Gli umili sono le persone più ricche del pianeta. Ed è proprio vero che la ricchezza non la si distingue soltanto contando i soldi in tasca, la vera ricchezza si nasconde nel profondo dell’anima dove si sente forte il battito del cuore, dove c’è ascolto e c’è silenzio, dove ci sono sorrisi e libertà di amare, dove la vita ha un valore!
Lungo la strada degli anni trascorsi è utile imparare a guardare negli occhi le persone, non avendo paura di trovare parole che non vengono dette. Fondamentale diventa l’intervento della qualità a livello strategico di interpretazione. Può diventare pericoloso farsi sorprendere dal contrario di un’apparenza che si era creduta reale, imbattendosi incredibilmente in un contesto che può aggredire la stessa sensibilità. I soldi a volte sono come il letto di un fiume che una volta in piena riesce a trascinare ogni cosa, ingoiando i margini che da sempre erano sembrate sponde sicure.
Nella vita sono tante le persone che si conoscono e che faranno parte della nostra storia, amici, partner, soci in affari. Il più delle volte chi è in buona fede, come prerogativa dell’essere, tende a fidarsi e ad affidarsi e nel momento in cui si viene traditi, il crollo è talmente distruttivo da trafiggere di netto il cuore. Uno scalpitare di sensazioni, che elargiscono sorrisi a denti stretti e frasi pronunciate mordendosi la lingua. Tutto, si basa su fondamenta che dovrebbero essere solide, per dar modo di poter costruire dei palazzi e non delle baracche sulla sabbia.
Il dialogo, non i soldi, resta l’arma più potente per combattere le incomprensioni che portano a non distinguere il dire dal fare. Si inizia dalle famiglie, all’interno delle quali ad oggi non esiste il tempo dedicato al confrontarsi. Si va sempre di fretta, i genitori si alternano i turni di lavoro per garantire che uno dei due sia a casa per seguire i figli ma non è sufficiente, sempre più spesso quegli stessi figli non ascoltano, immersi nel loro mondo irreale che li trasporta nei circuiti elettronici di aggeggi sempre più sofisticati con i quali ci si teletrasporta in mondi soggettivi che si confrontano con folli riscontri in una rete soggiogata dal virtuale. Si dimentica di essere esseri umani, ci si mimetizza in forme alienate dall’esistenza e dalla moralità. Giochini elettronici assorbono come spugna la parte cerebrale che un tempo era destinata alle scoperte del mondo e si viene risucchiati così da un vortice di maestosa assenza mentale e fisica che dura per ore, giorni, mesi, anni.
Per molti giovani il passatempo dopo le ore scolastiche diventa il gareggiare contro sé stessi e contro i coetanei, contro il presente, a discapito del futuro nel peggiore dei modi, sfidando la stessa vita che viene messa a repentaglio in una sorta di scommessa. Le cosiddette “sfide o challenge social” sono sempre più diffuse sul web suscitando, l’interesse di molte persone e soprattutto coinvolgendo gli adolescenti. Il nuovo gioco rischia di diventare consuetudine e apportare seri pericoli ed è per questo che bisogna proteggere sempre di più i bambini. Crescendo è normale il voler dimostrare a sé stessi e agli altri di essere coraggiosi in situazioni molto pericolose, di misurarsi con i propri “limiti” ma quando il concetto non rappresenta motivo di crescita ma un modo per manifestare di potere tutto è allora che iniziano le sfide che portano ad autodistruggersi.
In passato abbiamo assistito a giochi che hanno portato tanti ragazzini poco più che bambini al suicidio, sfidando treni in arrivo lanciandosi sui binari ad attraversarli, a stringersi al collo una cintura sfidando a chi resisteva di più a non finire soffocati, altri che sfidando le altezze precipitavano dai grattacieli solo per un selfie da mostrare in rete sui social. E come dimenticare la sfida di coloro che lanciavano i sassi dai cavalcavia ammazzando famiglie al volante che disgraziatamente diventavano bersagli di menti sedotte dal demone mediatico. Oggi una nuova challenge spopola fra i giovanissimi, praticare sesso senza protezione, a perdere la sfida la ragazzina che rimane incinta. Raccapricciante è stato apprendere che una tra le tante vittime di questa gara si dispera ancora ma non per il fatto di aspettare un bambino figlio dell’assurdo e di dover scegliere se abortire o meno ma per il fatto di aver perso la sfida!
Con la diffusione delle sfide anche registrate in video sui social media, il pubblico diventa enorme e partecipando si conquista sempre più visibilità con i “like” vedendo diventare i contenuti virali, raggiungendo in questo modo popolarità (e soldi) e facendo divenire sempre più forte il rischio di emulazione. Il gioco cresce giorno dopo giorno imitando e spingendo sempre più amici a partecipare, rinforzando il senso di appartenenza al gruppo. Come una palla di neve che rotola giù dalla vetta di una montagna prende sempre più neve per poi diventare sempre più grande ed impossibile ad arrestarne la corsa e la forza.
Ragazzi emarginati? Ragazzi con problematiche familiari? Colpa di chi? Dei genitori? Della società? Della vita? Tutti ne hanno colpa quanto nessuno ne è colpevole. Un rincorrersi di domande sul come e perché le generazioni sono finite nell’inciampare in un qualcosa che non sono i sassi, che cadendo sbucciano le ginocchia e insegnano a non cadere. No! Qui si cade in una rete di pescatori che sono adulti, troppo presi dal fare soldi con quei “like” conquistati in web, che attraverso dunque la maggiore visualizzazione, monetizzano il fallimento di genitori e figli arricchendo le casse di strozzini di dignità. Ed è in un batter di ciglia che ogni possibile sogno, si brucia in una sfida. Ogni passo fatto in avanti per imparare a camminare in questo presente, per raggiungere il futuro, diventa un passo in più per raggiungere il trampolino e realizzare il salto nel vuoto, in un vuoto che porterà al solo schiantarsi contro le voragini degli abissi, che a spirale porteranno fino agli inferi del non divenire, del non essere mai più degli uomini e delle donne non segnate dal sigillo della follia.
Il lavoro più importante da realizzare è di essere da supporto agli adolescenti, insegnando loro di essere in grado di gestire le proprie emozioni con senso di responsabilità, ponderando ogni scelta autonomamente e non seguendo il gregge. Devono imparare ad ascoltare il proprio pensiero, le proprie idee soprattutto davanti a chi vorrebbe imporsi. Fondamentale far capire a questi ragazzini che nel momento in cui si ha la sensazione di non saper gestire le proprie azioni, bisogna chiedere aiuto, senza timore di essere giudicati, perché oltre il giudizio c’è la salvezza, c’è la strada che conduce alla libertà e a non sentirsi sopraffatti da certe forme di totale violenza psichica.
Dobbiamo insegnare a questi nuovi giovani a vivere la vita, perché è proprio la vita che li sfida dal giorno che vengono al mondo su come diventare talmente forti per arrivare a viverla il più possibile!
E sarà solo nel momento in cui si guarderanno alle spalle e rivedranno la storia meravigliosa che sono riusciti a costruirsi che potranno dire a voce alta e con orgoglio : “Ho vinto la mia sfida”.