• 21 Novembre 2024
Editoriale

La vittoria elettorale, è per Putin un’arma a doppio taglio, poiché, sebbene la sua ossessiva propaganda, gli ha conferito un plebiscitario successo, incontrastato, in probabili manovre strategiche geo-politiche resteranno insindacabili, la sovranità popolare russa ne emerge annientata, subordinata ad un’idea di democrazia svenduta ad una ribalta dittatoriale senza eguale. Inoltre, l’esito elettorale, mostra un ulteriore elemento di fragilità, legato ad un regime, costruito su un’idea imperialista ormai obsoleta, avversa a dinamiche internazionali che denotano l’interazione di possibili ambienti diplomatici sfavorevoli ad una riaffermazione sovietica.

Gli elogi sventolati, da alcuni ambienti politici italiani e non solo, pongono, gli stessi in una subordinata posizione di piaggeria di altri tempi, con scopi diversamente strategici, che si scontrano con una non netta posizione atlantista, poco leale e molto inconveniente per scopi bellici.

Lo svolgimento delle elezioni presidenziali russe ci ha riportati, indietro nel tempo e nonostante l’attenzione imposta ad evitare incidenti e provocazioni, lo svolgimento ha reclinato in un passato bulgaro di pari entità, l’assenza assoluta di problemi procedurali, le ha conferito, una maschera di brogli che mai potrà essere svelata.

Alla luce di una rielezione di Vladimir Putin, l’analisi strategica, della guerra tra Russia e Ucraina, induce a evidenziare che questi si comporterà in continuità con quanto ha fatto finora rispetto sia alla sua collocazione geopolitica, e sia alla gestione del conflitto, tutto lascia supporre che non rinuncerà ai territori occupati, annoverati da Lui come parte integrante della Federazione russa, tanto da imporli il voto per la sua rielezione, consapevole di non indietreggiare.

Nell’attesa del voto americano, la disponibilità politica e diplomatica di Putin si riassume in merito ad una condizionalità di trattativa non di resa e nemmeno di pace se non costruita. Il consolidamento delle sue occupazioni in Donbass ed in Crimea, sono prioritarie, per Putin, rispetto ad un’offensiva programmata verso ovest, seppur non scontata.

L’Europa, tuttavia risente delle preoccupazioni logistiche, di difesa bellica e dunque di una mancata unità di azione, tale da avere i primi sintomi di un’influenza pandemica, dove il virus bellico, induce la Nato ad una posizione discordante, con nazionalismi, non di ritirata, ma di non partecipazione diretta al conflitto, come per l’Italia, decisa in rispetto della Costituzione, ma anche dell’art. 2 del consiglio Nato. Le spinte offensive vengono dalla Francia che cerca di coinvolgere la Germania, che a sua volta fatica a pensare di convertirsi nuovamente in una economia bellica, dopo gli strascichi del secondo conflitto mondiale e della gravosa recessione in corso.

Vero è che le pericolose tensioni in Medio Oriente, e in altre regioni, polarizzano la difesa europea verso una maggiore intesa per una sicurezza sovranazionale, con lo scopo di scoraggiare gli avversari, un’intesa difficile e di quali avversari parliamo? Forse il punto cruciale è proprio questo, l’Europa sta combattendo una guerra di confine, in difesa di una crisi geopolitica ed energetica, di ricaduta, che ha aumentato la sua spesa bellica, da 28 miliardi all’inizio della guerra, a 21 miliardi annunciati per il 2024, in una elevata produzione industriale di armi, che ha posto la Francia come primo produttore di armi mondiale, e la costruzione di un nuovo Fondo europeo denominato per la Pace ma fondamentalmente è per una difesa che si sta trasformando in un attacco strategico.

La paura che Putin, vinte le elezioni vinca anche la guerra, è notevole, le parole enunciate da Macron, sono l’emblema di una fragilità latente di un’Europa allo sbando, forse ci si è resi conto, dell’insostenibilità economica ed energetica che l’Europa deve sostenere contro la Russia putiniana, che ha miracolosamente conquistato più del 90 % degli elettori, in altre parole, dopo due anni di crisi e conflitto ucraino la Russia, sta con Putin, ciò fa paura e ci coglie sprovveduti, senza una difesa strategica ben strutturata, ma ricchi di fondi monetari, che rimpinguiamo alla ricerca di un trionfo che non ci sarà.

Le dinamiche elettive, dissacranti contro Putin, sollevate dalle molte testate giornalistiche, hanno il sapore delle sanzioni economiche, che Putin stesso ha di riflesso ribaltate entrando ed alleandosi con in Brics, infatti, li stessi si sono congratulati per il suo trionfo stratosferico, e ciò denota una sorta di rivolta di Spartaco a livello globale. Il processo politico mondiale non più unilaterale, preoccupa non poco l’Europa, sguarnita di una difesa unica e di uno Stato centrale decisionista.

Infine, l’Europa, piccandosi di aver mobilitato il bilancio, per sostenere acquisti di armi e munizioni, crede di aver fatto tutto, infatti non si ravvede, che nel mentre l’EU e gli USA, si distraggono con il voto tra maggio e settembre, Putin prepara la sua nuova strategia, lanciando la possibilità di una nuova zona cuscinetto, o più zone. Inoltre, il blocco del congresso statunitense, sul pacchetto di 60 miliardi, fa retrocedere il presidente ucraino che fa pressioni in Europa, ma le risposte, non sono unanimi.

Il plebiscito elettorale favorevole a Putin viene interpretato dal Cremlino come una spinta maggiore a non demordere a ripristinare nuove strategie di invasione, nulla asseconda il delirio di onnipotenza di una leadership, quanto una vittoria schiacciante. Il sospetto di un imminente escalation fa presagire, che le ipotesi, sono reali, la guerra si intensificherà, la patria russa si amplierà, l’idea di un’escalation è sintomatica di un voto popolare sottovalutato, ritenuto non libero, una dinamica di massa, paragonabile a quella tedesca, quando invocava il Fuhrer, e lo incitava ad una guerra senza sfide. Il popolo russo non ha mai conosciuto una vera democrazia, ma da sempre ha subito gli effetti di una rivoluzione che lo ha sottoposto ad una dittatura comunista, dalla quale si è risollevato ma mai liberato, vive le istanze di un sistema totalitario con derive dittatoriali, che si consumano e si riconoscono in mancate e libere elezioni. Comprensibile un’occidentalizzazione controllata, senza difetti nella assoluta conservazione di una identità di facciata compressa.

Conquistare il quinto mandato, in questi termini, amplifica la potenza della Russia e di Putin, e le sfide impopolari o rivoluzionarie sono una minoranza presto sedata, inoltre l’Europa si scontra in una fallimentare condivisione di un’azione di pace, che vede l’Austria neutrale, impossibile un’unità e una maggiore cooperazione nell’ambito del Partenariato per la Pace, dove le Nazioni stanno partecipando, escludendo la condivisione ad un’azione diretta di conflitto armata.

L’asset russo per la difesa si implementa anche di infrastrutture oltre che di armi, “Lo Zar è più forte, relazioniamoci con la Russia che c’è…” afferma, Charles Kupchan, analista Usa, forte di un nuovo ruolo americano con l’arrivo probabile  di Trump, e propone una possibile “Strategia del dialogo”, che potrebbe includere una nuova prospettiva in una nuova dimensione esterna della guerra ucraina.

La diplomazia rinnovata di Trump, qualora vincesse, potrebbe essere determinante, per una distensione del conflitto, ma qualora vincesse Biden, l’Europa non può farsi trovare incapace di marciare autonomamente, con una propria difesa.

Ormai, l’Europa è soggiogata da una sorta di incubo, dove nulla è impossibile, e la guerra potrebbe cogliere i cittadini europei realmente impreparati al conflitto, inconsapevoli di un’allerta non organizzata, poiché privi di una preparazione militare coordinata e precipua. Sembra che i margini di tempo per prepararci al peggio siano esigui, una prontezza di intervento va migliorata e preparata senza indugio, ormai spazi di illusioni ideologiche pacifiste cedono a concrete possibilità belliche, la Finlandia ne è consapevole e l’Europa, non può voltare lo sguardo ad occidente.

Putin, sta giocando a scacchi, l’Europa è il punto di posizionamento dei suoi pedoni, schierare le truppe alla frontiera finlandese, è un passo deciso, un passo senza remore, la Finlandia il paese più nordico della EU, si stringe in una strategia di difesa e di blocco verso ogni richiesta di asilo, evitando infiltrazioni sovietiche e preparandosi al peggio. Siamo alla sfiducia e alla non condivisone, dei rapporti diplomatici, pare che ogni relazione internazionale sia filtrata con estrema ratio. Ma le strategie europee sono poca cosa rispetto a quelle russe, ponderate sul filo del rasoio, e centellinate per sviare l’interesse ad un’escalation già in itinere.

La militarizzazione della frontiera è nota già da tempo, sia in Finlandia quanto in Estonia, Lettonia e Lituania, le difese russe si vanno a potenziare senza implicazioni di sorta, semplificare la concretezza di ciò che sta avvenendo, renderà accettabile, che l’idea di un conflitto con la Nato non è improbabile, certamente non auspicabile ma realistico.

Fare scacco matto forse non è tra le intenzioni di Putin, ma resta la paura di un Europa che si è schierata in difesa dell’Ucraina, sviando ogni punto di diplomatico attacco. L’Europa deve accelerare il processo di unificazione, e puntare ad una difesa comune, senza disparità, ormai disarmata dal sostegno incondizionato verso l’Ucraina, deve ricorrere ad un nuovo programma di riarmo, senza indugio: aumentare le spese per la sicurezza, mettere in comune le risorse degli Stati membri, perché no, ricostituire l’industria bellica, e cercare di puntare ad una condivisione degli obiettivi strategici, militari e geopolitici.

La Nato potrebbe, giocare un ruolo di neo-atlantismo senza l’America, aver svuotato gli arsenali a dismisura per sostenere l’Ucraina, e depotenziare la Russia, è stato una deformante e svantaggiosa strategia, che si stima come un errore senza precedenti incalcolabile e irrecuperabile dal punto di vista bellico, qualora per esempio la Polonia o la Lituania venissero attaccate, la spesa sarebbe inaccessibile in termini di dividenti e armamenti, ben 400 miliardi di euro.

La competitività, industriale europea, non è in grado nel breve di recuperare questo gap differenziale per incrementare le spese per la difesa, con una adeguata politica industriale, nemmeno avanzata, le lungaggini europee, sono interminabili, ma i venti di un approssimarsi bellico, stanno soffiando più forte, annullare oggi un pacifismo, ipocrita non servirà a nulla, tutta la dabbenaggine politica europea ha portato Putin, ad un trionfo che gli spianerà la strada verso ulteriori aggressioni espansionistiche.

Un Europa non unita, non difesa, non militarizzata, non avanzata, non digitalizzata, è un Europa verso il declino, facilmente passibile di un’aggressione, il sovranismo economico soggiogato dalla mancanza di materie prime, in particolare energetiche non gioverà ad un possibile attacco militare, essere sul piede di guerra non basta, l’economia deve variare il suo asset produttivo, una strategia finora non considerata, sottovalutare Putin è un errore non stimabile, ma incommensurabilmente assurdo.

Siamo in qualità di europei, confinati in un angolo buio della storia, e uscirne non sarà semplice, ma pensare di resistere senza preparare un potenziale bellico è inopportuno, Putin ha già annullato l’identità del popolo ucraino, non consentiremo di stravolgere l’Europa.      

Gli USA abbandoneranno, il campo dopo averlo opportunamente preparato, infiammando gli animi con ogni sviluppo, anche subdolamente terroristico, e spetterà all’Europa, e a tutti i membri della Nato, non incorrere in una trappola bellica, finalizzata a sbarrare ogni possibilità di idea di un’Europa Nazione, nonché Stato.                  

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.