• 21 Novembre 2024
Alimentazione

“Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d’acqua fresca, e no bicchiere de vino janco, e quanno vide ch’accomenz’a fa lle campanelle, e sta p’asci a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempe co lo lanatiuro e quanno la pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta…”

La prima ricetta ufficiale della Zeppola Napoletana venne scritta, in dialetto napoletano, nel 1837 da Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, nel suo trattato di Cucina Teorico-Pratico.

Ma… e per le zeppole di San Giuseppe di “ma” ce ne sono tanti. 

Cento anni prima che Cavalcanti ce ne fornisse la ricetta in napoletano, le suore ( non si sa se  quelle dello Splendore e della Croce di Lucca o quelle di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno) le prepararono come dolce conventuale, dandole la forma che si avvicina di più a quelle odierne.

E fino a pochi anni fa, per le strade di Napoli, si potevano incontrare i “frittellari” come  raccontava Goethe in visita nel capoluogo partenopeo verso la fine del Settecento:  “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti… ”.

Nel 1400, il Viceré di Napoli, Juan II de Ribagorza, prediligeva  le zeppole come uno dei suoi dolci preferiti.

Sulle origini delle zeppole, però, la leggenda risale ad antiche e divergenti tradizioni. A dire il vero le leggende sono due.

Nella prima si racconta che, dopo la fuga in Egitto della Sacra Famiglia, San Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, oltre a fare il falegname, iniziò a cimentarsi nel mestiere di friggitore ambulante (A Roma San Giuseppe viene simpaticamente chiamato “ER FRITTELLARO”, in una poesia degli anni ‘50 di Checco Durante).

L’altra leggenda ci porta nel 500 a.c. quando a Roma, il 17 marzo, si celebravano le Liberaria , feste in cui si friggevano nello strutto bollente frittelle di frumento in onore di Bacco e Silento dei del vino e del grano. Con Teodosio II venne proibito qualsiasi culto pagano, ma le frittelle delle Liberaria, ormai radicate nelle consuetudini culinarie dei romani, vennero progressivamente assimilate dal Cristianesimo che fissò il 19 marzo la festa di San Giuseppe.

La zeppola di San Giuseppe nasce, infatti, fritta anche se oggi per renderla più leggera viene fatta al forno.

Nella versione odierna si usa la pasta choux, un impasto che risale al ‘500, quando venne creata da un pasticcere italiano al seguito di Caterina de’ Medici a Parigi, e arricchita al centro da Crema pasticcera guarnita con amarene sciroppate.

Ma perché “Zeppola”?

Le teorie sono molte. Alcuni  ne attribuiscono l’origine a “zeppa”. A Napoli la zeppa è il sostegno di legno che si usa per correggere l’equilibrio dei mobili. E qui è chiaro il riferimento a San Giuseppe e al suo mestiere. Ma quella che piace di più ai napoletani è che prenda il nome da colui che viene considerato l’inventore della zeppola da strada,  Zi’ Paolo.

Per ottenere delle zeppole di San Giuseppe perfette, occorre prepararle con una doppia cottura. Un procedimento un po’ lungo, ma una prima cottura in forno molto veloce le farà gonfiare creando una crosticina che gli permetterà di non impregnarsi d’olio friggendole. 

E, se ci mettiamo tanta pazienza, il successo è assicurato. Non scoraggiatevi.

Buon lavoro e buon appetito.

Zeppola di San Giuseppe

Ingredienti 

150 gr. di farina 00

250 gr. di acqua

50 gr. di burro o strutto 

4-5 uova medie

Un cucchiaino di zucchero a velo

Un abbondante pizzico di sale

Olio di semi per friggere

Per farcire

Crema Pasticcera 

Amarene Sciroppate

Preriscaldare il forno a 200° in modalità statica.

In un pentolino mettere l’acqua, il burro a tocchetti, il sale e portare ad ebollizione. Come si raggiunge il bollore e si formano le bollicine, versarci in una sola volta la farina. Girare energicamente con un cucchiaio di legno per qualche secondo, spostare dal fuoco e continuare a mescolare fino ad ottenere un composto denso e gommoso che si stacca dalle pareti. Riportare sul fuoco e far cuocere ancora per un paio di minuti. 
Trasferire l’impasto in una ciotola per farlo raffreddare Quando la temperatura si sarà abbattuta, aggiungere le uova una per volta, sbattendole leggermente, ma il 5° uovo aggiungerlo a cucchiaiate, dato che potrebbe non servire tutto. Unire lo zucchero a velo e lavorare fino ad ottenere un composto morbido e sodo, simile a una  crema molto densa.

Mettere l’impasto in una sac à poche con beccuccio a stella e realizzare le forme direttamente su una teglia rivestita con carta forno. Fare due giri uno sull’altro avendo cura di fare il secondo verso l’interno quasi a chiudere, ma mantenendolo, il foro centrale. La dimensione delle zeppole dipende dal beccuccio che si utilizza. 

Cuocerne al massimo 3 o 4 per volta, e infornare per circa 10/11 minuti, tempo necessario per creare una sorta di pellicina sulle zeppole che permetterà di staccarle facilmente dalla carta forno. Appena sfornate friggerle immediatamente.
Mentre sono in forno preparare l’olio in un pentolino, che non dovrà essere bollente ma caldo, intorno ai 170 gradi, altrimenti la zeppola cuocendo in fretta non si gonfierà, e far cuocere 1 minuto circa per parte. L’olio dovrebbe essere cambiato ogni 5-6 zeppole, altrimenti le ultime prenderanno un colore scuro e odore di fritto.

Scolare con un mestolo per fritti su carta assorbente e aspettare che si raffreddino prima di farcirle.

Riempire una sac à poche con la crema e riempire, facendo un cerchio, la parte centrale della zeppola. Guarnire con un’amarena sciroppata al centro della crema.

Autore

Babette è una studiosa di cultura materiale ed in particolare di alimentazione. Si dedica a sperimentare soprattutto piatti d'epoca rivisitandoli senza alterarne la natura. Sta per pubblicare un libro di storia culinaria corredato da ricette