«Si racconterà gloriosamente in tutto il mondo come noi, confidando nella giustizia, e difendendo le nostre cose, preferimmo morire di spada, piuttosto che consentire a mani straniere, con noi ancora viventi, di invadere le nostre terre trasformandone i cittadini in esuli!» Furono queste le parole di Rainulfo II Drengot, Conte di Alife, nell’imminenza della battaglia del Sarno rivolgendosi alle sue truppe, dove con 1500 cavalieri e 15.000 fanti sbaragliò le truppe di Ruggero II di Sicilia. La battaglia era iniziata con difficoltà per gli Alifani e ad un certo punto di fronte all’imminenza della capitolazione, Rainulfo, dopo la terza devastante e inefficace carica della sua cavalleria, getta la lancia, sfodera la spada e si getta nella mischia spronando i suoi uomini a seguirlo. Si lancia all’assalto a tronco scoperto, con audacia e senza sprezzo del pericolo, affronta l’ufficiale del Re Ruggero ne schiva i colpi e lo abbatte con tale forza che i militi intorno a questi restano così sbigottiti da tanta audacia ed aggressività, che finiscono per sfaldarsi e soccombere al Conte ed ai suoi uomini. Cercano di fuggire, pensando che nelle retrovie saranno al sicuro, ma sono solo gli ultimi istanti della loro vita. I restanti cavalieri di Rainulfo e la sua fanteria ne fanno strage. Per Re Ruggero non resta che la fuga, attorniato da quattro cavalieri si lancia al galoppo fino a Salerno, Rainulfo lo insegue ma poi desiste. Il bottino di guerra è enorme, settecento cavalieri di Ruggero e venti alti feudatari del Regno sono catturati. Cinque anni dopo ancora una volta Rainulfo II sconfigge a Rignano Garganico Ruggero II di Sicilia dovendo però vedere la sua amata Alife devastata dalla controffensiva delle truppe regie.
“ Dolore cordis concussus circa Alifanos fines morabatur” Indugiò vicino ai confini Alifani, sopraffatto dal dolore nel cuore” queste le parole di Falcone di Benevento nel raccontare l’arrivo del Conte ad Alife. La cittadina in cui era nato ed in cui era nato suo padre e da cui era iniziata l’espansione del suo Regno conosciuto come “Il Regno Normanno di Rainulfo II Drengot, Conte di Alife e Caiazzo, Duca di Puglia”.
Ma Rainulfo non disperò, riprese l’offensiva iniziando a riprendere i territori che le truppe regie gli avevano strappato. Si portò ad Ariano e liberò poi Melfi dall’assedio, ed intanto che Ruggero II era fuggito ancora una volta in Sicilia, il Conte di Alife aveva capito che il momento era favorevole e che poteva risolvere la contesa con Ruggero una volta per tutte. Si recò a Bari per sincerarsi della situazione ed esortare il popolo a raccogliere le forze e riprendere le armi; la risposta fu entusiasmante, era il Marzo 1139. Si spostò poi a Troia la città gemella di Alife di cui era signore per organizzare la nuova azione, ma qui si ammalò ed il 30 Aprile 1139 morì. Ruggero allora ripartì dalla Sicilia, per imporre la sua autorità e giunto sotto le mura di Troia avrebbe intimato ai cittadini “Non entrerò in città finché resterà tra voi quel grandissimo traditore di Rainulfo!”
A quel punto il corpo fu esumato dalla tomba nella cattedrale; fatta frantumare la lastra tombale Ruggero trascinò con il suo cavallo la salma in decomposizione per tutta la città facendola buttare poi dalle mura, come in una espulsione.
Falcone Beneventano, commentando la ferocia di Ruggero, poté dire: “per soddisfare la sua rabbia fece contro un morto quello che non aveva potuto fare contro il vivo“. Si concluse così l’esistenza e la vicenda di Rainulfo II Drengot, il più grande capo politico e militare della storia di Alife e delle terre del Medio Volturno che egli aveva unificato in un unico grande Stato che da Prata Sannita andò ad estendersi fino a Bari includendo le città di Alife, Caiazzo, Sant’Agata de’ Goti, Telese e, in fasi alterne, di Avellino, Mercogliano, Ariano e Troia, nonché il ducato di Puglia. L’uomo che ha portato Alife al massimo splendore, economico, sociale e politico come mai prima, in una epoca dove contava solo la lotta per il potere, e dove in una visione di libertà ed indipendenza aveva aspirato ad un Regno autonomo fatto di eguaglianza per chiunque vi vivesse. Il sogno di un figlio del Sannio, di discendenze normanne, nato come suo padre ad Alife che sfidò l’autorità regia dell’Altavilla, sconfiggendone l’esercito più volte. E potremmo dire che mancò solo la fortuna non certo il valore.