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Nel 1734 il Regno di Napoli andò a creare all’interno del proprio esercito i Reggimenti Svizzeri, questi inizialmente erano a seguito delle truppe di Carlo di Borbone durante la conquista del Regno il quale poi in data 7 ottobre 1734 li inquadrò attraverso delle Capitolazioni. Le Capitolazioni erano intese come trattati e convenzioni di arruolamento, erano di fatto simili a ciò che oggi sono i contratti di arruolamento nella Legione Straniera Francese e definivano i tempi di arruolamento per ufficiali e soldati, il trattamento economico, diritti e doveri del milite e siccome il contratto era suddiviso in capitoli, da qui la definizione di Capitolazioni. I numeri dei reggimenti nel tempo andarono a crescere, nel 1825 erano 4 suddivisi in 2 battaglioni e 6 compagnie ognuno, per un totale di seimila uomini, fino a giungere nel 1859 a poco meno di diecimila. La particolarità non era tanto l’arruolamento di volontari elvetici in sé, ma ciò che tale infusione di stranieri portò nel Regno di Napoli. Infatti a questi militari seguirono spesso i familiari che andarono a crearsi delle attività economiche, ma ancora più importante fu l’attenzione posta prima alla città di Napoli e poi in altri luoghi del Regno di centinaia di imprenditori elvetici che ebbero come punto di riferimento la comunità cresciuta intorno ai militari già presenti.
Ad attirare l’attenzione di tali imprenditori furono innanzitutto le importanti agevolazioni sul lavoro e sulla tassazione dettate in più occasioni già a partire dal Regno di Carlo di Borbone ma proseguite anche ed in particolare durante il Regno Murattiano ed il blocco napoleonico. Ciò portò ad avere, tra il XVIII ed il XIX secolo due categorie principali di immigrati svizzeri, ovvero soldati ed imprenditori, ed intorno a queste si formò una importante comunità costituita da insegnanti, religiosi, studiosi e medici, alcuni dei quali contribuirono a fare la storia di Napoli e del Regno. Raggiunsero il Regno oltretutto attirati da vantaggiose condizioni economiche e dalle importanti possibilità di investimento, agenti di commercio, banchieri, cioccolatai, imprenditori tessili e della carta.
Nel 1760 tra i primi a giungere nella capitale vi fu Frederic Robert Meuricoffre che fondò una banca che divenne la più importante della capitale. Nel 1812 giunse Jakob Egg che da Winterthur si trasferì a Piedimonte di Alife (oggi Piedimonte Matese in provincia di Caserta) in Terra di Lavoro ove istituì quella che divenne una delle più grandi aziende tessili del Regno e soprattutto della Penisola che arrivò ad impiegare 1300 operai, meglio conosciuto come Cotonificio Egg. A Scafati (oggi in provincia di Salerno) Giovan Giacom Meyer già caposala agli impianti Egg, fondò nel 1825 il cotonificio Meyer e Zollinger che arrivò ad occupare circa 1500 operai. Le cartiere di Isola del Liri (oggi in provincia di Frosinone) in Terra di Lavoro fondate da Carlo Antonio Beranger nel 1812 poi cedute al francese Carlo Lefebvre che aveva già fondato la cartiera del Fibreno, in meno di venti anni divennero il più grande centro produttivo del Regno.
Nel 1835 Federico Wenner fonda nella Valle dell’Iri, in società con Corrado Schlaepfer la Schlaepfer Wennwer e C. una società per la filatura e tessitura del cotone la quale due anni dopo ha ben tre fabbriche, una a Salerno con 200 operai, a Nocera Inferiore con 1400, ad Angri con 1000 operai. La particolarità di tali imprenditori sta anche nel fatto che erano spesso supportati negli investimenti da banche della madrepatria, interessate ad investire nel Regno di Napoli ben sapendo che gli imprenditori svizzeri erano slegati dai fenomeni politici e per nulla interessati a questi, rispettando con precisione la restituzione dei prestiti ricevuti, ed anzi proprio per tale visione di “neutralità” tendevano a reinvestire capitali che favorivano gli interessi delle banche della madrepatria. Ma l’interesse degli imprenditori era legato anche ad importanti peculiarità ambientali e tecnico logistiche. Innanzitutto la possibilità, soprattutto nell’area di Terra di Lavoro, della Valle dell’Iri e nell’entroterra napoletano e salernitano di coltivare il cotone, il lino, la canapa mentre nelle zone pedemontane interne quali le aree della Media Valle del Volturno, la coltivazione della Robbia dalle cui radici si produceva un colorante naturale il cosiddetto Rosso di Adrianopoli e dove inoltre si producevano ingenti quantità di lana, (nel 1825 nell’area del Matese, Media Valle del Volturno erano presenti settecentomila pecore su una popolazione di quarantaquattromila abitanti) che parzialmente lavorata in casa dagli allevatori veniva poi ceduta anche alle filiere per la lavorazione finale. Ma ancora vi era la possibilità di commerciare il prodotto finito non solo all’interno del Regno ma soprattutto su tutta l’area del bacino mediterraneo attraverso una flotta commerciale regnicola numerosa e ben organizzata.
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Tale imprenditoria per molti decenni non solo fece concorrenza all’imprenditoria francese ed inglese ma dominò i mercati esteri aiutati anche da una politica protezionistica dei Borbone che ne favorì l’ascesa, migliorando poi le condizioni economiche soprattutto delle zone interne del Regno dove avevano costruito gli impianti. Alcuni di tali imprese ed impianti giungeranno, attraverso le vicende del Regno di Napoli prima e del Regno delle Due Sicilie e l’Unità d’Italia dopo, tra alterne fortune, fino agli anni del secondo conflitto mondiale, attraversando le vicende storiche e conformandosi a nuove tecnologie e impianti in un continuo ammodernamento di questi. Il miglioramento delle condizioni economiche dei luoghi ove erano istituiti gli impianti furono così importanti che di fatto tra impiegati negli opifici stessi, nella coltivazione di cotone, lino, canapa e robbia, affiancata dalla produzione di lana la disoccupazione era uguale a zero. Tutti gli impianti descritti sfruttavano quale forza motrice le acque di importanti corsi d’acqua; un particolare esempio era l’opificio Egg di Piedimonte d’Alife che usava le acque della sorgente del Torano per sviluppare la forza motrice necessaria al funzionamento dei telai giungendo ad averne in funzione 500 nel 1834. Nati per la maggior parte durante il blocco continentale napoleonico (1806-1815) gli opifici regnicoli dopo la restaurazione ricevettero la fiducia di casa Borbone (in una continuazione delle azioni intraprese da Murat) e per migliorarne le attività nei luoghi furono migliorate le vie di comunicazione e collegamento. A Piedimonte di Alife con un progetto del 1814 fu migliorata e di fatto costruita ex novo la strada di collegamento tra Piedimonte di Alife e Gioia (oggi Gioia Sannitica) che andò ad innestarsi sulla esistente Gioia- Telese, la quale rispetto al passato permise un agevole movimento di carri nei due sensi, una riduzione del 10% della distanza, ed una solida carreggiabile percorribile anche durante i piovosi periodi invernali quando la vecchia strada di fatto scompariva a tratti tra crolli ed allagamenti. Tutto ciò in funzione di un più agevole movimento dei prodotti destinati al cotonificio (cotone, lino, robbia). Oltretutto l’opificio Egg fu anche una istituzione dal punto di vista sociale, negli impianti vi lavorarono nei decenni, fino a 400 tra orfane ed ex galeotte, le prime provenienti dall’ orfanotrofio dell’Albergo dei Poveri di Napoli. Alle orfane ed alle galeotte veniva garantito l’insegnamento di un lavoro e l’ospitalità anche oltre la maggiore età, con la scelta di poter restare poi a lavorare presso l’opificio stesso.
Non vi è dubbio che tale migrazione economica nel tempo aveva portato, come detto, importanti cambiamenti nei luoghi, importando attività che non esistevano o erano allo stato embrionale quali le filande, ma in particolare le cartiere e gli opifici a carattere industriale, che non solo ammodernarono le attività ma crearono un enorme indotto ed un valore economico aggiunto tale da rendere l’allora Regno di Napoli e delle Due Sicilie una vera e propria potenza economica internazionale nei settori citati, con esportazioni che giunsero fino agli Stati Uniti divenendo veri e propri concorrenti di Francia e Gran Bretagna. Una migrazione economica di grande interesse, nata come mercenaria di uomini al soldo dell’esercito del Regno, evolutasi in un importante fenomeno economico nel giro di meno di un ventennio dall’arrivo e dagli investimenti in loco. Una migrazione che fece indubbiamente la differenza, ma oggi quasi dimenticata anche tra quelle realtà territoriali che hanno conservato le tradizioni manifatturiere industriali che accompagnarono i cittadini elvetici alla ricerca di una nuova vita.