Lo scenario mondiale è ben noto a tutti, la crisi Ucraina demanda punti di scelta e di soluzione che non si possono considerare definitivi e tantomeno risolutivi, infatti, l’ipotetico ribaltamento del fronte putiniano non genera necessariamente una possibile deposizione della sua leadership e cessione del conflitto armato. Paradossalmente la causa scatenante e l’effettivo casus belli, hanno origini fortemente pragmatiche ed economiche, oserei asserire finanziarie, le spinte non solo asiatiche ma anche atlantiste si giocano su piani e su scenari di commistione plurilaterali, generate da una molteplicità di governance finanziarie, pertanto, l’asset militare e la diffusione di una immediata guerra civile, suole essere il frutto di una manipolazione delle governance finanziarie, che nel conflitto hanno trovato l’humus scatenante e dominante, per stravolgere e dare un vero contraccolpo all’intero sistema economico Europeo.
Nel breve, non si accenna ad una sorta di narrazione conclusiva del conflitto non solo perché la difesa Europea sia a sostegno dell’Ucraina e delle sue regioni, ma per evitare un peggioramento non programmato del sistema finanziario e monetario Europeo, la richiesta inclusiva di una pace duratura comporta anche un riequilibrio economico delle sovranità nazionali Europee, e non solo. Un riequilibrio politico che non sia solamente di natura cooperativistica, ma si sta cercando una ricollocazione sovranazionale che consenta all’Europa la costituzione definitiva di un esercito unico, di natura non puramente pacifista, e un sistema ordinamentale che sia da spinta ad una nuova federazione di stato. Ovviamente il fatto sociale, derivante dalla crisi, può essere l’elemento comunitario che faccia da collante ad una nuova idea di Europa, ad un nuovo impero sovranazionale, infatti è opportuno ritenere che l’UE e una governance pubblica, che persiste in un regime e sistema economico, e in forza di una geopolitica strettamente economica e finanziaria, ed ha doverosamente l’esigenza di difendere pubblicamente i propri confini geografici, ne consegue, però, che la mancanza per sua natura di una identità di stato sovranazionale nell’accezione più ampia del temine, non le permette di derimere una crisi di conflitto, di tale portata, decidendo di attaccare guerra, se non altrimenti imposta fra gli stati membri, e non senza prescindere dal consiglio Nato.
In verità, va precisato, che siamo difronte ad un progressismo globalista, che da sempre seguita un modello decisionista strettamente congiunto al sistema finanziario globale e alle sue lobby elitarie, finalizzato ad un offerta produttiva che orienta il sistema economico e la collettività, ignara e fungibile alle sue proposte, socialmente sottoposta ad una massificazione identitaria che vive comunitariamente un assenza di etica nel rapporto con le istituzioni, e la parvenza di stato sovranazionale europeo diviene sempre meno forte e funzionale alle attese della governance finanziaria. Vero è che le risposte Europee, a questo fenomeno sono ancora carenti di una centralità statale, relegata ad una sovranità minoritaria rispetto alla sovranità finanziaria globalista.
L’unica vera cessione di sovranità degli stati membri, si identifica con la sovranità monetaria, stretta alla BCE, sistema privatistico bancario, infatti, tale governance pubblica paradossalmente rischia di soccombere alle decisioni di un mercato globale, e alle sue regole per fini economici. Come evidenzia Stiglitz, le banche centrali, hanno finora tenuto i tassi a zero, volontariamente, soffiando elevata liquidità nel circuito, favorendo attività di ogni genere, anche speculative e inducendo l’utente finanziario ad investire e il consumatore in generale ad indebitarsi, ed ora stanno aumentando i tassi senza capire o meglio valutare coscienziosamente l’origine vera dell’inflazione. L’errore più grave per combattere l’inflazione, dice, il Nobel, Stiglitz è alzare appunto i tassi di interesse, che non producono un calo dell’inflazione. L’origine scatenante, si focalizza intorno al sistema della Federal Reserve, che ha trainato il fallimento della Silicon Valley Bank, con effetto vorticoso a livello globale, obbligando la BCE a adeguarsi. Queste, pindariche manovre bancarie e finanziarie, consentite relativamente ad uno stato federale quale l’America, con margini di alto rischio per un mercato di prossimità quale l’Europa, produrranno nel breve un alto rischio di esecuzione materiale, ed un chiaro esempio è stato il crollo del Credit Suisse, costretto immediatamente a rifondere il Net Asset Value, generando un rischio materiale e sospetto tra gli investitori. Pur arginando il rischio capitale, con un intervento forzato sull’USB, ripeto, si incorre in un rischio materiale, ed inoltre l’aumento dei tassi nell’aria euro, genererà un aumento dei deficit pubblici, maggiori interessi sui prestiti interni ed esterni. La governance finanziaria, Americana, fortemente indebitata, spinge per soluzioni non solo di conflitto e di crisi evidenti, ma anche verso una polarizzazione del mercato, in realtà l’asset mondiale si sta diversificando verso un partenariato e un blocco asiatico di differente natura. In un mondo plurilaterale, difronte ad un atlantismo obsoleto e morente, spingere l’economia Europea verso una governance finanziaria, con oggetto la sostenibilità del pianeta è un suicidio economico e politico, privo forse anche di un reale fondamento scientifico, ma pregno di un una surreale verità, ossia una recessione economica, derivante da un asset bancario mondiale in crisi, che può inficiare l’intero sistema e generare non solo una ulteriore spirale inflazionistica ma anche una instabilità politica. Le crisi sono autoriproducenti, ossia possono autoalimentarsi, la causa primaria, sono le aspettative e i pregiudizi degli investitori che si autosuggestionano e sono indotti a credere in ciò che poi diventa o rendono reale. Una spirale di crolli, bancari e altresì finanziari genera una spinta recessiva inevitabile.
Lo stesso Paul krugman, Nobel, evidenzia, che un crollo di fiducia, pone in crisi un intero sistema, se questo poggia la sua politica su una sintesi speculativa finanziaria, come può esserlo per l’UE, attraverso ideologiche politiche fondate o rafforzanti un offerta finanziaria che sebbene innovativa, relativa transizione ecologica, non riscontra credibilità presso un reale sostegno degli investitori, frontalieri, per natura e volti a spostare il loro conveniente interesse, sull’altro versante della globalizzazione, il mercato Asiatico, che per contro si sta attrezzando, tagliando fuori l’America e la sua instabilità, sostituendo il dollaro con una nuova moneta di scambio internazionale.
Rassicurare il mercato, o sentirsi rassicurati dal mercato non conduce verso un vantaggioso porto economico, verso una stabilità economica e pertanto, la crisi Ucraina, foriera di una devastante politica energetica, ha altresì implementato il crollo di fiducia, ma il salto e il nuovo orientamento Europeo, non genera una riconquista del mercato stesso. Concentrarsi sulla fiducia dei mercati è una politica deleteria, come deleterio e auto sovvenzionarsi, con fondi salva stato, o con le stesse banche centrali, come avviene con il fondo internazionale per l’America e monetario Europeo, perché si recupera in termini di capitale finanziario ma non si ripristina la fiducia degli investitori e dei mercati. Inoltre, da un aspetto puramente tecnico, gli hedge fund, sono si creati per minimizzare i rischi di elevate speculazioni, ma le loro elevate fluttuazioni avvantaggiano fortemente gli speculatori, apportando scivoloni di insolvenza notevoli, e determinando svuotamenti bancari il cui recupero resta politicamente gravoso, vedi il caso Suisse, che ha tratto origine da fondi di investimento di società insolventi sia australiane che di partecipazione americana.
La politica Europea, deve infatti fondare la propria credibilità e stabilità economica sulla sovranità degli stati membri, rafforzata da uno stato sovranazionale, le cui politiche non volgono a scelte fluttuanti delle governance finanziarie atlantiche o asiatiche che siano, assecondare le fluttuazioni dei mercati, significa facilitare le intenzioni speculative di investitori o filantropi navigati, che operano scommesse strategiche al fine di scombussolare l’asset politico implementando fondi , o hedge fund , o quantum fund di investimento mirati, esegeti di un nuovo ordine finanziario. L’Europa, essendo una governance pubblica, ma di matrice ancora esclusivamente bancaria non è immune totalmente da una catastrofe finanziaria, strategicamente disposta, la secolarizzazione dei nostri governi derivanti da storiche istituzioni, non ci metterà al riparo, le crisi globali colpiscono, senza etica e senza morale e a poco servirà la nostra identità storica. Tuttavia, ritornare ad una politica fatta di valori senza tempo, ci porterà verso una stabilità economica, mettendo al bando la fine di certezze derivanti dal nostro vasto e variegato patrimonio culturale europeo, fondato su tradizioni, di ogni genere e ambito economico. È vero che il sistema bancario centrale europeo si sta rafforzando con meccanicismi assicurativi che fungono da paracadute in situazioni di default, ma parliamo sempre di un economia forzata e spinta verso un ambito virtuale, dove le idee o meglio le ideologie diventano politiche strutturali e si pongono come offerte finanziarie, che godono di una maggiore tutela di recupero in termini di capitali rispetto ai risparmiatori o investitori che siano, e questo non genera valore nell’economia reale e sociale della comunità sovranazionale. Negli ultimi decenni la governance mondiale finanziaria, attraverso il denaro facile, o virtuale, ha generato un mercato di interessi così grande, con una ricchezza molto più estesa del valore reale dell’economia mondiale. Il fallimento, di una banca, risulta essere contagioso e trainante, affossando vorticosamente gli attori dell’intero circuito economico, famiglie, risparmiatori, imprese. Siamo difronte ad un precipizio, finanziario, dove l’economia virtuale che strumentalmente si avvale dell’economia reale la traina nel baratro recessivo.
La Sovranità, Europea, sta per divenire dunque, un tema sempre più importante, che ci avvicina sempre più ad un eventuale esercizio federativo, elemento di forza e ancoraggio della sovranità monetaria, e di stabilità dell’euro e del suo sistema bancario, l’Europa è dunque alla ricerca di un identità sovrana, che troverà la sua reale governance in una sovranità federata, con un concreto aggiustamento sovra-ordinamentale, meno cooperativistico e meno volontaristico, dove gli operati intergovernativi e le alleanze di trattati, devono cedere il passo ad uno stato unico Sovrano, a tutela delle disfunzioni del mercato globale. L’attuale politica energetica sembra infatti in antitesi con la sovranità energetica di molte nazioni, e con una politica europea di integrazione economica, sembra insolitamente antieuropea, e molte lobby finanziare puntano ad un antieuropeismo spinto. Un Europa, che propone e fronteggia strategie rinnovate e rinnovabili sul fronte dell’energia, è un Europa in balia di derive progressiste e globalizzate, bisogna ricostituire un asset sociale economico, protetto e tutelato, un asset produttivo, con ritorno a politiche avanguardiste ma al contempo conservatrici dell’identità e delle diversità.