• 4 Luglio 2024
Editoriale

Siamo all’orizzonte degli eventi, e l’Europa registra delle singolarità economiche che spingono la recessione al limite del suo percorso, le scelte politiche delle singole sovranità divergono e si sintonizzano su identità divergenti e differenti, tali da imprimere cali  notevoli di produzione in alcune nazioni, e cali di investimento in altre, significativamente si ci può orientare verso avvicendamenti economici non propriamente programmati ma drasticamente dettati dalla spinta inflazionistica amministrata dal centro decisionale europeo , che temendola e registrando la sua ovvia secolarizzazione, ricorre all’illusione dell’aumento dei tassi di interesse.    

Si certo un’illusione di predittività economica che resta ferma al palo delle decisioni delle banche centrali, sia in Europa che al di là dell’Atlantico, che sembrano avere un totale scollamento con il circuito economico e l’economia reale e volare verso assunzioni finanziare precostituite per una governance collusa con una certa politica senza etica e fortemente progressista, ma non realista, pregna di ecologismo green a convenienza globale.

la Fed trascina con se decisioni lontane dagli eventi già noti del passato, e propende anch’essa per un inflazione bassa, ma se l’America e le sue banche favoriscono la disinflazione, esse alimentano il collasso di multinazionali di stampo cinese, non solo in termini di default finanziario ma anche produttivo,  per esempio la produzione industriale cinese è scesa del 3.7 % su base annua, le vendite al dettaglio sono scese del 2.5% anch’esse, addirittura le vendite immobiliari sono al -8.1%, inoltre la disoccupazione ha raggiunto i massimi storici e lo stesso settore bancario possiede trilioni di debiti esposti nel medesimo settore immobiliare, un cane che si morde la coda. Questi dati, oltre oceano, sembrano non intaccare la nostra tranquillità, in realtà, l’Europa è un’appendice economica di un occidente, che va alla deriva, una deriva finanziaria, dove le clausole conclamate del neo- atlantismo liberista, non riescono a governare una governance finanziaria che domina sui mercati infuocando l’economia reale. La formazione e concentrazione dei BRICS, sta sollecitando la formazione di un mondo multipolare, a trazione cinese, con il tentativo di recuperare un ruolo economico dominante ed esplicitamente un rovesciamento del dominio americano, i destini incrociati di nazioni colonizzate un tempo e di nazione considerate ai margini di un terzo mondo, sembrano voler ribaltare il destino problematico dell’Europa, che non può sottrarsi dalla trazione atlantista se non recupera una propria identità politica e di programmazione. Il gioco sporco della crisi ucraina, che purtroppo, non riesce a ripulirsi di una decisione assolutamente europea, porterà con sé ancora ulteriori contraddizioni e contraddittori americani che usano il filoatlantismo, per recuperare terreno sul fronte economico e uscire dalla crisi. 

Il punto resta pur sempre la crescita economica, che in America sembra impossibile, ed improbabile, e in Europa quasi insostenibile, benché il patto di stabilità, crea e agogna un presupposto di crescita, in America infatti, sebbene l’aumento dei debiti e di deficit  determinasse un aumento dei tassi le banche centrali comunque intraprenderanno azioni tali rivolte ad abbassarli, ovviamente artificiosamente, in Europa sospinti da un anelito Keynesiano di altri tempi la BCE gli alza, sconvolgendo l’economia con segnali di deterioramento che si definiscono irreversibili in termini di economia reale e non solo, in termini anche finanziari.  In altre parole, stiamo registrando l’aumento degli interessi sui relativi pagamenti per i debiti pubblici, quindi, ulteriori spese registrate di deficit. Il mercato immobiliare europeo sta avendo un calo vorticoso, a causa di mutui a tassi elevati. E i tassi di interesse inoltre più elevati aumentano i costi dei finanziamenti, che si riverberano sui consumatori in generale e su un evidente riduzione dei margini di profitto per le imprese, colpendo in particolare le PMI. Ma la cosa ancora più eclatante che aumentano gli interessi variabili sulle carte di credito, erodendo il reddito e il suo potenziale di acquisto dell’utente finale, ma anche la capitalizzazione delle banche è compromessa, e relativi piani pensionistici sia pubblici che privati.

La teoria dei tassi alti resta ed è una teoria insostenibile, per l’economia in generale, pertanto, la politica monetaria europea che viaggia in controtendenza a quella americana, non riscontra assoluta credibilità politica, e suona come il risultato di un contro atlantismo finanziario, improntato a raggiungere obiettivi sospettosi. E se a questo aggiungiamo, una politica europea di integrazione di scarsa applicabilità, sospinta su scelte e accordi di governance finanziare fortemente lobbiste, che non incentivano  la valorizzazione di un Europa che si sviluppa nelle diversità patrimoniali, culturali e politiche, legate ad una diversificazione territoriale e geografica notevole, ma ricca di uno sviluppo artistico, storico, pregno di un artigianato imprenditoriale florido e di un agroalimentare partenariato di un territorio ricco di eccellenze, dove l’implementazione di distretti rurali volti al recupero della cultura e delle tradizione resta a trazione associazionista, con un marketing scadente, stiamo per fare un recupero turistico territoriale che di fatto non avviene. l’abbandono, strategico, nasce da una politica fortemente centralizzata e collusa con una supponenza finanziaria dei mercati, che sta per conclamare una stagflazione, inflazione elevata e una crescita, stagnante che nell’eurozona si propaga a macchia. Inoltre, l’euro scende, complicando non poco le certezze, d’investimento, infatti la crescita al consumo, dell’indice dei prezzi relativa a venti nazioni europee è rimasta invariata al tasso annuo del 5.3%, negando le attese previste. Il trend, dell’inflazione, mette in luce, strategie off shore poco attendibili e denota un’inversione europea verso un atlantismo, che sembrava diffuso e consolidato ma solo nelle intese, e nonostante la svolta americana condotta da Jackson Hole in un simposio antinflazionistico, la parametrica rotta intrapresa dalla Lagarde denota uno scivolamento anti-atlantista e molto finanziario. Nessun deterrente supposto nemmeno una presunta stagflazione, può spiegare questa svolta, che porterà l’euro ad un minimo intraday di $1.10 entro la fine del 2023. Nessuna coerenza, di una simile battaglia di disinflazione, giustifica le scelte rischiose della Lagarde, e ovvio che gli investitori potrebbero scegliere o meglio decidere di spostarsi verso i mercati emergenti. Siamo di fronte ad un presunto anti-atlantismo finanziario, ad una probabile predittiva svolta verso altre mete economiche, che possono consentire ai BRICS di recuperare quote di mercato mai eccepite. Nel mentre il mercato reale soffre non poco, e solo là dove l’economia ha saputo volare fronteggiando l’imprevedibile, svettando sulle quote di extraprofitti azionari notevoli l’economia reale rasenta un livello di occupazione alto, come la Danimarca, dove il caso Novo Nordisk, azienda farmaceutica sta trainando l’economia danese e la moneta danese, la Corona, verso sviluppi e valori maggiori rispetto all’Euro, che ha assunto un ex equo rispetto al dollaro. Il caro vita, resta in Europa un problema non di facile soluzione, e l’inflazione tedesca e spagnola, sono ancora il freno di un’economia, che deve risalire, viviamo un intergovernativo sviluppo economico, mentre un tempo la Germania disciplinava e orientava positivamente le scelte europee, oggi ci porta nel baratro del suo recupero, infatti, la crisi tedesca apre i parametri per una nuova agenda europea, per ristabilire le sorti del settore industria, dunque, grandi cambiamenti geopolitici e geoeconomici, che possono indurre l’Europa ad un futuro incerto, il fallimento del modello tedesco, e la sua recessione stagnazione, impone un inversione di rotta all’Unione. Le diminuzioni congiunturali del PIL, denotano una Germania, in spinta recessione tecnica derivante dalla crisi Ucraina, e da non poter lavorare strutturalmente nei relativi settori industriali con gas a buon mercato, e la crisi in Niger denota un’impossibilità di partenariato verso l’Europa per compensare il livello energetico. L’Europa, dunque sarà l’ago della bilancia di un mondo multipolare e per esigenze strutturali, riuscirà a riportare l’equilibrio, tra i due blocchi maggiori, oppure l’Europa incapace di rendersi indipendente e strutturata ci porterà verso una nuova controrivoluzione atlantista, che determinerà il consolidamento dei BRICS, la certezza, sembra non esserci, pur cogliendo incongruenze finanziarie, che inducono l’economia reale, a improbabili riprese.  La politica monetaria europea, in ogni caso deve cambiare, e insistere coerentemente su uno sviluppo reale, a beneficio di tutto il territorio Europeo, verso un recupero ambientale sostenibile, conservatore dell’esistente e delle famiglie che vi stanziano creando cultura e patrimonio. Il gap, insostenibile con i tassi e stato già raggiunto, l’inflazione troverà il suo adeguato aggiustamento fisiologico, tentare di amministrarla oltremodo, denota un indice di visone politica, avulsa dalla realtà. I tentativi della Von De Leyen, di riassumere una sua ulteriore maggioranza, denotano, un interesse di parte, che rischia di non cogliere una maggioranza conservatrice, a tale proposito, invertire la rotta recessiva , appare necessario ed indispensabile, tutti gli indicatori economici, rilevati e predetti, sono accurati e benché tenuti sotto osservazione, richiedono un percorso di controtendenza, assolutamente, controrivoluzionario sia in termini di politica economica, sia in termini di economia complessiva. La BCE dovrà assolutamente adeguarsi, all’andamento generale, per non rischiare di compromettere ulteriormente il clima economico continentale.

Analisi economiche, precipue, volte ad un approfondimento dell’inflazione, e delle cause che l’hanno generata, denotano che l’economia americana ha teso a ridurre fortemente le distorsioni, pandemiche che l’hanno impennata, così da determinarne un calo maggiormente repentino, distorsioni della domanda e dell’offerta e da  un inasprimento della politica monetaria, in altre parole vi è stata una collisione molto forte della domanda con un offerta limitata dalla pandemia, oltre ai relativi sconvolgimenti energetici causati dalla guerra ucraina. I governi hanno teso a riversare notevoli bonus, che comunque hanno generato un surplus di spesa, familiare, imprenditoriale, determinando un meccanismo ingannevole del circuito economico, la distorsione, e fattori di recupero a pioggia, ha ripiegato, l’economia di base, stimoli per una ripresa, che si è rivelata fittizia e non reale. L’impennata dell’inflazione, dunque, si deve, anche ha motivazioni di interventi, di governo, e intergovernativi, tanto in America, quanto in Europa, quanto a livello globale.  L’enormità, di stimoli monetari, ha generato una tempesta monetaria che non intende ancora placarsi, le decisioni attuali sembrano inutili ed implementative, quantomeno in Europa. Infatti, non si può elargire, a dismisura, e poi porsi in difesa con una restrizione monetaria, disorganica e incomprensibile, perché sebbene si voglia amministrare l’inflazione, bisogna conoscerla, e saperne monitorare le cause, per evitare ulteriori umori degli investitori, ulteriori timori dell’opinione pubblica, ergo dei mercati e dei politici.

Dal 1980 i molti errori della politica monetaria, hanno indotto a dei paradossi assurdi di stabilità ed instabilità, e tuttavia le irrazionalità pervenute, nel percorso economico, sono state nocive per una politica futuribile, senza scossoni, ma le variabili intervenute, assolutamente incognite impazzite, come la pandemia e la crisi ucraina, rasentano l’incontrovertibile della predittività economica e ci portano a giocare un ruolo , oggi , razionale, senza del quale scopriremo i dolori di una recessione.      

La correzione dei mercati finanziari, in particolare, rasenterà una maggiore complessità dei mercati reali, ma la commistione sarà inevitabile tra l’erosione del potere di acquisto, la carenza di credito e l’assenza di investimenti. La compensazione avverrà nel mercato asiatico, a patto che anche in paesi come la Cina non si incorra in errori di stimolo automatici monetari, le correzioni del mercato immobiliare restano propedeutiche per una riassunzione finanziaria al rialzo. L’abbandono del dollaro resta ancora ipotetico, ma il rilascio di dollari da parte di banche locali cinesi, denota un cambiamento di riserva obbligatoria, a vantaggio di una nuova economia globale.   Il grande sud globale, capitanato dalla Cina, non è più un’ipotesi ma una realtà, la consapevolezza di essere, produttori indiscussi di materie prime, porterà i BRICS a controllare oltre il 40% della produzione globale, e sistemicamente consolideranno l’approvvigionamento energetico dell’UE, pertanto, solo un accordo bilaterale precipuo potrà ripristinare i giochi inflazionistici, monetari.                

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.