La magia del Natale è vissuta dai bambini con molta più intensità condivisa in età adulta. Il periodo di Natale infatti viene vissuto con un senso di angoscia, quasi una scocciatura, tanto da avvertire un univoco sentire: «Prima finiscono le feste meglio è…».
Ma per quale ragione il Natale dovrebbe suscitare un sentimento opposto rispetto a quello che un po’ tutti sentivamo da bambini?
Indubbiamente il primo elemento che si riscontra è la perdita di valore della festa in sé, vivendolo con distacco e una certa dose di aridità , a causa delle distrazioni frenetiche che la nostra vita quotidiana ci induce a subire, dai problemi familiari a quelli economici e in modo particolare dall’assenza , condivisa da gran parte delle persone, di legami sinceri e profondi.
In fondo quale dovrebbe essere il vero significato del Natale se non quello di trascorrerlo con le persone importanti della nostra vita, ricordandoci che non dovrebbe essere Natale solo un giorno dell’anno, ma bisognerebbe viverlo tutto l’anno. Così il rito cortese degli auguri quasi sempre è spezzato da una cordialità forzata nei confronti di chi non si vorrebbe scambiare parola. Ma si sa, a Natale bisogna essere tutti più buoni…
Per molte persone, il Natale ha un altro volto. Non quello luccicoso e sorridente che ammicca dai negozi scintillanti e dalla pubblicità, ma quello amaro della solitudine, della tristezza, dell’amarezza, del dolore di vivere.Queste persone al pensiero del Natale piombano in una sorta di malinconica tristezza, altri nell’ansia e nell’angoscia, altri ancora nella rabbia e in un atteggiamento irriverente.
Perché avviene questo? Perché una festa che dovrebbe unire le persone e dare gioia porta invece questi sentimenti e queste emozioni negative? Pensiamo ad esempio anche coloro che vivono un lutto o una perdita determinata da un volontario o forzato allontanamento verso chi abbiamo amato, in questi casi la festività natalizia amplifica negativamente il sentirsi soli e paragonandoci a coloro che lo vivono con tutti coloro che amano, degenera un senso di profonda tristezza e rabbia, in genere la favola della volpe e dell’uva insegna che ciò che non si può avere si disprezza, quindi disprezzare il natale con le sue cene e riunioni familiari diventa un comprensibile meccanismo di difesa.Possiamo anche pensare a chi ha avuto un’infanzia difficile e tale per cui il natale suscita ricordi di tristezza e solitudine, in cui magari passava un triste natale solo con la madre separata, il padre lontano con la sua nuova famiglia, oppure semplicemente un natale vissuto in modo trascurato, tra conflitti e litigi familiari. È chiaro che in situazioni del genere in cui vediamo continue pubblicità e immagini di famiglie felici e riunite sotto alberi e presepi non fa altro che alimentare il nostro sdegno e la nostra frustrazione.
Ci sono quindi casi in cui siamo realmente soli perché una famiglia non l’abbiamo più, o casi in cui l’abbiamo ancora ma a livello solo anagrafico perché di fatto non è percepita come fonte di affetto, di sostegno, di calore umano, ma come un semplice insieme di persone che fingono di essere felici e tra le quali realmente serpeggia una conflittualità che mal si cela. Persone che condividono ben poco a livello affettivo.Per altri che hanno problemi con sé stessi il natale porta con sé l’avvicinarsi della fine dell’anno e quindi di terribili bilanci che porterebbero solo a sottolineare i propri fallimenti dell’anno appena trascorso, ciò che non si è fatto, che avremmo voluto fare e non siamo riusciti, quindi frustrazioni e ruminazioni mentali. I giorni di festa possono essere pesanti per le persone disilluse che si aspettavano molto di più dalla vita.
Le festività di per sé sottolineano ciò che è mancato – e continua a mancare – fanno sentire molto di più il vuoto, la noia, la malinconia di essere soli, come se il soggetto meritasse una punizione, che naturalmente non merita. La festa festeggia gli affetti, ma certi affetti possono non esserci più, rimangono delusioni per promesse mai mantenute e alcuni rammarichi per non aver fatto quel che si pensava giusto non fare, mentre per queste azioni ci si è pentiti.Il senso di vuoto, la mancanza di senso sconcerta e disorienta e diventa pesante da sopportare. Quindi ecco che il Natale, festa dell’amore familiare, di coppia e festa degli affetti conviviali si tramuta in un autentico incubo, per chi l’amore non può averlo , o sente di essere solo , diventa triste e invidioso di chi egli immagina possa divertirsi e godere di amore. La festività diventa un nemico che ti obbliga a ricordarti la tua condizione psicologica, come uno specchio che ti segue per tutti i giorni delle feste e ti mette continuamente di fronte i tuoi mostri interiori chiedendoti di guardarli in faccia.Ecco quindi che il Natale, in un modo o nell’altro, ci impone di guardare in faccia i nostri disagi interiori e a volte anche i nostri drammi, il triste bilancio della nostra vita, cose che preferiremmo non vedere.
Sarebbe un Natale diverso per tutti, se imparassimo nel corso della nostra vita, l’amore nella condivisione, l’esserci gli uni per gli altri nonostante le difficoltà e le incomprensioni, esserci comunque nonostante tutto e allora potremmo essere definiti veramente autentici cristiani che hanno saputo cogliere il vero significato di una festività così importante, senza ipocrisie ma con assoluta autenticità. Oggi purtroppo siamo soli e dispersi in un mondo globalizzato dove quei significati si sono sepolti sotto il peso svalutante e isolante del consumismo, in una società globale ma i cui membri sono sempre più soli. Certamente nulla può essere cambiato se non parte prima da noi stessi a piccoli passi, allora vi lascio con una domanda diretta , dandovi la possibilità di scegliere da che parte stare… “vi sentite più Grinch o Babbo Natale”?