• 19 Dicembre 2024
La mente, il corpo

Vien da chiedersi come si fa a governare una comunità nazionale pensando solo ai fattori di interesse economico senza avere il polso costante ed aggiornato delle problematiche afferenti le componenti sociali che costituiscono il ventre della società ed incidono sulla tenuta etica della stessa, sull’equilibrio e la ricerca di quella felicità sociale ed individuale che poi diventa azione produttiva, forza motrice, coagulo di interessi costruttivi e proattivi di orizzonti di crescita futura.

In verità è tutta la politica, di tutti i governi succedutisi, ad affrontare le emergenze con leggi, comitati di intesa, interventi territoriali e formule metodologiche di azione. Mai che ci si interroghi sul perché la società degradi e manchino campagne di informazione e riflessione sul tessuto del Paese, tranne interessi palpabili e scandalosi (vedi i femminicidi, parte di una violenza degenerante di cui su questo giornale si è già parlato a proposito del vivere le passioni tristi).

Si pensa al Pil, si parla con e per le imprese, si evocano responsabilità della famiglia, della chiesa, della scuola etc., senza pensare che uno Stato assente e governante solo problematiche emergenziali è rimasto nella solitudine analoga ad un amministratore di condominio che cura l’amministrazione contabile ma non ha contezza delle problematiche dei condomini. Quale famiglia, quale scuola quali valori oggi sono in gioco? C’è un apparato dello Stato che si attiva, ma le componenti della società sono e percepiscono l’essere sole e perdute nelle pieghe di interventi sempre tardivi e tampone. Lo Stato arriva sempre dopo! Vale per i minori, i poveri strutturati, i fragili sociali, i minori.. ahimè tutti coloro che la produttività consumistica spinge con varie interconnessioni ai margini.

Basta leggere i rapporti di Antigone per i detenuti, le valutazioni del Censis, le statistiche Istat, i rapporti della Svimez e le decine di relazioni che Università, centri studi, fondazioni varie che ogni mese sfornano analisi ed evidenziano emergenze e tengono il polso del Paese vero.

La politica legge, i governi fanno il solito comunicato di interesse in cui si dicono in prima fila, affermano di essere “sul pezzo”, stabiliscono un finanziamento, e poi Ciaone!

Oggi sul tavolo di chi non vuole vedere certe cose c’è il rapporto del CESVID.  L’Indice regionale sul maltrattamento e la cura allinfanzia in Italia.E’ un’indagine statistico-quantitativa elaborata con un team di ricerca che stima la vulnerabilità dei bambini al fenomeno del maltrattamento nei diversi territori italiani. “ Parliamo quindi dei minori e di una società abusante.

“È costruito a partire dall’analisi dei fattori di rischio e dei servizi di ogni regione, un’analisi applicata tanto alle potenziali vittime quanto agli adulti potenzialmente maltrattanti.”

L’Indice regionale… disegna punti di forza e di debolezza delle Regioni italiane rispetto ai fattori di rischio e ai servizi. Ne emerge un’Italia spaccata dove il Nord è generalmente più virtuoso del Mezzogiorno. Lo strascico della pandemia pesa ancora sul benessere di bambine e bambini quando si parla di maltrattamento all’infanzia e trascuratezza, ma si rilevano finalmente anche i primi segnali di ripresa. Questi ultimi andranno consolidati, mentre sulle famiglie pesa l’incertezza causata dalla situazione geopolitica legata alle guerre, così come dinamiche economiche, tra cui l’inflazione e il caro energia.

Il focus di questa edizione dell’Indice, dal titolo Le parole sono importanti, è dedicato al ruolo del linguaggio nel maltrattamento e nella cura all’infanzia. Lo studio si concentra sull’impatto del linguaggio abusante: l’abuso psicologico, di cui la violenza verbale fa parte, è la forma più diffusa di maltrattamento infantile tra i 55 milioni di bambine e bambini che in Europa subiscono abusi, con prevalenza del 36,1%. Quello che emerge dal rapporto è che uno degli strumenti per la prevenzione del fenomeno è investire sull’educazione alla cura e al linguaggio positivo di bambini, genitori e comunità educante.

A ciò si aggiunge l’indagine conoscitiva sulle forme di violenza fra minori e ai danni su bambini e adolescenti dell’ISTAT.

Dall’indagine si stima che circa il 50% dei figli assiste alla violenza, mentre il 10% la subisce. Un’indagine realizzata tra luglio 2019 e marzo 2020, su dati del 2018, ha coperto un bacino effettivo di 2,1 milioni di minorenni residenti nei 196 Comuni italiani coinvolti e selezionati dall’ISTAT. La forma di maltrattamento principale è la patologia delle cure, di cui è vittima il 40,7% dei minorenni in carico ai servizi sociali, seguita dalla violenza assistita (32,4%). Rimandiamo la lettura dei resoconti completi ai pdf disponibili in rete.

A noi interessa evidenziare come il fenomeno metta in gioco diverse considerazioni fattoriali:

– le conseguenze dei maltrattamenti sui minori;

– il ruolo delle emozioni nell’ambito della famiglia;

– la vulnerabilità sociale;

– il valore dell’educazione alla felicità;

– il significato della violenza ed il suo antidoto.

Nel merito l’ass. soc. Dott.ssa Maria Angela Valenti, intervistata, ci conferma che la violenza comporta problemi a livello emotivo, cognitivo e relazionale che si manifestano abreve, medio e lungo termine.

Maltrattamento

Nei bambini/e che lo subiscono si rilevano, come conseguenze a breve e medio termine, alcune caratteristiche della loro personalità:

▪ affettività povera

▪ inibizione del comportamento creativo, esplorativo e della motivazione in generale

▪ bassa tolleranza alle frustrazioni

▪ un sistema di valori rigidi e punitivi

▪ ridotte abilità sociali.

Si possono rilevare anche ritardi nello sviluppo con scarsa padronanza di linguaggio, scarsa capacità di concentrazione e difficoltà scolastiche di vario genere.

Dal punto di vista emotivo i bambini che hanno subìto maltrattamenti sono incapaci di esprimere rabbia ed aggressività, oppure, al contrario, la esprimono in modo incontenibile; hanno difficoltà a chiedere aiuto, conforto e consolazione agli adulti di riferimento; per loro gli adulti possono essere persone di cui diffidare, per le esperienze subite, o essere oggetto di attacco e sfida perché non sono stati in grado di saper ascoltare i loro bisogni e proteggerli.

A lungo termine bambini e ragazzi maltrattati utilizzeranno la violenza e l’aggressività come modalità relazionale ed è molto probabile che possano a loro volta, divenuti adulti, riportarla come esperienza prevalente di rapporto anche con i propri figli.

Abuso

Le conseguenze dell’abuso sessuale sono più marcate di quelle del maltrattamento se si pensa che per effetto dello stesso viene sconvolto il mondo interno ed i punti di riferimento principali del bambino. Avviene, infatti, un vero e proprio trauma psichico che altera l’orientamento cognitivo ed emotivo del bambino verso il mondo, distorcendo l’immagine di sé e di ciò che lo circonda.

A breve/medio termine vi è una diminuzione di coinvolgimento con il mondo esterno con possibile isolamento in cui il bambino rivive il trauma subìto e i ricordi ricorrenti; si possono notare cambiamenti improvvisi sia dal punto di vista emotivo che comportamentale, paura di rimanere solo in compagnia di una certa persona; si rilevano spesso conoscenze sessuali o attività sessuali maggiori rispetto all’età, comportamenti seduttivi verso coetanei ed adulti, comportamenti masturbatori eccessivi, diminuzione brusca del rendimento scolastico. Possono presentarsi disturbi psicosomatici, del sonno, stati ansiosi e depressivi, irritabilità, frequenti crisi di pianto, disturbi alimentari.

Il pericolo maggiore consiste nella possibilità che questi bambini, abbandonati a se stessi, sopravvivano a queste situazioni di violenza adeguandosi e sviluppando meccanismi di rimozione, di estraniamento e frammentazione del sé e delle proprie esperienze.

Se, infatti, i numerosi e contraddittori sentimenti connessi con la situazione di abuso (collera, rabbia, vergogna, umiliazione, risentimento, indegnità, senso di colpa, paura, dolore, impotenza, angoscia, confusione, ecc.) non hanno la possibilità di venire adeguatamente manifestati ed indirizzati poiché la relazione con l’abusante non viene interrotta, è molto probabile che si possano generare nei bambini disturbi dissociativi sia nelle relazioni affettive sia nella personalità. Tutti i sentimenti negativi inespressi si trasformeranno in atti distruttivi verso gli altri o contro di sé, anche con problematiche di tipo suicidario.

A lungo termine gli stessi bambini diventati prima adolescenti e quindi adulti possono avere problemi relazionali, specialmente legati alla sessualità e al sentimento amoroso. In particolare possono manifestarsi disturbi quali depressione disturbi di tipo ansioso, disturbi di personalità (un terzo delle pazienti psichiatriche è risultata vittima di abuso sessuale in età infantile e/o adolescenziale), gravi disturbi di tipo psicosomatico.

Alcune frequenti conseguenze di un abuso sessuale sono per le ragazze il ricorso alle droghe o una precoce sessualizzazione che spesso sfocia in una tendenza a condotte di prostituzione, per i ragazzi tendenze compulsive e precoci alla sessualità, all’omosessualità, alla perversione sessuale.

E’ interesse quindi di quanti vengano a contatto con bambini e ragazzi in età scolare saper ascoltare il loro disagio con la consapevolezza che l’abuso è forse l’esperienza più sconvolgente e più destrutturante, dal punto di vista psicologico, che un bambino possa subire.

Le emozioni in famiglia

Lo psichiatra Eugenio Borgna, da poco scomparso, ci ha insegnato che “Ci sono emozioni forti ed emozioni deboli, virtù forti e virtù deboli, e sono fragili alcune delle emozioni più significative della vita. Sono fragili la tristezza e la timidezza, la speranza e l’inquietudine, la gioia e il dolore dell’anima. E in cosa consiste la loro fragilità?”  Famiglia: educare alle emozioni, educarsi nelle emozioni, per riconoscere le fragilità e riconoscersi nelle fragilità e fortificarsi insieme. “Famiglia”, “essere al servizio” della vita, dell’amore. La famiglia è il luogo in cui ci si prende cura delle fragilità (quel prendersi cura che è tradotto anche nel dovere di assistenza negli articoli 143, 147 e 315 bis cod. civ.) ma, al tempo stesso, può essere causa di fragilità. Per questo bisogna riconoscere il senso profondo dell’amore.

“Il segno che non si ama più lo si ha quando i sacrifici cominciano a costare; il segno che si ama poco lo si ha quando ci si accorge di farne” (lo scrittore francese Pierre-Marc-Gaston de Lévis). Così nella coppia, così nella famiglia: l’amore non è un dovere giuridico ma esistenziale, una componente dello statuto ontologico della persona.

Autore

Pugliese, cultura umanistica, politicamente nazionalpopolare. Già Ufficiale Superiore dell’Esercito, nei Granatieri. Fondatore dell’Ufficio Storico dello SMD e collaboratore della CISM (Commissione Italiana di Studi Militari) sino al 2014. Dal 1980 al 1991 ha ricoperto cariche elettive istituzionali. Dal 1980 al 1984 è stato collaboratore dell’Ing. Giovanni Volpe per la “Fondazione Gioacchino Volpe”. Dal 1978 sino al 2000 è stato collaboratore dell’On. Pino Rauti.Nel 1978, con Rutilio Sermonti è stato tra i fondatori dei “GRE” (Gruppi di Ricerca Ecologica) primissima associazione ambientalista in Italia. Fondatore della rivista “Officina – Le ragioni nazionalpopolari”, ne è stato coordinatore editoriale dal 2001 al 2005. Dal 2016 responsabile organizzativo del Think Tank “I nazionalpopolari”. Attualmente è editorialista del mensile “Informa”, organo dell’Ordine dei Giornalisti del Molise.