Anche il giornale britannico “The Guardian” è tornato sulla condizione dei lavoratori nel settore agroalimentare della nostra provincia. Siamo, come territorio pontino, diventati perciò l’esempio negativo per lo sfruttamento del lavoro.
Non è cosi e questo non corrisponde alla verità sia perché l’economia del nostro territorio non è tutta malata, sia perché il fenomeno del caporalato, come vedremo, non è limitato alla nostra provincia. Vediamo perciò prima cosa accade nel resto d’Italia. Eppure il “The Guardian”, descrivendo l’ultimo decesso in agricoltura, del quale per la verità non si conoscono ancora le cause, racconta tutte le anomalie del nostro sistema agroalimentare e riporta solo le denunce di alcuni sindacati e delle associazioni di difesa dei diritti civili, omettendo però tutte le argomentazioni e gli orientamenti delle associazioni imprenditoriali tipo Confagricoltura e Coldiretti.
E’ emerso perciò che Latina e la sua provincia sia il ricettacolo di tutti i caporali che prosperano nel mercato dell’immigrazione clandestina. Proprio per questo cercherò di chiarire la vera situazione e di ridimensionare questo pregiudizio, leggendo con obbiettività la realtà quale realmente è. Per inciso questo tipo di controinformazione è iniziata invitando ad una serata organizzata dall’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti) il Presidente Nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.
Innanzitutto ci siamo resi conto che purtroppo in Italia non siamo soli in questa situazione, lo dimostrano le varie inchieste che sono state avviate nel resto del Paese sul fenomeno del caporalato. L’ultima delle quali, toccando il Nord Italia, è quella di Lodi, dopo il Piemonte, la provincia di Verona e quella di Livorno. In un’azienda della provincia di Lodi, infatti oltre mille lavoratori sarebbero stati sottoposti a orari di lavoro esasperanti, fino a 500 ore al mese, per pochi euro all’ora; sono emerse 1.054 posizione lavorative irregolari fra il 2017 e 2023, con turni mensili doppi, senza ferie, permessi e riposi, con picchi fino a 512 ore mensili.
La Cisl dal canto suo ha denunciato un nuovo caporalato “digitale” nei cantieri edili milanesi per intermediazione illecita del lavoro, spiegando che esiste addirittura un sistema strutturale in pezzi rilevanti dell’economia italiana. A Bologna inoltre esiste una sorta di “caporalato delle badanti”, che recentemente ha portato all’arresto di tre persone. In sostanza i caporali fornivano badanti alle famiglie che ne facevano richiesta pubblicando annunci sui social network. Le lavoratrici, quasi sempre straniere e senza formazione specifica, venivano gestite dai caporali, che le accompagnavano persino sul luogo di lavoro: i contratti sottoscritti dalle badanti spesso prevedevano lavori h24 e sette giorni. Casi simili sono stati rilevati in Emilia- Romagna ed a Firenze.
Un’inchiesta condotta dai carabinieri e coordinata dalla magistratura modenese ha fatto emergere che tra Modena e Bologna in tanti cantieri, circa il 60% dei manovali sono immigrati: marocchini, tunisini, pakistani, moldavi, albanesi, che vengono pagati con paghe di un euro all’ora sotto intimidazioni e ricatti. Ma potremmo continuare all’infinito, perché quasi la metà dei lavoratori sono irregolari, più di un’azienda su due non è a norma. E’ il quadro emerso dai controlli congiunti effettuati nel settore agricolo da Inps, carabinieri e Ispettorato del lavoro nelle provincie di Mantova, Modena, Caserta e Foggia, tutti territori ad alta densità di braccianti. Lavoro nero e soprusi continuano a essere la vergognosa normalità in molte campagne italiane, anche se forse qualcosa sta cambiando: dopo la tragica fine del lavoratore indiano, scaricato davanti a casa sua a Latina. Sono state ispezionate nel complesso 109 aziende agricole: ben 62 presentavano irregolarità (56,9%), mentre su 505 lavoratori controllati, 236 sono risultati irregolari (46,7%) sono stati scoperti 64 lavoratori completamente “in nero”. Spiega l’Inps, sono stati elevati 27 provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale per un importo pari a 76.500 euro, di cui 17 per lavoro “in nero”, 7 per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e 3 per entrambe le ipotesi, altre ammende e sanzioni amministrative per 475.932 euro. In tutto sono state denunciate 56 persone, di cui 3 per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo, 46 per violazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, 6 per violazione delle disposizioni di cui al Testo Unico sull’Immigrazione ed uno per furto di energia elettrica.
E cosi anche ad Alba è stato scoperto un sistema con tratti da caporalato. Nelle Langhe e nel Roero: “Il caporalato nelle nostre belle Langhe è un fatto che la Caritas diocesana attraverso il progetto “Presidio”, aveva segnalato e denunciato attraverso il vescovo Marco Brunetti.
Questa situazione generalizzata di caporalato, secondo il Segretario Generale dell’UGL Paolo Capone, “coinvolge non solo l’agricoltura ma anche l’edilizia, il tessile, la logistica. Ed è anche presente su tutto il territorio nazionale: più della metà delle aree di caporalato diffuso sono allocate nel nord Italia ed in particolare al nord est, segue il Sud, il centro e le isole. Il Piemonte e la Puglia sono le aree regionali più coinvolte dal fenomeno. Sebbene la maggior parte degli imprenditori non ricorra a queste forme di sfruttamento dei lavoratori più vulnerabili resta nel nostro Paese un fenomeno che, al netto della indignazione, deve essere estirpato. Dietro lo sfruttamento del lavoro, c’è sempre una grave carenza di sicurezza. La vita di uno sfruttato non vale pochi euro l’ora e di sicuro non vale il costo della formazione o delle dotazioni di protezione individuali, per cui anche organizzazioni di rappresentanza delle aziende agricole dovranno diffondere la cultura della sicurezza e del lavoro buono”. E proprio la maggiore organizzazione degli imprenditori agricoli, Confagricoltura, attraverso il direttore di Latina Mauro D’Arcangeli, deprecando quanto accaduto le scorse settimane, ha dichiarato che: “Il mondo agricolo sano è altro e chi non rispetta le regole va isolato e condannato senza mezzi termini. La nostra organizzazione è impegnata da tempo a combattere e cercare di comprendere il fenomeno del caporalato, quello che occorre è un coordinamento istituzionale che aiuti il settore ad isolare questa piaga ma anche un supporto concreto in termini di fondi per sostenere gli imprenditori sani che continuano a lavorare nonostante siano dipendenti da un mercato, soprattutto quello della grande distribuzione, che non valorizza concretamente e come meriterebbero il loro lavoro”. A lui si è aggiunto il Presidente dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti) Paolo Grignaschi, che ha ribadito quanto emerso nella recente cena sociale alla quale parteciparono il Presidente Nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti il Direttore ed il Presidente Provinciale di Latina e cioè che: ” Non possiamo tollerare che il nostro territorio venga identificato attraverso il comportamento di imprenditori che non operano secondo l’etica non solamente cristiana ma anche semplicemente l’etica naturale che impone il rispetto della vita propria e quella degli altri essere umani. La nostra associazione è fatta di imprenditori sani, capaci e corretti, tra i quali c’è anche chi opera in un settore particolarmente delicato e importante quale l’agricoltura. Sono imprenditori che considerano che la vita umana va sempre e comunque messa al di sopra di qualunque altro interesse e che considerano altresì il lavoro proprio e altrui come strumento di speranza e vita nuova, per riprendere le parole di Papa Francesco”. Anche l’altra organizzazione di categoria è scesa in campo contro il fenomeno del caporalato. Il Presidente di Coldiretti Latina, Daniele Pili, ha dichiarato: “Coldiretti da sempre si batte per garantire la sicurezza sul lavoro e una maggiore attenzione al tema del caporalato, lavorando in sinergia con l’Osservatorio Agromafie per assicurare un processo di legalità, che coinvolge le forze dell’ordine e le istituzioni, impegnate nella lotta a questo fenomeno.”… “Il mondo agricolo necessita di trasparenza. Bisogna tutelare la dignità e il lavoro dei braccianti. Bene ha fatto la Regione Lazio ad introdurre delle misure per la tutela della salute dei lavoratori”.
Ma quale è la vera realtà della provincia di Latina ? Il comparto agricolo è il vanto della nostra economia regionale e rappresenta un settore strategico sia in termini di fatturato che di innovazione tecnologica. L’agricoltura della nostra regione infatti concorre per due miliardi in termini di fatturato, che corrispondono al 2% del Pil regionale. Buona parte di questo fatturato e del prodotto lordo vendibile è prodotto a Latina e provincia. E il 60% delle nuove aperture di aziende agricole è fatta da giovani, preparati, entusiasti, molti dei quali provenienti da altri settori professionali, che vogliono restare sul proprio territorio, continuare nella storia della propria famiglia, tenere in vita usi e costumi, salvaguardare la nostra tradizione contadina, fare innovazione, utilizzando i più moderni mezzi di produzione e contribuire a salvaguardare la nostra sovranità alimentare. E vola il nostro export agroalimentare.
Proprio a Latina si è realizzata una mirabile integrazione tra il settore farmaceutico e quello agricolo. Infatti qui opera un centro di ricerca all’avanguardia e di eccellenza, quello della Bayer dove su 23 ettari di serre e di campi nella pianura si lavora per migliorare la varietà di alcune colture orticole, dall’anguria al finocchio, dalle melanzane ai pomodori, dai meloni ai peperone. Come noto la Bayer opera da sempre nel settore farmaceutico, ma da dieci anni ha scelto di abbandonare il business delle plastiche e puntare sulla salute e sulla nutrizione.
Nel 2022 il Centro Ricerche di Latina ha festeggiato 40 anni di attività e dal 2018 è diventato parte del Gruppo Bayer.
In conclusione Lazio e Latina in agricoltura sono all’avanguardia quantitativamente e qualitativamente. Quello agricolo è un settore moderno ed innovativo che non merita di andare sulla stampa anche internazionale solo per episodi tragici e deplorevoli, ma non rappresentativi di una meravigliosa realtà umana ed imprenditoriale.