• 4 Luglio 2024

Il romanzo giallo o il thriller sono caratteristiche di un “genere” letterario che punta in modo particolare a definire il personaggio o i personaggi all’interno di un ben determinato ambiente. Il gioco è tutto attrattivo tra il male e il bene. Il fumetto noir o giallo o thriller si muove, infatti, intorno al ruolo del personaggio. Ma il fumetto, in senso più generale, usa il linguaggio del personaggio o dei personaggi per creare un immaginario ben specifico. Comunque una sottolineatura va fatta. Il thriller, comunque non è solo un genere letterario. È il superamento della leggerezza nella perseveranza dell’intrigo. È una letteratura oltre il genere che rivive nel fumetto del Diabolik. Una premessa va fatta restando, in modo più complessivo, nel campo del fumetto. Perché il fumetto da ragazzi e da adulti è un velo o uno svelamento di maschere in un immaginario tra finzioni e linguaggio.

Credo che non si possa aprire una discussione sul fumetto italiano senza tenere conto dell’impatto emotivo che le parole esercitano racchiuse in una nuvoletta di fumo legata, chiaramente, alle immagini. Tutto si sviluppa in un immaginario che esercita un intreccio di sensazioni.

La tecnica è un esercizio di grande intelligenza. La conseguenzialità delle “strisce” e la dimensione della sceneggiatura formano il “filmato” in foto-immagini-album. Ciò che mi interessa, in modo particolare, è l’importanza della creatività del fumetto stesso che nasce proprio come fumetto. O meglio, mi riferisco al fumetto la cui storia ha una sua autonomia e vive non traslato dalla letteratura, ma diventa letteratura esso stesso sia nel racconto che nella impaginatura.

In altri termini il fatto del riportare in fumetto un racconto o un romanzo mi sembra un’idea non convincente. Il fumetto deve vivere della sua autonomia narrante perché è questa che rende fantasiosa sia la struttura che la lettura. Trasformare in fumetto un romanzo o degli episodi letterari della storia del mito e della letteratura mi sembra un fatto “eccessivamente” distonico.

Ciò che mi affascina è l’originalità di ciò che si realizza come fumetto in quanto tale. È qui che l’operazione può vivere in piena autonomia come una tipologia di una letteratura in immagini. Anche perché il fumetto è un attraversamento che sta tra la pagina letteraria e il primo movimento in azione cinematografica. È necessario che conservi, comunque, la sua originalità nella autonomia della “finzione”.

Il “Diabolik”, di cui spesso parlo, nasce dentro un contesto italiano letterario e cinematografico che vedeva sceneggiati come Sheridan, Laura Storn, le traduzioni di Maigret e Belfagor, Nero Wolf e il giallo tradizionale. È certo che la figura di Diabolik è un’eco di Fantomas, ma ha una sua originalità di fondo che ha specchietti ombreggiati in Poe.  Diabolik è il primo fumetto italiano in nero con una struttura pienamente cinematografica. Infatti, crea una letteratura noir con un immaginario ben strutturato ed egli stesso è un personaggio che si fa personaggio tra immagine e avventura. La canzone che Betty Curtis dedica a Diabolik a metà degli anni sessanta mostra un immaginario ad intreccio tra i vari generi. Una canzone che rimanda allo storico iniziale 007. Il cinema tra le righe e le pieghe ha creato un immaginario filmico diretto e indiretto. Voglio citare i due film completamente dedicate al genio del crimine. Ovvero:  al “Diabolik” del 2021, diretto dai Manetti Bros e al “Diabolik” di Mario Bava del 1967.

Il fumetto può leggersi come frammento di letteratura? La finzione e i linguaggi si incontrano in parole nell’ovale delle nuvole. Parole dentro nuvolette. Nuvolette che si fanno con i contorni ricamati. Segni. Linguaggi che sembrano squarci di urli. Immagini a tutta pagina. Tra il bianco e nero e il colore resto legato al nero/bianco ma mi meraviglio della suggestione del colore. È una emozione ogni pagina che sfoglio. Ieri come oggi. Da Tex e Zagor a Diabolik non smetto di inseguirli. Sono fumetti italiani. Già, hanno parole lanciate come fumo. Molti sono rimasti lungo la strada. Come il mio primo amico Capitan Miki alle misteriose e affascinanti Satanik e Zakimort. Sono pezzi di infanzia. Non ho mai trascurato le uscite. Ho vissuto tutto ciò mai al di fuori di ciò che considero letteratura. Il giallo, il cosiddetto noir, le avventure dei Nativi, i Ranger sono nella mia storia culturale ma soprattutto nella mia storia umana. Cito soltanto pochi titoli e personaggi del nostro fumetto italiano.

Ora misuro il tempo. 60 anni con Diabolik sono anni preziosi. Non so perché non sono mai riuscito a leggere fino in fondo un Topolino o un Paperino. È una domanda che mi inquieta. Diabolik invece è nella mia formazione e ci resta. Una formazione diabolica e mikiana. Il fumetto, ripeto, è anche letteratura. L’immenso immaginario è creazione, creatività, fantasia e finzione.

Ci porteremo ancora suoni di conchiglie di anni lontani tra le parole non smesse e le parole consumate? Abbiamo abbandonato la giovinezza proprio nel momento in cui i nostri cuori dovevano diventare riferimento per generazioni che si sentono smarriti e figli che ci guardano spavaldi e impauriti. Saremo ancora belli e tristi come in quel tempo delle rivoluzioni fallite? Ed è come se mi incontrassi in uno specchio. Tanti anni fa.

La mia vita passata è stata scavata sia da Eva che da Zakimort. Chi è Zakimort? È il personaggio di un fumetto pubblicato tra il 1965 e il 1974. chi si nascondeva dietro Zakimort? Una bellissima bionda dal nome Fedra Garland. Il resto lo puoi trovare su Internet. Fascinosa, corpo da amplessi mediatici, sguardo pungente nella sua tuta aderentissima.

Ed Eva? Non certo l’amante di Adamo. Eva Kant. Ovvero la compagna del grande e astuto Diabolik, il quale data la sua uscita nel 1962 mentre Eva compare nel 1963. Da occhi verdissimi salva il terribile uomo nero dalla ghigliottina. Si presenta come la vedova di Lord Kant. Eva. Un personaggio affascinante non solo per la sua femminilità e dolcezza ma anche per il suo verace coraggio. Resterà la compagna di Diabolik e anche lei sarà la donna in nero con gli occhi sempre puntati avanti. Chi scegliere tra le due? Forse, anzi sicuramente Eva.

Mi sono innamorato di Eva per la raffinatezza e la sensualità oltre che per quel fascino del mistero che la caratterizzava ma anche per la sua fedeltà e il suo saper restare in ombra. Eccoti accontentato. Diabolik ed Eva mi hanno formato. Che delusione, diranno i ben pensanti.

Uno scrittore che vanta la sua classicità e la sua forza in letteratura intrecciata alla storia si è formato su Diabolik? Signori miei è così. E sono felice. Passiamo avanti. Quale poeta? Ti sono sincero. Chi continua ad accompagnarmi non è Pavese, che è dentro di me, e neppure Dante. Che ci faccio io con il Dante della Commedia? Ironia? O sincerità?

Lettore accanito ieri. Lettore agguerrito oggi. Tra Miki e Blek ho scelto il primo. Tra Tex e Zagor ho scelto il secondo. Tra Diabolik, Satanik, Kriminal, Zakimort ho scelto il primo e l’ultimo. Tra Intrepido e Monello ho sempre preferito il Corrierino, ovvero dei Piccoli prima e dei Ragazzi dopo, ma quest’ultimo di meno. La mia vita è stata abitata tra i fumetti. Continua ad esserla. Tra gli spazi del mio camminare non ho mai smesso di credere che il fumetto è anche letteratura. Quando il fumetto è anche letteratura!

Ho incontrato la letteratura mentre leggevo i fumetti. Ho sempre letto Diabolik anche quando scrivevo di letteratura. Leggo sia la letteratura che i fumetti perché credo che possano convivere in una stessa villa.

Elogio del fumetto italiano. Da Diabolik a capitan Miki. Una letteratura tra bene e male oltre gli schemi del conformismo è sempre un viaggio affascinante e misterioso.

Certo. Non smetterò di fare un elogio al fumetto. Resto completamente tra le nuvolette delle parole. Se ho scritto i miei libri lo devo al fatto che quelle nuvolette sono diventate una cornice tra lingue e parole. Ora che sono vecchio mi sono rimesso a leggere fumetti. Ed è una bellezza leggere, osservare quelle immagini, guardare. Strisce che raccontano. Cosa è la letteratura? Non quella che mi era stata imposta nella scuola che cercava di massacrarmi, ma quella che abito, che ho abitato e che ha dato la fantasia al mistero e la creatività al sogno. La scuola che io ho vissuto mi ha ferito cercando di uccidere la mia intelligenza. Diabolik e Capitan Miki mi hanno salvato.

Essere ragazzi è unico. Ogni età è unica. Essere giovani è meraviglioso. Avere la mia età antica da vecchio è singolare. Ma ognuno vive la propria era. Essere vecchio è riconquistarsi tra l’immaginario e la profezia.

Le parole dentro le nuvolette di fumo o di nebbia con scritte in nero rigorosamente in maiuscolo. I fumetti. E tra questi coloro che mi hanno dato un senso sono stati “Il Corriere dei Piccoli”, versione acquistata sempre da mio padre, e poi “Il Corrierino”, “Capitan Miki”, “Il grande Blek”, e tutto il genere poliziesco-giallo-noir. Qui al vertice c’era e c’è “Diabolik”. Poi “Zakimort”, “Kriminal”, “Satanik”. Si comprende bene che si trattava degli anni Sessanta. Il fumetto, appunto dal tradizionale Tex, precedente al Sessanta, a Diabolik, che costruisce il legame tra un linguaggio in sintesi e l’immagine in immaginario. È una stagione che serve a non fare morire la parola depositandola nella sillabazione del vuoto.

Al fumetto la letteratura deve molto. Perché ha la capacità di intuire la lacerazione della parola che racconta e la recupera imponendola alla sola immagine e viceversa. In un tale contesto “Diabolik” come fumetto crea un genere nuovo che supererà tutti gli schemi scenografici e letterari che daranno un senso ad una letteratura parlata e non soltanto letta.

Bisogna non dimenticare che anche la vita è un fumetto. Occorre capire come si interpreta o come si legge. Diabolik resta un genio letterario perché fortifica un genere letterario in cui il personaggio ha sempre il sopravvento anche sul narrato. L’incastro è fondamentale. Ovvero, il personaggio stesso suscita una griglia sensazionale di percezioni che si trasformano in brevi annotazioni per storie, episodi, fatti. E siamo alla letteratura. Il linguaggio è una articolazione di un vocabolario costantemente in transizione tra parole e immagini, tra azione, spazialità e finzione di una immagine in creazione di una simbologia in movimento. Forse ho raccontato una vita da ragazzi. O forse soltanto un tempo da adulti nel quale si cerca uno spazio di anni che sono volati come nuvole nel vento fi tramontana. Ma da ragazzi e da adulti il fumetto non smette di raccontare frammenti di fantasia o di finzioni o semplicemente uno svelamento di maschere. Ieri come oggi il fumetto resta un raccontare tra la lettura delle parole e l’interpretazione del resto.

Autore

nato in Calabria. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario. Esperto di Letteratura dei Mediterranei. Vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”.