Leopardi, autore della Ginestra- scritta nel periodo trascorso a Torre del Greco, in Campania- apre il componimento con la descrizione delle pendici del Vesuvio:<< Qui su l’arida schiena /del formidabil monte, sterminator Vesevo…>>. Il tema dominante della lirica è la resistenza che la ginestra oppone all’eruzione del Vesuvio, definito proprio<<monte sterminator>>, in quanto distrugge tutto ciò che incontra.
Leopardi ci dà uno spunto di riflessione e di apertura per dibattere sulla cronologia storica delle eruzioni vulcaniche e, contestualmente, un motivo in più per delineare un excursus storico -letterario.
Negli ultimi tempi si sente parlare molto del bradisismo flegreo, cioè un fenomeno vulcanico che caratterizza l’area dei Campi Flegrei. L’ area maggiormente interessata è Pozzuoli. Qui le tre colonne del Tempio di Serapide-collocate nel macellum (antico mercato) di Pozzuoli -hanno rappresentato, fino al 1993, un importante strumento di misurazione del bradisismo nei Campi Flegrei. Il passato , infatti, è stato costellato da tantissime eruzioni vulcaniche , non solo legate alle zone di Pozzuoli, Pompei, Ercolano. Un salto cronologico e spaziale ci permette di ricordare, ad esempio,la spaventosa eruzione di un vulcano indonesiano avvenuta nel 1816-1817 circa- il Tambora- che immise nell’atmosfera una tale quantità di polveri, da oscurare il cielo per oltre un anno; la carestia che di conseguenza si abbatté sull’Europa e su altre aree del pianeta, unitasi a un’epidemia di tifo, provocò l’ultima grande crisi di mortalità ancien regime del continente.
Discorrendo sul bradisismo della zona dei Campi Flegrei, il principale evento di eruzione del Vesuvio ci fu nel 79 d.C. che provocò , di conseguenza, la totale distruzione di Ercolano, Pompei ,Oplontis , Pozzuoli, i cui resti sono stati riportati alla luce dal XVIII e devastò giardini, vigneti che vi erano stati piantati sulle pendici del Vesuvio.
È importante sottolineare che i primi eventi sismici ci furono nel 62, ma nel 79 il Vesuvio diede inizio al suo ciclo eruttivo. Intorno all’una del pomeriggio, dal Vesuvio fuoriuscirono diverse sostanze, come pomici e parti di rocce trasportate dal magma. La composizione delle sostanze risultò diversa da quelle eruttate nel periodo 1631-1944. L’eruzione, tra le altre, fece una vittima illustre: Gaius Plinius Secundus , detto Plinio il Vecchio.
Il grande studioso nacque a Como intorno al 23 d.C. È stato scrittore, filosofo, comandante militare e governatore romano di età imperiale. Dopo la morte dell’ imperatore Claudio, Plinio si ritira a vita privata e nutre un’ acuta avversione nei confronti di Nerone. Nel 69 d.C., con l’ascesa di Vespasiano, Plinio inizia la carriera come procuratore imperiale, senza rinunciare all’intensa attività letteraria. In questo periodo Plinio svolge anche il ruolo di prefetto della flotta imperiale in Campania. È in tale occasione che trova la morte il 24 agosto del 79 d.C., a causa dell’eruzione vesuviana. Il resoconto della sua morte lo dobbiamo al nipote Plinio il Giovane; da ciò sappiamo che Plinio si espose al pericolo non tanto in virtù della sete di conoscenza, quanto piuttosto per recare aiuto ad alcuni cittadini minacciati dall’eruzione.
A tale proposito , la testimonianza più importante è rappresentata da Plinio il Giovane ,che in quei giorni si trovava a Miseno. Questi, dopo diversi anni, descrisse il tutto all’amico Tacito.
Nelle Lettere indirizzate a Tacito, Plinio il Giovane ci dà notizie importanti, informando i posteri su tale eruzione del 79 d.C.. Si tratta , infatti, di un documento storico-letterario importantissimo, che ci testimonia la principale eruzione vesuviana in epoca storica.
Nelle Lettere si legge: ” Mi chiedi che io ti esponga la morte di mio zio, per poterla tramandare con una maggiore obiettività ai posteri./ Te ne ringrazio , in quanto sono sicuro che, se sarà celebrata da te, la sua morte sarà celebrata ad una gloria immortale./ Era a Miseno e teneva direttamente il comando della flotta./ Il 24 Agosto, verso l’una del pomeriggio , mia madre lo informa che spuntava una nube fuori dall’ordinario sia per grandezza che per aspetto. (…) Nella sua profonda passione per la scienza, pensò (stimò) che si trattasse di un fenomeno molto importante e meritevole da essere studiato più da vicino. (…)Ormai , quanto più si avvicinavano , la cenere cadeva sulle navi sempre più calda e più densa , vi cadevano ormai anche pomici e pietre nere, corrose e spezzate dal fuoco, ormai si era creato un bassofondo improvviso ed una frana della montagna impediva di accostarsi al litorale. (…) Quando riapparve la luce del sole il suo cadavere fu trovato intatto, illeso e rivestito degli stessi abiti che aveva indossato: la maniera con cui il suo corpo si presentava faceva più pensare ad uno che dormisse, che non ad un morto. (…)”. Plinio il Giovane conclude la lettera a Tacito: “Aggiungerò solo una parola: che ti ho esposto tutte cose alle quali ho partecipato o che mi sono state riferite immediatamente dopo, quando i ricordi conservano ancora la massima precisione”.
Plinio il Giovane era, dunque, ospite nella casa dello zio, ovvero Plinio il Vecchio. Quest’ultimo era uno storico, scienziato , autore di un’opera a carattere enciclopedico-una vera e propria summa del sapere- comandante della base di Miseno. Successivamente, il più importante storico di età imperiale, Tacito chiese a Plinio il Giovane informazioni su ciò che era successo.
“Le acque della baia si increspavano in onde tranquille, azzurro scuro. Molto più in là, sopra ai monti, si levava una colonna di fumo biancastro, screziato di grigio e nero, che si allargava e si sfilacciava nel limpido cielo autunnale come la chioma di un pino.”(…)
” Questo cataclisma verrà raccontato per generazioni, riportato in ogni trattato di storia naturale, tramandato ai posteri. In fondo, mi trovo proprio dove devo essere. (…) Si concesse un ultimo sorriso. “Gaio…”soffiò. Poi, dalle sue labbra gonfie non uscì più alcun respiro.”
Plinio rimase intrappolato , soffocato dalle ceneri e dai vapori tossici: vi trovò la morte.
In una seconda lettera indirizzata a Tacito , Plinio descrive ciò che, alcuni giorni prima dell’ eruzione, accadde a Miseno. Racconta, infatti, di frequenti scosse di terremoto e al momento dell’ eruzione le scosse crebbero sempre più. Si legge << … Si elevava una nube , ma chi guardava da lontano non riusciva a capire da quale montana / si seppe poi che era il Vesuvio (…) Infatti, slanciantosi in su in modo da suggerire l’idea di un altissimo tronco , si apriva in diversi rami …>>
Sostanzialmente le vittime si ebbero sia per traumi fisici che per asfissia a causa delle ceneri nell’aria. Città, case,persone: tutto fu sepolto dal materiale eruttivo. Dopo questa eruzione ve ne furono altre cinque. Poi, seguì un lunghissimo riposo , durante il quale la montagna fu ricoperta dal verde dei giardini e arbusti.
Continuò ad eruttare fino al 1944, data che segna l’ultima eruzione fino ad oggi.
Plinio il Vecchio, è stato un poeta di età imperiale. Lo ricordiamo sia per i motivi poc’anzi delineati, ma anche per il suo forte desiderio di conoscenza del sapere.
È bene affermare che, in tutta la cultura romana della prima età imperiale, emerge il desiderio di sistemazione del sapere, talora testimoniato da opere di tipo manualistico, vale a dire, testi che raccolgono le conoscenze in un determinato settore dello scibile o delle attività pratiche, affinché possano fornire al lettore un orientamento conoscitivo. La Roma imperiale conosce una crescita di ceti , oggi detti “tecnici” o “professionali”: medici, architetti , agronomi. In questi ceti sociali, a sua volta, emerge una crescente richiesta di informazione.
In età imperiale il desiderio di conoscere e la curiosità scientifica si affermano, oltre che in opere enciclopediche, anche come intrattenimento, consumo culturale. Sono i cosiddetti “paradossografi” (dal greco paradoxon, “cosa imprevista”, “stranezza”), gli autori che alimentano la nascita di un nuovo genere letterario, che si esplica in raccolte di aneddoti, piccole curiosità scientifiche , spicciole notizie antropologiche. Sembra che gli autori di paradoxa non si limitassero alle notizie tradizionali. La letteratura paradossografica contiene in sé curiosità, interessi pratici, ma non contiene alcun principio sistematico.
Nonostante le tante opere di Plinio il Vecchio, la sua fama è legata a quella magnifica impresa culturale costituita dalla “Naturalis historia”, in cui si esplica il desiderio umano di conoscere e classificare il reale. La sua opera, dunque, rappresenta un’impresa paradigmatica e culturale.
Oltre all’enciclopedia della “Naturalis historia”, ricordiamo altre opere: il “De iaculatione equestri”, i “Bellorum Germaniae libri XX; “Studiosus”, “Dubius sermo”, “A fine Aufidi Bassi”.
Verso il 77-78, Plinio porta a termine la “Naturalis historia ” (“Storia naturale” o “La scienza della natura”)e la presenta all’imperatore Tito. È un testo a carattere enciclopedico , costituito da 37 libri, una vera e propria “summa” delle antiche conoscenze sui più svariati argomenti.
Tale opera rispecchia compiutamente le tendenze culturali diffuse nel suo tempo, rivolte all’acquisizione di un sapere enciclopedico. In precedenza, la cultura romana, aveva conosciuto opere di sintesi, come la trattatistica di Varrone e Celso, Columella riguardo l’agronomia, Vitruvio con il manuale di architettura. Nessuna di queste opere di sintesi sono paragonabili allo scibile della Naturalis historia. Tra l’altro, non esistevano opere greche in qualche modo paragonabili-a parte Varrone- è difficile designare un altro letterato così prolifico.
Il grandioso progetto di Plinio nasce dalla sua sete di conoscenza: egli leggeva continuamente, prendeva appunti, schedava. Da ciò, emerge un manuale enciclopedico volto a inventariare tutte le conoscenze acquisite dall’ uomo nel tempo. Vi si tratta, infatti, di cosmologia, geografia fisica, antropologia, geografia ,zoologia, botanica, medicina, metallurgia e mineralogia, con ampi “excursus” sulla storia dell’ arte. Il testo contiene una lettera dedicatoria rivolta all’ imperatore Tito, in cui Plinio sottolinea le motivazioni del suo progetto. Una certa adesione allo stoicismo – corrente filosofica del I sec.d.C- è evidente nel II libro dell’opera, dedicato alla cosmologia. Nello stesso libro, però, Plinio inserisce delle digressioni magico-astrologiche, estranee al pensiero stoico.
Nella Naturalis historia emerge un aspetto della personalità di Plinio, molto evidente:il suo <<spirito di servizio>>. Di suo,in questo ampio quadro di nozioni porta spirito di servizio, senso pratico, serietà morale.
Stilisticamente, Plinio è giudicato da molti critici il peggior scrittore latino. Ciò merita qualche precisazione e considerazione importanti:la tradizione enciclopedica romana non comportava uno sforzo di bello scrivere.
L’opera fu manipolata, se ne trassero ben presto riduzioni, compilazioni e antologie. Continuò ad essere copiata anche nel Medioevo, acquistando sempre più grande importanza. In età umanistica, grazie ai progressi della scienza, ci si accorse che in molti casi Plinio sbagliava, perché certe cure raccomandate dal suo testo erano pericolose o insensate. Rimane tutt’ora un documento di grande ed inestimabile valore storico. L’età moderna attribuisce ad essa questo valore per ciò che concerne la storia dell’arte antica , la storia della scienza , del folklore, della religione e della cultura materiale.
Plinio, insomma, è un personaggio storico da ricordare per l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., ma anche un letterato prolifico a cui dobbiamo tanto, soprattutto, in ambito medico, astrologico, biologico ha posto le basi su cui i posteri hanno lavorato.
La sua ansia di conoscere ci dà un insegnamento importante sulla curiosità del sapere, facendolo diventare un paradigma per i contemporanei. L’importanza della conoscenza credo sia racchiusa nell’anima di ogni individuo, perché conoscere ci permette di essere ed essere ci permette di conoscere.