge è quello di una nota musicale del poema eterno della storia umana che consente, a chi la tocca e l’ascolta, di entrare nella storia contemporanea con un gusto non privo di eleganza e ricercatezza. Eppure, nonostante la grande e comprovata ricchezza della storia santagatese non esiste un decente Archivio storico civico ed è questa non solo la prova più deprimente della noncuranza in cui versano la memoria e la documentazione storica in ambito amministrativo ma è anche la prova della miopia della politica che ignora l’importanza d’avere un Archivio civico.

Gli studi su Sant’Agata dei Goti non conoscono quasi confini. Riguardano la storia civile e la storia religiosa, la storia artistica e la storia urbanistica, la storia musicale e la storia popolare, la storia della chiesa e la storia risorgimentale. E’ come se fosse un castello dalle molte porte – e a Sant’Agata dei Goti c’è un castello ducale che è perfino riconosciuto come monumento nazionale – e si può scegliere da quale porta entrare per poi visitare e conoscere tutto il castello imparando a spostarsi da una “storia” all’altra, come ci si sposta con la conoscenza da un’epoca all’altra. Le strade e le piazze, i nomi e i palazzi invitano con naturalezza a fare questo percorso: il seminario fu voluto dal vescovo Peretti, cioè papa Sisto V; la piazza dove oggi c’è la statua di Alfonso fu creata dallo stesso Alfonso per far respirare sia le case sia i cristiani; gli affreschi del Giaquinto raccontano la storia del cristianesimo e la passione umana, umanissima dell’allievo non secondario di Luca Giordano; il Giudizio Universale dell’Annunziata, con quel demonio che ha in petto i tiranni, ci parla da quasi mille anni della condizione umana e poi e poi si potrebbe continuare senza fine passando da chiesa a chiesa, da casa a casa, da monastero a monastero fino a risalire all’Impero romano e andar oltre, nella bocca dei Goti – più miti di quanto non creda – e nelle gole e nelle tombe dei Sanniti e dei raffinati autori dei vasi saticulani. Ma questa strepitosa ricchezza spirituale, che può perfino contare su di un Centro Storico pressocché intatto, non incide minimamente sull’amministrazione e sulla politica locale. Perché?

Non si tratta d’avere amministratori e politici colti – anche se non fa male – ma d’avere amministratori e politici interessati a lavorare concretamente su un patrimonio culturale che chiede di essere messo a tema. Il vaso di Assteas è giustamente al Museo di Montesarchio e in giro per il mondo perché a Sant’Agata dei Goti non esiste da mai un museo che possa raccogliere e custodire i tantissimi reperti archeologici. Eppure – come ho avuto modo di scrivere e riscrivere nella mia Storia di SantAgata dei Goti nelletà liberale –, proprio a Sant’Agata c’è la più grande collezione di vasi e reperti saticulani ossia la Collezione Rainone-Mustilli che è vincolata dal Ministero, è custodita dalla famiglia Mustilli – io non l’ho mai vista – fu donata al comune dall’ultimo dei Rainone ma il municipio del tempo, non sapendo cosa farne, la consegnò ai discendenti più prossimi. Non è nemmeno il caso di spiegare l’importanza decisiva di un Museo Archeologico in grado d’accogliere la Collezione Rainone-Mustilli e renderla così pubblica e visibile – magari anche a me. Eppure, a parte il Melenzio, nessuna amministrazione comunale ha mai lavorato per percorrere questa strada. Nel recente passato Claudio Lubrano, presidente della Pro Loco, riuscì a far nascere una “cellula archeologica” ma poi se ne sono perse le tracce proprio a causa di scelte maldestre e prive di reale interesse pubblico dell’amministrazione comunale.

E’ solo un esempio, ma ne potrei fare dieci, cento, mille. A partire dal castello, passando all’ospedale, giungendo a San Menna, considerando il cimitero, il giro dei Santisi – in realtà Sanniti – i Ponti e soffermandosi sulla stessa nascita della municipalità santagatese nel decennio francese con la fine della feudalità e la creazione di una locale borghesia dal grembo stesso di santa madre chiesa. Come si vede, perfino a occhio nudo, quella che vagamente chiamiamo “cultura” è la chiave di volta del progresso civile di Sant’Agata dei Goti perché qui storia, bellezza e conoscenza sono le inesauribili risorse democratiche su cui vivere e crescere. Per farlo è necessario che la “cultura” diventi uno stile di vita e il concreto profilo identitario di Sant’Agata dei Goti, uscendo dalle inutili chiacchiere e dalla sterile retorica per fare di Sant’Agata una città aperta, un grande polo scolastico e una nuova e antica cittadina signorile in cui s’incontrino produzione e mercato, storia e libertà. Ho sempre lavorato – proprio così, lavorato – in questo senso, con la creazione della Biblioteca Michele Melenzio, con i libri, il giornalismo, le battaglie civili, i discorsi, gli incontri. So che è la strada giusta anche quando cammino da solo. Sono severo con me stesso ma – davvero – non posso rimproverarmi nulla.

Autore

Saggista e centrocampista, scrive per il Corriere della Sera, il Giornale e La Ragione. Studioso del pensiero di Benedetto Croce e creatore della filosofia del calcio.