• 30 Gennaio 2025
Itinerari

La viabilità ed i collegamenti intercorrenti tra la valli dell’alto Volturno, Telesina, Caudina ed oltre hanno a differenza di molte realtà storiche dell’Italia, una antichità notevole e ben strutturata nel tempo più innovativa di quanto di solito si immagina. Può sembrare anche strano a rifletterci ma la strutturazione della viabilità all’interno delle realtà Sannite, erano più antiche di ciò che Roma stessa ha offerto nel tempo.

La strutturazione federale dei Sanniti con dunque un rapporto continuo tra le tribù anche per motivi commerciali fece si che già nel VI secolo a.C. esistesse una viabilità organizzata e che metteva in comunicazione non solo i territori vicini quali quello Alifano e Telesino, ma aree ben più lontane del territorio molisano ed irpino nel loro contesto regionale. L’esempio macroscopico e più importante ancora oggi visibile sono i tratturi della transumanza, che vengono definiti le autostrade dei Sanniti, poste in quota relativamente elevata permettevano lo spostamento di greggi e mandrie, non solo esclusivamente per la transumanza ma anche per rapporti di carattere commerciale. Questi erano poi raggiunti da un numero indefinito di tratturelli, percorsi che dalle zone pedemontane e vallive permettevano di raggiungere il tratturo. Il Pescasseroli-Candela è quello che accomuna le valli Alifana, Telesina, Caudina e del Tammaro, posto di fatto sulla parte medio alta dell’appennino Sannita poteva essere raggiunto da ogni località delle quattro valli attraverso tali percorsi. Questi ultimi attraversavano luoghi abitati, ed è sufficiente seguire le caratteristiche geologiche del territorio per poter intuire la presenza dei villaggi. Tali caratteristiche altro non sono che le grotte ed i ripari sottoroccia caratteristici delle aree descritte.

Queste erano quasi sempre in epoca Sannita, luoghi di culto, in particolare per il rito dell’incubatio ovvero della sosta e del sonno in grotta ad ottenere le risposte delle divinità attraverso il sogno, per la cura dell’anima e del corpo. Ma le stesse grotte erano luogo di sosta per i pastori oltre che di riparo notturno e seguivano dunque percorsi specifici, che attraversavano il territorio in modo verticale da valle a monte.

Nell’area della valle Alifana esisteva il tratturello che da Alife e poi da Piedimonte Matese salendo verso Castello del Matese passava dal lago Matese e si innestava poi sul tratturo Pescasseroli Candela. Dalla parte telesina si aggirava di fatto il monte Acero andando poi a raggiungere l’attuale San Lorenzello e Cerreto, salendo verso Cusano e Pietraroja da cui raggiungendo il lago del Matese ci si innestava sempre ulPescasseroli Candela. Dalla parte opposta rispetto a Cerreto, da Guardia Sanframondi si seguiva il percorso dell’attuale provinciale per seguire il tratto appena descritto. Verso Ponte Casalduni si tagliava quasi in linea retta la verticale. Ma la questione di maggiore importanza erano le strade pedemontane che di fatto collegavano in modo pressoché continuo, l’alta valle del Volturno, il Medio Volturno, la Valle Telesina, il fondo valle Isclero, la valle del Tammaro dove questa collegava Sepino, Cercemaggiore, Cercepiccola, Mirabello Sannitico, San Giuliano del Sannio, Circello, Campolattaro, Casalduni, Castelpagano, Colle Sannita, Fragneto l’Abate, Fragneto Monforte, Morcone, Reino, Pesco Sannita, Sassinoro, Santa Croce del Sannio, Pago Veiano, San Giorgio La Molara, Molinara, San Marco dei Cavoti, Pietrelcina e Paduli, dove dalla vallata si apre la valle del Calore Irpino, in cui lo stesso Tammaro confluisce e salendo da Benevento verso Morcone era possibile in una sorta di cerchio concentrico partire da Pietrabbondante, raggiungere Isernia proseguire per Venafro e seguendo da Torcino il corso del Volturno, raggiungere Benevento e proseguire fino ad Avellino ed oltre per poi tornare al punto di partenza.

Poco riconoscibili rispetto al periodo Sannitico, se non per alcuni ponti, quello di Annibale a Faicchio, ed i resti del ponte degli Arnici a Gioia che scavalcava il Volturno prima dell’intersezione con il Titerno e qualche resto in area telesina, ritroviamo i percorsi strutturati poi dai romani i quali sfrutteranno appieno i percorsi antichi rendendoli maggiormente utilizzati. Un esempio era la strada di collegamento Piedimonte Matese, Gioia Sannitica, Telese, Solopaca, la quale già in uso come percorso interno pedemontano, dai romani sarà rivalorizzato come percorso di collegamento secondario di media importanza, poiché metteva in movimento gli interessi commerciali di una serie di ville rustiche in primis e di villaggi viciniori a queste, verso i centri importanti quali le città di Isernia, Venafro, Alife e Telese, che per la parte pianeggiante erano collegate da diramazione della via Latina. La Centuriaziine romana fece sì che la qualità dei percorsi a valle che nel Sannio sistematicamente seguivano i corsi d’acqua, fossero migliorati poiché i terreni furono spesso bonificati soprattutto intorno alle città, vedasi ad esempio Venafro, Alife e Telese.

Le diramazioni della via Latina diverranno percorsi principali poiché come accennato collegavano centri urbani di maggiore importanza anche se di fatto le strade romane tenderanno a ricalcare più antichi tracciati spesso si sovrapponendosiai tratturi. La Via Minucia, per esempio, proveniente da Castel di Sangro-Aufidena seguiva il percorso tratturale Pescasseroli-Candela e diventava l’asse delle nuove fondazioni urbane romane Bojano-Bovianum, Sepino-Saepinum, Isernia- Aesernia. Con il crollo dell’impero romano cessa la manutenzione delle viaepublicae, che progressivamente verranno sostituite da altri percorsi che testimoniano una diffusa frammentazione del territorio. E questa frammentazione andrà a vedersi in un uso e cambio di importanza delle strade secondarie pedemontane e ad una perdita di uso delle principali, che spesso in molti tratti si impaluderanno. Vanno così a crearsi dei percorsi secondari nuovi dettati in particolare dall’espansione monastica, in particolare quella di San Vincenzo al Volturno che diverrà un centro di tale potere economico, ecclesiastico e sociale da avere proprietà e grange in pratica in tutto il Sannio così come lo conosciamo oggi. L’espansione monastica, gli interessi economici di nuovi dominatori, Longobardi prima, Normanni dopo andranno a creare come accennato nuova importanza a strade secondarie e a crearne di nuove, amplificando la viabilità verso l’area Campana e costiera. Il nuovo spostamento delle popolazioni verso le aree pedemontane farà si che alcune aree parzialmente impaludate non saranno più abitate e coltivate trasformandosi di fatto in aree umide boschive. Tra il XVII ed il XIX secolo queste stesse aree diverranno una sorta di demanio reale, meglio conosciuti come casini di caccia e tali diverranno Torcino, la Selva di Gioia, alcune aree alle porte di Torrecuso. Ma proviamo per comprendere infine e poi concludere come era il territorio ed i collegamenti nel Sannio dagli scritti di Atto Vannucci, ovvero: “Storia dellItalia antica scritta da Atto Vannucci. Terza edizione accresciuta, corretta e illustrata coi documenti” pubblicazione del 1873

“….a mezzodì dei Frentani era la regione che più propriamente appellavasi Sannio, situata nei gioghi dell’Appennino tra i monti Matese e Taburno, e confinata a ponente dai Volsci, dai Marsi, dai Peligni e dalla Campania, a mezzogiorno dalla Lucania, e dall’ Apulia a levante. Qui intorno all’aspro Matese, come già abbiamo narrato, fermò dapprima le sue sedi la colonia sabina che poscia cresciuta di gente si sparse pei luoghi all’intorno, e dette origine a tutti i popoli chiamati Sanniti o Sabelli. Sulle prime essa cinse il monte Matese di quattro forti città, che fossero come altrettante barriere ai quattro aditi opposti, cioè Boviano, Esernia, Allife e Telesia.

Tra Boviano e Telesia sopra un monte adiacente al Matese, presso le fonti del Tamaro stette lantica Sepino, anchessa popolosa, e forte di mura poligone delle quali oggi pure si vedono i ruderi sul monte vicino alla città moderna che serba lantico nome. Queste erano le città principali dei Pentri, dopo le quali ebbero Sirpioa mezzodì di Sepino; Callife e Ruffrio non lungi da Allife; la ricca e forte Duronia a settentrione dEsernia dove un ramo del Trigno si chiama ancora Durone; Treventodetta anche Terevento, Terebento, e Tervento dove oggi è Trivento lungo il Trigno sopra alto colle; Maronea posta per congettura nella montagna di Montefalcone dove restano mirabili avanzi di mura composte di grossissimi poligoni senza cemento; Tiferno sulle rive del fiume che portò il medesimo nome, e, forse ivi presso, Cimetra, e Cominio Gerito non lungi da Boviano; e Murganzia cospicua e importante fortezza posta già a Santa Maria a Morgara con documenti , di cui dubitò la critica nuova……. 

I Sanniti Caudini posti al di sotto dei Pentri si chiamarono cosi dalla loro città di Caudio nella stretta gola che più tardi divenne infame col nome di Forche Caudine. La città stette nel giogo dei monti, dove ora vedesi Arpaia al di sopra della quale rimane sempre un sito che chiamano Costa di Cauda.

A dodici miglia di qui era Malevento o Maloento, unaltra delle loro principali città che con nome più augurato fu detta poi Benevento: la quale stava e sta anche oggi, con molti ricordi del suo essere antico, in una valle fredda e nebbiosa al confluente del Calore e del Sabato…..

Tra i Caudini sorgeva il grande e sommo Taburno, sassoso e fecondo di olivi il quale, dopo il Matese, ha il primo luogo tra i monti del Sannio. Vedesi oggi tra 

SantAgata dei Goti, Montesarchio, Vitulano e Lapillosa, con larghe pianure abbondanti di pascoli nelle sue cime, e antichi sepolcri nelle sue falde, e in ogni luogo dattorno ruderi delle vecchie dimore di cui fa ricordo la storia. A occidente di esso furono già le città di Mele, di Plistia, di Orbitanio nellodierno castello di Ducenta, di Saticula che lEpico romano chiamò aspra pei suoi monti selvosi e pei rozzi costumi degli abitanti, e fmalmente Telesia di cui rimangono molte rovine ed epigrafi nelle vicinanze della moderna Telese.”

E letto ciò si comprende quanto fosse strutturata la viabilità di un popolo montanaro, fiero, orgoglioso e ribelle che proprio nella viabilità pose le fondamenta della federazione Sannita, unica nel suo genere quale organizzazione sociale e politica, che nel suo orgoglio e nella sua volontà di indipendenza pose poi le basi a quella che sarà conosciuta come cittadinanza romana.

Autore

Figlio della migrazione italiana degli anni 60 del XX° secolo, nato in Gran Bretagna e tuttora cittadino britannico a voler ricordare il mio essere nato migrante ed ancora oggi migrante (Interno). Sono laureato in Lettere (Università di Roma “La Sapienza) ad indirizzo Archeologico-Preistorico per la precisione in Etnografia Preistorica dell’Africa, un Master di primo livello in “Interculturale per il Welfare, le migrazioni e la salute” ed uno di secondo livello in “Relazioni internazionali e studi strategici”. Sono Docente a contratto di Demoetnoantropologia presso l’Università di Parma e consulente per il Ministero della Cultura in ambito Demoetnoantropologico. Mi occupo di relazioni con le comunità di diversa cultura del territorio di Parma e Reggio Emilia scrivo di analisi geopolitiche e curo una rubrica (Mondo invisibile) sul disagio sociale. Nel tempo libero da decenni mi occupo di ricerca antropologica, archeologica e storica del territorio della mia terra, della terra delle mie radici, Gioia Sannitica. Collaboro con diverse realtà divulgative e scientifiche on line (archeomedia.net- paesenews.it-Geopolitica.info-lantidiplomatico.it) creo eventi culturali, cercando sempre di dare risalto alla mia terra non intesa solo come Gioia Sannitica ma di quella Media Valle del Volturno, che fu il Regno Normanno di Rainulfo II Drengot.