Il Benin è un piccolo Stato dell’Africa Occidentale e Cotonou è la città più grande ed importante del paese, cuore pulsante economico e sede dell’unico aeroporto internazionale.
La località più interessante nei pressi di Cotonou è il villaggio di Ganvié, dove vivono circa 30mila Tofinou in capanne costruite su palafitte al centro del lago Nakoué. Questo villaggio di pescatori è davvero caratteristico e l’unico modo per arrivarci e’ con una piroga locale.
I Tofinou si insediarono al centro del lago proprio nel sfruttare il fatto che i Fon, etnia del regno di Dahomey, non avessero un rapporto con l’acqua e temevano proprio gli spiriti dell’acqua. In questo modo ingegnoso riuscirono a sfuggire alle razzie dei Fon, che erano sempre alla ricerca di nuovi prigionieri da vendere come schiavi agli europei. Il Benin stabilì relazioni commerciali fondate sulla tratta degli schiavi con gli europei, in particolare con i colonizzatori portoghesi prima e olandesi dopo, giunti nel tardo XV secolo. Nel 1892 giunsero i francesi e nel 1899, il territorio entrò a far parte della colonia dell’Africa Occidentale Francese. Nel 1958, fu garantita l’autonomia come Repubblica del Dahomey e nel 1960 seguì la piena indipendenza. Dopo l’indipendenza, come in tutti i paesi africani, seguirono numerosi golpe e cambi di regime prima che il controllo del potere fosse preso da Mathieu Kérékou, nel 1972. Kérékou stabilì un regime di tipo marxista e divenne Repubblica Popolare del Benin nel 1975. Verso la fine degli anni ottanta, Kérékou abbandonò il marxismo e incominciò una transizione dal socialismo al capitalismo.
Oggi il Benin è uno dei paesi più democratici dell’ Africa, anche abbastanza aperto se lo vogliamo confrontare con i suoi vicini tumultuosi come il Togo e soprattuto la Nigeria, ma rimane comunque un paese sottosviluppato con tutte le sue mille contraddizioni. La gente del Benin è molto tranquilla, forse un po’ troppo dato che tutto è eccessivamente lento, dal mangiare al cambiare i soldi, dal comprare una scheda locale all’aspettare un mezzo di trasporto che parta senza avere un orario preciso se non si riempie, tutto è terribilmente lento.
Adagiata sulle sponde del Lago Nouké si può ammirare Porto Novo. Si differenzia dalla frenetica Cotonou grazie anche alle sue vie alberate, le splendide architetture coloniali, il ritmo di vita tranquillo e gli interessanti musei. I portoghesi le diedero questo nome per ricordare la città di Porto quando nel XVI secolo fondarono qui un centro per la tratta degli schiavi. Girovagando per la città si possono ammirare i templi del Vudù e si osservano molti elementi connessi a questa particolare religione. Tra tutte le feste africane, quella del Vudú di Ouidah, è una tra le più belle e pittoresche, con infiniti canti e danze. Il 10 gennaio si celebra questa religione in tutto il paese, ma è soprattutto sulla spiaggia di Ouidah che prende vita uno spettacolo unico di tradizione, magia e cultura senza precedenti. Ouidah è la città più interessante del Benin proprio per la festa del Vudù che richiama turisti, religiosi e curiosi da tutto il mondo. Ouidah è una città tranquilla e rilassata ed è un piacere girarla a piedi e godersi un pò di vita locale. Ouidah è una meta irrinunciabile soprattutto per chi è interessato al Vudù e alla storia della tratta sugli schiavi. Infatti dal XVII alla fine del XIX secolo, da qui furono deportati verso le Americhe uomini catturati in tutta l’Africa Occidentale. Sulla spiaggia c’è il ‘Punto del Non Ritorno, un toccante monumento commemorativo che indica il luogo di deportazione e, da qui, una volta partiti non ritorneranno mai più in Africa. Questa pagina triste del Benin è visibile ovunque in città, cosi come i richiami alla religione Vudù. Il Vudù è stato riconosciuto solo nel 1996 come religione e da allora il 10 gennaio è stato dichiarato festività nazionale, con celebrazioni in tutto il paese. A Ouidah le celebrazioni avvengono prima sulla spiaggia e poi si espandono in tutta la città, vi partecipano i capi massimi del Vudù e politici del Benin ma anche di altri Paesi dove questa religione è praticata. Pregare il Vudù è anche legato alla magia e a tutta una serie di feticci e credenze che seguendole, consentono di portare giovamento nella propria vita. Realtà e finzione, magia e religione si sono unite insieme per dare vita a un festival unico nel suo genere e irripetibile. ll Vudù è stato introdotto ad Haiti e a Cuba con l’arrivo degli schiavi del regno del Dahomey e si mescolò con il cattolicesimo. A differenza di quanto comunemente si ritiene da falsi miti dell’occidente, il vudù non è un fenomeno legato solo alla magia nera, ma è una religione a tutti gli effetti, ed è dotato di un profondo corpo di dottrine morali e sociali. La Chiesa cattolica ha combattuto duramente questa religione africana, a causa del suo insieme di superstizioni e magia nera.
L’Occidente, non si smentisce mai, prima nel schiavizzare popoli e poi con false motivazioni tende a screditare chi è diverso, cosa che è accaduta anche a questa religione tra le più antiche del mondo. Ma da pochi anni è riuscita ad ottenere quello che merita, il rispetto come qualsiasi altra religione.