Come in Olanda e in Francia, anche in Germania, gli agricoltori scendono in piazza, con proteste esasperate al punto tale da invadere con diecimila imprenditori e circa tremila trattori, Berlino, poiché è inaccettabile la dichiarazione di guerra, rivolta alle famiglie contadine tedesche, a causa della prevista abolizione delle agevolazioni per il gasolio agricolo e dell’esenzione dalla tassa sugli autoveicoli per i mezzi agricoli.
Un vero proprio affronto, alla cultura contadina e rurale ed al sistema di sopravvivenza competitivo della agricoltura tedesca a vantaggio di trasferimenti finanziari al Fondo per il Clima e la Transizione Ecologica. Ovviamente l’assenza dei sussidi, comporta un riverbero su costi aggiuntivi, e sui prezzi dei prodotti finali a danno dei consumatori, conseguentemente una minore competitività e una inevitabile riduzione dei profitti.
L’anacronismo economico, delle sovvenzioni relative ai combustibili fossili, decretata e aboliti dall’esito mondiale decisionale del Cop28’ a Dubai, pone delle scelte nazionali anti-sovrane sia per la Germania e per altri Stati membri europei, determinando una transizione dal diesel all’elettrico o all’idrogeno, e una declinazione green ecosostenibile ancora lontana da una reale applicazione, e alimenta la protesta degli agricoltori, che avvertono un accanimento settoriale nei loro confronti a vantaggio di una transizione green, definita e sottoscritta con obiettivo a emissione zero per il 2050, con un modello “transition away” , ossia, graduale e programmato senza rifondere scossoni , al settore agricolo nell’immediato e senza impennare nuovamente il fenomeno dell’inflazione.
La radicalizzazione di scelta politica, del governo tedesco, comporterà un cambiamento inevitabile nelle decisioni elettorali e nei loro risultati. Ovviamente la manifestazione, di protesta, ha fatto scendere in campo, anche altre categorie collaterali, in particolare del settore della logistica e dei trasporti, la rivolta ha interessato blocchi e cortei estesi in diverse città e autostrade, una protesta che monterà ancora contro il Green Deal di Ursula von der Leyen, al punto tale da mettere in crisi la catena di approvvigionamento e destabilizzare la Germania all’interno dell’Eurozona. Nasceranno nuovi soggetti di rottura politica che guarderanno all’Europa con spirito politico, assolutamente diverso, infatti, si registra la crescita di forze estremiste e antisistema.
Le proteste olandesi sono state istigate, altresì, dalla riduzione del numero di capi di bestiame, delle aziende agricole per tutelare l’ambiente e ridurre le emissioni di azoto nel Paese, quindi, gli allevatori ritenuti colpevoli dell’inquinamento globale, sono stati sottoposti alla chiusura di circa 3000 aziende agricole vicine a particolari riserve naturali, a protezione delle biodiversità e della loro estinzione. La stessa situazione o similare in Francia, l’establishment dei governi cercano soluzioni drastiche a problemi reali a danno del sistema agricolo in generale e degli allevatori, questi, convinti sempre più che la coltura artificiale delle carni in laboratorio non solo prenderà il sopravvento ma sostituirà e vanificherà la zootecnia rurale a vantaggio delle multinazionali, create da filantropi speculativi e esposte finanziariamente nel mercato per spingere verso una sostenibilità del clima insostenibile, nell’economia reale.
Insomma, un eco ruralità paradossale, spinge sull’orlo del suicidio da sistema migliaia di agricoltori e allevatori, sottoposti a misure adottate dall’Unione Europea, sempre più restrittive in un momento di crisi, energetico, che ha implementato un’inflazione da profitto, surreale, e messo un intero sistema in ginocchio, un sistema, che rappresenta la cultura e la diversità culturale delle nazioni europee, caratterizzato da un patrimonio di tradizioni, e di sovranità alimentari uniche a beneficio del Pil di ogni nazione della Unione Europea.
L’economia di mercato globale, sta subendo una profonda e radicale trasformazione, pertanto non si sottrae da un’analisi economico capitalistica ecologista che non si dissocia da una crisi ecologica globale. Già rilevata da Karl Marx, che pur essendo accusato, dalla nomenclatura dell’epoca e successiva, di una sua personale ingerenza antiecologista, invece, secondo il filosofo giapponese, Kohei Saito, che reinterpreta la dottrina marxista alla luce di scritti inediti, “Quaderni di scienze naturali”, dove Marx pone la sostenibilità al centro della critica del capitalismo industriale e delle sue derive, considerate dalla lotta operaia unica soluzione, inevitabile e risolutiva alla povertà del proletariato.
“L’eco-socialismo di Karl Max”, dice Saito, “ci illumina sulla desertificazione, sui fenomeni della deforestazione, l’esaurimento e arsura del suolo, e addirittura dell’estinzione delle specie, derivanti da una modernizzazione dell’industrializzazione”. Marx era giunto alla conclusione che il capitalismo, fortemente industrializzato non comporta solo sfruttamento degli umani, e del proletariato, ma anche della natura e della nostra distorsione metabolica con essa. Lo stesso Marx, già rivendicò una società post- capitalista sostenibile, eco sociale, che poneva le basi sulla natura e sulla sua ruralità contadina.
Dunque, in sintesi, se l’economia non rifiuta, a priori la logica radicata dell’economia di mercato in termini di industrializzazione spinta e fa la lotta ai cultori della natura, e salva solo gli ecologisti progressisti, che i valori rurali vogliono polverizzarli a vantaggio del capitalismo, siamo in controtendenza con le predizioni marxiste, la mancanza di pensiero, che oltre al capitalismo non esiste un’alternativa di sistema è offuscata dalla governance finanziaria mondiale: oggi, si è convinti che la sostenibilità del pianeta, come l’uguaglianza e la parità di genere sia possibile secondo un sistema progressista di sinistra solo attraverso un’ economia di mercato, ristrutturata in termini finanziari, dove il gap tra risorse finanziare ed economia reale e rurale sia sperequativo a danno della seconda.
Il nostro immaginario collettivo non vede il danno e la perdita di identità della società culturale, mondiale, la cecità imposta dal pensiero dominante e dalle sue performance di marketing politico degenerativo a distorsione della cultura rurale e dei suoi benefici, che sta provocando una deriva totalitaria delle democrazie aderenti.
Imporre, una soluzione non definitiva per la salvazione del pianeta senza invertire la rotta capitalistica, senza immaginare o proiettarci oltre le soluzioni lobbistiche di sistema, e senza porre in maniera coerente la questione ecologica, in termini di sostenibilità, andiamo verso l’involuzione della crisi climatica, e l’utopia distopica di decisioni poco umane e molto finanziarie.
La sovranità alimentare non è un’etichetta di sistema al made in Italia, è valorizzare le nostre derrate alimentari e i loro sapori sensoriali di una tradizione identitaria culinaria che ci appartiene da millenni e sradicarla significa ridurre l’effetto crescita di un’economia che produce senso di appartenenza e competitività di nicchia a livello mondiale.
Ma è forse questo che si vuole, in questa Europa progressista: proteggere il capitalismo finanziario dirompente delle multinazionali che danneggiano, aree sconfinate di patrimonio mondiale per disporre il loro profitto, a danno di una ruralità secolare che va aiutata ad essere sostenibile non defraudata e penalizzata, le sovvenzioni climatiche devono passare dall’economia reale, in una sorta di circolarità, dove l‘effetto- beneficio derivi dà una reale transizione green, a protezione della ruralità di un sistema contadino.
La questione ecologica rurale così facendo, secondo il governo tedesco francese e olandese, viene marginalizzata, ghettizzata, non possiamo negare che oggi è la governance finanziaria mondiale che con il sostegno capital-azionario sta creando a margine di scopo anche fruttuoso, l’attuale crisi ecologica globale. Monterà un elefante di extraprofitti, finanziari, che agevolerà la volata dell’euro digitale, e produrrà un trend discendente dell’economia reale, la sussistenza che si vuol propinare in sostituzione di una reale economia eliminando, coltivazioni, allevamenti, con il tempo impoverirà la sovrana alimentazione di tradizione e impoverirà il ceto medio.
La paradossale, antesignana analisi predittiva di Karl Marx, sembra essere, quanto mai attuale, in un sistema abnorme che tende all’autodistruzione.
In Europa montano senza sosta le proteste, un po’ ovunque e pongono dei quesiti, di rivisitazione dell’agenda verde dell’Unione Europea, già in parte approvata, e i vincoli di riforma pure, l’unica possibile riforma potrà apportarla una nuova governance pubblica europea, in grado di riportare gli equilibri tra ecologismo e sostenibilità ambientale, con riforme controrivoluzionarie, che pongono uno sguardo all’innovazione e alla crisi climatica e uno sguardo alla tutela del patrimonio culturale rurale europeo, che sta subendo un totale disfacimento, con somma credibilità della geo-ingegneria politica ecologista, spinta fino all’ostracismo finanziario globale.