Un pittore di figura. Anzi, un pittore “di moderne figure”. Stiamo parlando di Giovanni Fattori (1825-1908), artista livornese capace di rinnovarsi alla soglia del Novecento non solo sul piano dell’impaginazione delle fortunate incisioni, ma soprattutto sul piano tematico rispetto al quale il pittore si proietta in un contesto europeo, avanzando l’ipotesi di una revisione del nostro Ottocento che possa dunque, attraverso la meditazione sulla condizione esistenziale dell’individuo, rendere analiticamente la figura volumetrica e “vera”.
Riconducibile alla temperie macchiaiola, Fattori trasferisce su tela, su foglio inciso, su tavolette, il destino di uomini comuni, quali il Ragazzo in riva al mare o Il vagabondo o I butteri, e allo stesso tempo la vita dei soldati in battaglia.
Nel caleidoscopio delle sue espressioni tecniche ed estetiche finiscono appunti e disegni, tele e incisioni dove l’inattuale realtà rappresentata assume le connotazioni del “vero” proprio quando il fruitore assume la capacità di avvicinarsi all’opera fattoriana per una lettura universale, oltre e fuori dal tempo. Nella sua pittura, il segno e il colore, così come il prima e il dopo, sono costantemente e indissolubilmente legati.
La mitizzazione delle scene di lavoro nella Maremma toscana regala a queste ultime la stessa sacralità dell’attività degli Artiglieri in marcia (1880-1885).
La grandezza dunque di una pittura apparentemente anti-impressionista si rivela in toto nella vigorosa verità di una pennellata caratterizzata dalla forte nettezza descrittiva e da un’espressività dettata dall’epicità delle scene di battaglia.
I quadri di Fattori pongono molto spesso al centro figure di Carabinieri, perché, in lui, non troviamo la semplice evocazione dei valori e la celebrazione estetica, ma un contatto diretto con la realtà, e, per questa ragione, un approccio reazionario all’Accademia; una propensione culturale che favorisce la centralità della coscienza, emblema vitale e topico dei personaggi fattoriani.
E infatti il suo Carabiniere a cavallo (1865) non evidenzia un tradizionale sentimento di eroismo o una fervida esaltazione patria, bensì esprime esattamente lo stato d’animo del Fattori-artista, uomo amareggiato per le sconfitte ricevute ma mai privo di sentimento patriottico.
I carabinieri di Fattori, come i bersaglieri, gli artiglieri e tutti i soldati da lui raffigurati, sono quasi sempre colti di spalle, quasi privati di una definizione psicologica del volto. Emerge quindi la fatica, la lotta quotidiana, di non diverso valore, per l’artista, di quella di contadini ed erbaiole.
L’eroismo del lavoro, che sia nella campagna maremmana o a cavallo con una divisa impolverata, si manifesta, come già nel 2003 scrisse il critico Andrea Baboni nel suo Giovanni Fattori: il sentimento della figura, ‹‹sintesi astratta in un processo di “congelazione statuaria”, tesa a dominare lo spazio intorno ai personaggi raffigurati››.
Questo aspetto emerge prepotentemente nella Strada animata (1875), dove il carabiniere a piedi, eretto nella sua uniforme, è parte viva e concreta di una quotidianità tipicamente rurale.
La figura del carabiniere appare di rilievo sin dalle sue opere giovanili.
Non una celebrazione storica dell’Arma ma un’esaltazione dell’aspetto puramente umano di colui che indossa la divisa, un’accentuazione della sua presenza nella vita “di corpo” così come nelle contrade, nei mercati, etc.
Moderna, e attuale, è quindi la visione di Fattori: il carabiniere eroe del quotidiano, eroe tra i popolani, eroe nel suo giornaliero servizio d’ordine.
La sua forza pittorica permette infatti di tradurre in arte il legame da sempre forte fra i carabinieri e la popolazione. I suoi dipinti più significativi su tale tema sono quelli realizzati fra il 1880 e i primi del 1900: Carabinieri in un viale nevoso (1890), Carabinieri in perlustrazione (1890), Carabinieri a cavallo in Maremma (1890), Il brigante legato (1895), Carabinieri e lavandaie (1880), Rivista a Campo di Marte (1885), L’arresto (1890), Alle corse (1900), Carabinieri e ragazzi (1900), Carabiniere e lanciere (1906).
I dipinti di Fattori raffiguranti scene militari rientrano nel suo ampio percorso di ricerca cromatica e di luce, avviata già nel 1859, che è l’anno in cui pure i suoi ideali subiscono la scossa iniziale per un consolidamento anche tematico nell’ambito della sua attività artistica. È infatti nel 1859 che, affascinato dalla rivoluzione patriottica, a seguito del passaggio del corpo di spedizione francese di Girolamo Napoleone attraverso Livorno, Fattori inizia a dipingere impressioni sul vero e ad abbozzare schizzi dal vivo sul taccuino (che ancora oggi è materia di studio). Osservando gli accampamenti dei soldati francesi, Fattori ricerca un realismo superiore ai suoi “colleghi” macchiaioli, spinto anche dall’amico e pittore Nino Costa, che dopo aver visionato il suo studio in Piazza Barbano a Firenze lo incita ad abbandonare il quadro storico in costume e a cimentarsi in opere “dal vero” che illustrino vicende contemporanee.
Le tele di Fattori sono preziose testimonianze della nostra storia. Si pensi, ad esempio, a Il campo italiano durante la battaglia di Magenta (1860-62), da lui realizzato in occasione del concorso indetto dal governo Ricasoli, poi esposto alla Promotrice Fiorentina.
La tensione verso tematiche patriottiche prosegue fino alla fine della sua vita, anche nelle sue acqueforti: Ritorno in caserma (1886), Cavallo in corsa con carabiniere (1887), Carabiniere in perlustrazione (1888), Carabiniere in vedetta (1899).
Un sentimento della patria vero, “popolare” nel senso di “ciò che passa attraverso il popolo”, uno spirito moderno, che tramite il prisma del passato “ri-valorizza” alcuni aspetti artistici e morali sempre attuali e, per questa ragione, senza tempo!