• 3 Dicembre 2024
La mente, il corpo

L’estate appena finita e questa del 2023, sicuramente sarà ricordata per le violenze sessuali a danno delle donne, da parte del singolo oppure del gruppo, che hanno riempito le pagine dei giornali. Sarà perché il maschio produce più testosterone? La violenza sessuale è una forma di violenza non letale, ma che provoca nella donna gravi disagi fisici e psichici.  Tipica violenza maschile che ha come obiettivo il controllo ed il dominio della donna. La violenza avviene su donne conosciute e la conoscenza intima contribuisce a rendere pulsioni erotiche dirette al dominio (Hearn J. 2013:6). I maschi minori o adulti che commettono una violenza sessuale rompendo le norme sociali e i codici morali e violando la legge, sono definiti sex-offender. Sono sex -offender imprigionati in modelli distorti delle relazioni affettive, imposte alla donna, che, riproducono ciò che hanno visto magari nel video pornografico.

 Un modello deformato e possessivo della sessualità. La violenza è un modo di riappropriarsi del proprio potere, ormai delegittimato. Sex -offender che esercitano il loro dominio, a cui non si può rifiutare nulla, che tendono a giustificare la violenza con stereotipi sulla rispettabilità delle donne o sulla virilità e onore. Sono sex -offender che vogliono dominare le donne, perché non sono più relegate in casa, ormai sono in carriera e non si sottomettono al patriarcato inteso come dominio maschile. Lo stereotipo della sottomissione della donna all’interno della società è creato dalla famiglia. Non concepiamo la società progredita che non si basi sul nucleo familiare con ruoli diversi per i generi. L’assalto sessuale si pone in un contesto culturale che favorisce e stimola i comportamenti maschili primitivi e preumani, non caratteristici della nostra specie. 

I sex-offender, sono incapaci di stabilire relazioni intime, con scarse amicizie femminili, con tratti di timidezza e ritiro, mancanza di abilità assertive, basse performance scolastiche, difficoltà di apprendimento, mancanza di controllo dell’impulsività, mancanza di empatia, insufficiente capacità di rappresentazione del vissuto altrui e di condivisione emotiva, scarsa autonomia personale e dipendenza conformistica dal gruppo, incapacità di coniugare sesso e relazione personale in un rapporto egualitario. La massima violenza non mortale, per una donna è lo stupro. Lasciare segni sul corpo di una donna è la prova del potere esercitato. 

Beatrice Tortolici sostiene che i sex-offender trovano soddisfazione nell’usurpare il corpo delle donne, come una profanazione di un luogo sacro. La donna porterà sempre sulla pelle uno “sporco sociale” e uno “sporco psicologico”. Si agisce la violenza sessuale per privare la persona della sua dignità umana, danneggiandola psicologicamente e socialmente. La commette il singolo per testimoniare la sua potenza, oppure in branco, quando vogliono sentirsi una forza punitiva o per cercare un rapporto sessuale che da soli non avrebbero, credendo di risolvere la propria impotenza sessuale (Tortolici B,2005). Per mostrare che si è “veri uomini”, mostrando agli altri la propria mascolinità, identificata con la sessualità predatoria e impersonale. In gruppo, il contagio emotivo, la fa da padrone. Uno inizia la violenza, gli altri si eccitano e si comportano allo stesso modo, in un’escalation di brutalità. Non sono in grado di riconoscere le emozioni che provano, non vedono e riconoscono la condizione di vittima e la sua sofferenza. Violare il corpo di una donna in gruppo è lasciare una testimonianza indelebile. Le famiglie, nella maggior parte dei casi, di questi sex -offender, presentano caratteristiche disfunzionali, sono ambienti instabili, caratterizzati da conflitti, da patologie sessuali nei genitori, da promiscuità sessuale. Le famiglie davanti alla violenza, adottano il meccanismo della colpevolizzazione della vittima, giustificando il comportamento del familiare senza metterlo in discussione.  È nella famiglia che si impara il rispetto /disprezzo per le donne. C’è una grande responsabilità delle donne come madri, perché possono educare ai sentimenti, alla reciprocità nelle relazioni con l’altro sesso, senza sopraffazione. Donne c’è ancora tanta strada da percorrere…organizziamoci.

Autore

Psicologa clinica della persona dell'organizzazione e della comunità Psicogeriatra e docente dello stesso Master - La Sapienza. Coach cognitivo Criminologa minorile Dipendente Regione Lazio