• 21 Novembre 2024
Editoriale

Adam Smith è noto come il padre fondatore dell’economia politica. Il suo libro è un classico senza tempo della “materia”: “Ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” che è citato sempre nella versione abbreviata: “La ricchezza delle nazioni”. Chi lo ha davvero letto? Pochi, pochissimi. Eppure, in tanti, tantissimi si sono applicati per confutare le teorie del pensatore scozzese. Marx, ad esempio, non fece mistero che la sua intenzione era proprio quella di “superare” il liberalismo di Smith e di Ricardo perché vi vedeva una sorta di cassaforte della società borghese che era nascosta dal diritto, dal mercato, dal parlamento, dalla religione, tutta roba che Marx ed Engels consideravano degli oppiacei per non far capire niente a nessuno. Tuttavia, sappiamo che mentre dalle teorie di Smith viene a noi realmente la ricchezza e la libertà, dalle teorie di Marx e del suo fido Engels son venute al mondo povertà e schiavitù. Ecco perché è utile un testo di Maria Pia Paganelli che si offre come una sorta di Virgilio per entrare nel gran mondo di Adam Smith: “La ricchezza delle nazioni. Guida alla lettura” (edito IBL libri).

Naturalmente, l’economia non ha atteso né Adam Smith né David Ricardo per venire al mondo ed è nata, si potrebbe dire, con il mondo stesso. Ma la teoria economica, con cui sono elaborati ed approfonditi i concetti dell’azione utile, ha nel gran libro di Smith il suo primo trattato in età moderna. “La ricchezza delle nazioni” è la difesa pensata della società commerciale. Il compito che Smith si diede fu quello di riconoscere i pregi della “società aperta” ante litteram e di avvertire che l’eccesso di Stato può compromettere i benefici creati dai liberi scambi. Quando Smith afferma che lo Stato lasciando libero ogni individuo di conseguire il massimo benessere personale assicurerà il benessere a tutti gli individui, ci dice che l’intervento dell’azione governativa nelle vite e nelle scelte delle singole persone ha un limite oltre il quale produce più danni che benefici. La famosa “mano invisibile” di Smith è più una caricatura del suo pensiero che davvero il suo pensiero. E’ usata più dai suoi detrattori che dai suoi ammiratori. Infatti, ciò che va messo davvero in luce non è tanto che l’interesse dell’individuo ha ricadute positive sulla società ma che la “mano visibile” dello Stato guidata dai “nemici della società aperta” non può spingersi troppo in là fino al punto di negare la libertà economica perché i suoi danni ricadrebbero su tutti. Smith precursore di Popper o, meglio, Popper seguace di Smith.

Autore

Saggista e centrocampista, scrive per il Corriere della Sera, il Giornale e La Ragione. Studioso del pensiero di Benedetto Croce e creatore della filosofia del calcio.