Esplorare i prodotti enogastronomici del Sannio, rappresenta un motivo di conoscenza ontologica del territorio e , sicuramente, una buona occasione per degustare i prodotti tipici locali.
Durante una domenica autunnale, abbastanza soleggiata e caratterizzata dal venticello fresco, non si può fare a meno di scoprire le specialità di alcuni paesi del beneventano.
Al visitatore-viaggiatore curioso di conoscere e di gustare bontà per il palato, si consiglia, quindi, una passeggiata a San Salvatore Telesino, un paese in provincia di Benevento, che confina con altri caratteristici paesi, quali Amorosi, Telese, Puglianello,Faicchio. San Salvatore, dunque, vanta una ricca tradizione agricola, gastronomica, storica, artista e culturale; lo ricordiamo ,in questa circostanza, per un prodotto enogastronomico squisito, ovvero lo struppolo. La genuinità del territorio, inoltre, si riscontra anche nei prodotti locali , nel profumo del vino, nei saporiti formaggi e nella setosità dell’ olio color oro. Un borgo che è caratterizzato, insomma , da una tradizione contadina di prodotti agricoli, ortofrutticoli e cerealicoli e dall’allevamento dei bovini.
Un paese davvero ricco di storia , arte, cultura , tradizioni agricole e culinarie. Infatti, noto per i suoi prodotti tipici locali, attrae svariati visitatori, non solo per le bellezze naturali, ma anche per soddisfare il palato. Lo “struppolo”, un rustico, color oro, fritto, dalla forma rotondeggiante , ruvido, che si prepara con semplici ingredienti, sempre presenti nella dispensa delle nonne, come farina, uova, sale e pepe , dal sapore accattivante, che si associa bene con un buon bicchiere di vino! Lo struppolo e il vino, dunque, costituiscono un buon connubio; a San Salvatore, infatti, si usa dire, come detto popolare, che “lo strupp’l adda ndurza’ ‘nganna”. Una vera e propria delizia per il palato , un cibo tipico della cultura contadina, le cui origini risalgono, forse, alla cultura sannitica o romana. Fonti scritte, racconto che dagli scavi archeologici dell’antica Telesia è stata ritrovata una iscrizione, o meglio un’epigrafe, in cui è citata la frase “mulsum et crustulum”, cioè un banchetto a base di bevande e, letteralmente, biscotti (crustulum).
Durante la fase d’ impasto dello “strupp’l”, un tipico rustico fatto di pasta all’uovo, bisogna stare attenti nel far entrare l’aria- come si suol dire tra le nonne che vi tramandano la ricetta-affinché, alla cottura, risulti ben sfogliato all’interno. Le nonne sono veicolo di trasmissione della tradizione culinaria, affinché si possa, nel tempo, sempre conoscere e degustare questa delizia.
Negli ultimi anni la ricetta è stata divulgata anche nei paesi limitrofi e ciò è da apprezzare, in quanto, designa la capacità di creare rete con gli altri paesi, perché si possano conoscere le tradizioni altrui. Certo la sua originalità e specificità resteranno pur sempre caratteristiche peculiari di San Salvatore Telesino.
Dibattuta è la questione del lievito. Al riguardo, la mia nonna diceva che il vero struppolo <<crescesse senza lievito al momento della cottura e che in ciò si riscontrasse la bravura della massaia>>.
Tra uno struppolo e l’altro, la passeggiata continua tra le stradine del paese, arrivando a sostare in località Telese Vetere per ammirare l’anfiteatro e i resti delle mura; per chi, invece, ama le bellezze naturalistiche, si può fare una passeggiata al Rio Grassano , per poi bere un bicchiere di acqua solfurea, presso le Terme di Telese.
Le acque sulfuree, ottime per curare dermatiti ed altre patologie cutanee, si formano negli strati profondi della Terra. Risalgono,poi, sotto forma di vapore e sono maggiormente presenti in quelle località interessate da una attività vulcanica secondaria.
Se ingerita, l’acqua velocizza le funzioni dell’apparato digerente, provocando una funziona lassativa. Proprio per le sue elevate temperature, risulta curativa di problemi inerenti la cute o la circolazione sanguigna.
Ma, vi è di più, in una geografia enogastronomica di prodotti genuini e locali,non si può fare a meno di citare il piatto caldo ,tipico della tradizione amorosina, ovvero la “panorra”. È proprio con il primo freddo e, quindi, in questo periodo dell’anno, che ad Amorosi si cucina, appunto, la “panorra”,un piatto molto semplice , i cui ingredienti sono il pane raffermo, fagioli, broccoli,aglio, peperoncino ed olio extravergine di oliva, dal gusto molto accattivante. Un piatto leggero, molto proteico, che rispecchia i dettami della cucina contadina, la quale non ammette alcuno spreco.
È , dunque, un “piatto di recupero e povero” tipico della tradizione amorosina , che risale a pochi secoli fa; è cucinato, nella fattispecie, durante l’inverno. In cucina è indispensabile un tocco di fantasia, un pizzico di passione e di amore , purché si possano creare piatti gustosi e deliziosi, belli da vedere, ma anche saporiti da gustare. È proprio tale piatto che, nella sua unicità ,rappresenta una parte di storia, di tradizioni, di inventiva, di profumi delle nonne e delle mamme che, con grande maestria, lo hanno tramandato ai posteri, perché nulla vada a finire nel dimenticatoio.
Da notare che molte golosità sono nate dagli “avanzi”. Il tarallo, ad esempio , è nato nel ‘400, per cibare le famiglie più povere. All’ epoca, i fornai, pensarono di utilizzare la pasta del pane e creare delle ciambelle salate di “pane secco”. Un prodotto ottimo, che si può conservare nella dispensa per diverso tempo; negli anni ne sono state fatte , dai fornai, diverse varianti, i quali hanno trasformato la loro forma tondeggiante o hanno creato un prodotto dolce, aggiungendovi ingredienti come il finocchietto o il vino bianco. La lavorazione del tarallo è tipica di San Lorenzello. Qui la tradizione del “m’scuott” è un’ arte praticata dai locali e da svariate tradizioni di fornai. Si tratta di una eccellenza gastronomica che prende vita in un borgo caratterizzato da stradine inanellate e da case in pietra. Il tarallo di San Lorenzello, nello specifico, nasce nell’800 dall’impasto del pane, a cui veniva aggiunto lo strutto. Bis-cotti, significa “cotti due volte”; nonostante le nuove tecniche di produzione e lavorazione , comunque, i fornai del posto sono attenti a rispettare la tradizione, come le famose trecce di taralli.
I taralli di San Lorenzello, infatti, conservano un gradevole profumo e bontà ,tanto da essere stati riconosciuti dalla Regione Campania come Prodotto Agroalimentare Tradizionale.
Basta un piccolo assaggio quotidiano di questi prodotti, per ritornare bambini e sentire i profumi di tradizioni mai svanite, ma sempre tenute vive attraverso la trasmissione, da una generazione all’altra, delle famose ricette della cucina locale.