Il popolo palestinese è oppresso e perseguitato, certamente non da Israele ma da Hamas. Sei perseguitato anche se sei musulmano. E devi stare attento se osi parlare contro Hamas. Gaza è una città di reclusi a partire dal 7 ottobre, anche se è assediata. Ne parla Stefano Magni, “Voci da Gaza: ecco com’è la vita reale dei palestinesi sotto Hamas”, 6.1.24, atlanticoquotidiano.it) Il giornalista riporta una testimonianza di Ala Mohammed Mushtaha, figlio di un imam che ha pagato caro il rifiuto di essere il pupazzo di Hamas. E’ stata pubblicata, il 4 gennaio, da The Free Press, il quotidiano online fondato da Bari Weiss, ex editorialista del New York Times.
Attenzione, segnala un commento, si tratta di “una testimonianza arrivata da Gaza,da una persona che sta rischiando la vita sua e dei familiari, è un atto di accusa reale,non chiacchere fatte da noi”.
Il padre (un imam) del giovane è stato rapito il 30 dicembre scorso da un commando della sicurezza di Hamas. “L’unica colpa dell’imam? Quella di non essersi prestato all’ennesimo tour di propaganda fra gli sfollati, in cui avrebbe dovuto predicare l’obbedienza assoluta a Hamas e la resistenza fino all’ultimo uomo”. Naturalmente l’imam ora rischia la vita e poi Hamas darà la colpa ai bombardamenti dell’esercito israeliano. Esattamente come stanno facendo con tutti gli ostaggi che sono morti nelle loro mani, o che hanno ucciso.
La testimonianza di Ala Mohammed apre uno spiraglio sulla vita di Gaza, su come Hamas abbia completamente strumentalizzato l’islam e trasformato le moschee in centri di indottrinamento e basi militari. Ala racconta che per Hamas, essere musulmani significa sostenere Hamas, e chi non sostiene Hamas non è musulmano. Se non ti adegui a ciò che Hamas ti dice, perderai il lavoro o peggio. Per tenere mio padre in riga, assicurandosi che tenesse solo sermoni del venerdì approvati da Hamas e che permettesse a Hamas di usare la sua moschea come deposito clandestino di armi, hanno arrestato me e mio fratello almeno dieci volte tra il 2016 e il 2019. A volte parlavano con gentilezza, a volte ci chiedevano di obbedire “per il bene delle vostre sorelle”, ma la minaccia della violenza incombeva sempre sullo sfondo. Più volte siamo stati picchiati e umiliati davanti a nostro padre. Anche lui fu picchiato, una volta quasi accecato”. In pratica dalla testimonianza si evince con chiarezza, l’uso militare delle moschee.
Infatti, il ragazzo racconta che Hamas, usava la moschea di suo padre per nascondere denaro, e armi, non solo gli imponevano il contenuto dei suoi sermoni del venerdì.
“Lo istruivano a fare il lavaggio del cervello alla gente con la loro politica, a stare con Hamas e con la “resistenza”, a dire ai fedeli che quella era l’unica scelta. Che chi fosse morto combattendo sarebbe stato ricompensato con 72 vergini dagli occhi neri […]”.
Il giornalista di atlantico cita ulteriori testimonianze riprese da il Center for Peace Communications (CPC), associazione non profit di New York, che ha avviato un programma di diffusione di testimonianze di prima mano da Gaza già l’anno scorso e dispone di una vasta rete di contatti locali, informazioni che aggirano la cappa di censura imposta da Hamas. Emergono descrizioni di arresti arbitrari, estorsioni e violenze da parte degli agenti di Hamas. Le donne, in particolare, hanno raccontato la violazione delle loro libertà fondamentali”. Pare che la gente comune a Gaza sta “iniziando a disobbedire sistematicamente alle regole imposte con la forza da Hamas. Dunque sarebbe un mito quello del partito voluto e amato dal popolo, all’unanimità”.
A proposito di donne sempre sullo stesso giornale online, c’è un interessante servizio di Nathan Greppi (La vita sotto Hamas che le femministe woke non vogliono vedere, 12.1.24)
“Prima di minimizzare o giustificare Hamas, dovrebbero ascoltare le testimonianze delle donne di Gaza, come quella di Umm Abdo. Eccolo il patriarcato”. Umm Abdo,è uno pseudonimo (Umm Abdo significa “madre di Abdo” in arabo), senza rivelare il suo vero nome. Si è anche rifiutata di farsi fotografare. Una donna di origine brasiliana che si è convertita all’islam, si è sposata a 18 anni con Said Dukhan, dal quale ha avuto sette figli, poi si è trasferita a Gaza City. Il suo sposo sarebbe il figlio di Abdul Fattah Dukhan, uno dei fondatori di Hamas, morto l’11 ottobre 2023. La Abdo ha raccontato la sua storia il 6 gennaio, in un’intervista al quotidiano brasiliano Folha de S.Paulo. Il giornalista polemicamente accusa le organizzazioni femministe come “Non una di meno”, che hanno preso posizione ciecamente contro Israele, senza dire nulla sulle donne israeliane violentate il 7 ottobre, per la verità, ma anche l’ONU ha impiegato quasi due mesi, per condannare gli stupri.“Prima di minimizzare o giustificare ciò che hanno fatto quelli di Hamas, queste persone dovrebbero chiedersi come vivono le donne sotto una teocrazia islamica”, scrive Nathan Greppi.
Umm Abdo racconta la sua vita fatta anche di violenze domestiche che poi l’hanno portata al divorzio nel 2023. “Hamas è un gruppo che non tutti amano. È una fazione considerata terroristica a livello internazionale. È odiata in tutto il mondo, anche in Palestina”. La donna brasiliana nell’intervista racconta quello che ha subito nei 20 anni che ha vissuto a Gaza.
“Ho subito un po’ di tutto. O meglio: ho sperimentato molto. Tentativi di stupro, omicidi, molestie sessuali e verbali. Le minacce di morte sono diventate la normalità. All’inizio pensavo che fosse perché non sono araba, ma poi ho capito che non ero l’unica”. Ha spiegato che “durante questo periodo, ho scoperto molte assurdità perpetrate dalle famiglie di Hamas. Sono storie terribili, e la cosa peggiore è che sono vere. Nessuno può fare nulla se non tacere. Tutti hanno paura. Chi apre bocca muore. Hamas li accusa di essere spie di Israele e li uccide. È semplice. Usano la religione come scusa. Non è una battaglia religiosa, al contrario. È banale, sporca, sudicia. E nel frattempo, la gente muore di fame”.
Per quanto riguarda la guerra in corso Umm Abdo, sostiene che “La gente odia Hamas più di quanto odi Israele. Per questo pensiamo che quello che Israele ci sta facendo sia assurdo. Hamas non ci ha chiesto il permesso di fare le cose che ha fatto (il 7 ottobre, ndr). Perché dobbiamo pagare il prezzo di un crimine che non abbiamo commesso?”.
Poi la donna parla dei suoi figli rimasti a Gaza, che non può portare via, ma io mi fermo, chi è interessato può andare a leggere l’intervista riportata da atlanticoquotidiano.it