I mercati finanziari, e la relativa governance finanziaria globale, sostanzialmente hanno cambiato identità, siamo alla soglia di un passaggio di consegne che definirà il bivio di un nuovo mondo economico e finanziario , i nuovi paesi che si affacciano infatti nello scenario mondiale, saranno cruciali per la demarcazione dei mercati finanziari futuri, i Brics, l’ acronimo non più metaforico che denota e rappresenta in particolare Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, e la di cui espansione non conosce limiti, e tuttavia l’estensione è nota a molteplice altre entità sovrane emergenti, che pur avendo fatto patti e trattative con l’Unione Europea, si allargano a intese di diversa fattezza, riguardano paesi del Nord Africa e altre rotte balcaniche.
Un sostanziale gruppo di paesi emergenti, e non solo, i Brics, hanno assunto le loro movenze finanziarie da un semplicissimo ed effimero slogan postato da una banca di investimento, che ha involontariamente, posto la fine del mercato finanziario con identità statunitense, così come lo si conosceva fino ad ora. Paesi che hanno assunto, via via, sempre più un ruolo di demarcazione e rilevanza finanziaria, nello scenario mondiale, determinando il potenziale emergente della loro banca di riferimento. Tuttavia, l’acronimo Bric fu creato nel 2001, dall’economista Jim O’Neill, che cercava di attrarre interesse e attenzione sui forti tassi di crescita presenti nei paesi di riferimento, per monitorare gli investitori offrendo loro un potenziale attrattivo su di essi, spazzando probabili forme pessimistiche che imperversavano e disorientavano gli stessi verso fonti di maggiore attrazione. Ovviamente le quattro nazioni assorbirono volentieri, l’acronimo e lo fecero proprio, poiché accomunati, da interessi e sfide di egual misura finanziaria, intenzionati ad aprire un varco di ascolto mondiale, perché soltanto uniti potevano svincolare il dominio e la supremazia statunitense. Già tutti membri, dell’Organizzazione mondiale del commercio, come BRIC si riunirono in prima istanza in Russia nel 2006, e tennero il primo summit nel 2009, e nel 2010 divennero BRICS con la partecipazione del Sud Africa, oggi la loro ascesa finanziaria lascia attoniti i mercati di riferimento, che non gli hanno visti arrivare, troppo occupati ad incentivare una governance di stampo americano e dominante. Oggi, non sono solo delle potenze finanziarie, demograficamente rappresentano il 42% della popolazione mondiale, geopoliticamente sono assolutamente decisionali nello scacchiere mondiale, geo economicamente detengono il 23% del prodotto interno lordo globale, dominando alcuni scenari energetici e d estrattivi globali, ma ancor più detengono un’espansione del commercio che si attesta su 18% del commercio internazionale. Sottovalutare ancora il loro potenziale di ascesa ed implementazione delle loro dinamiche di conquista di alcuni mercati e fenomeni finanziari, denota arretratezza strategica e pochezza di visione geopolitica globale.
La loro super potenza finanziaria, consiste in una forza monetaria e di liquidità senza precedenti, infatti nel 2014, la New Development Bank, staglia nel mercato con 50 miliardi di dollari ponendosi come alternativa alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale , hanno creano un nuovo sistema policentrico delle relazioni internazionali, con il tentativo, riuscito, di staccarsi in progress, dagli organismi internazionali, a comando sempre e assolutamente di tipo manageriale americano, infatti questo ha rappresentato la molla più incisiva per emergere dalla condizione di Spartaco della finanzia mondiale e divenire BRICS. Originariamente la loro intenzione era emergere con un avanzare complementare, tuttavia, oggi si evince che le ambizioni cinesi in alcuni mercati, hanno reso possibile una forte spinta di sorpasso, nell’inosservanza mondiale, che silente ha potenziato la globalizzazione cinese a basso costo e determinato la dipendenza commerciale ed energetica dalla stessa. Il sogno americano sta cadendo nel dimenticatoio globale, sta cedendo il passo al sogno cinese, e all’unione dei paesi BRICS, che denotano un avanzare senza precedente, con un incedere operativo, che rischia di travolgere il rallentatore innescato dall’Unione Europea a trazione ambientale, per la salvezza del pianeta, dimenticando che essa ne è solo l’espressione economica del 0.08 %. Questi paesi non operano con l’intento di salvare e tutelare l’ambiente, ma di conquistare i mercati di riferimento, con una volontà di dominio egemonica commerciale, senza possibilità di sconfitta. I BRICS, hanno innescato progetti che si potenziano con il superamento di 30 miliardi di dollari, investiti, in merito a settori da incrementare da un punto di vista infrastrutturale, generando un blocco di potere, mondiale che fa cogliere una fattibilità di coesione e concretezza di azione, al punto tale da creare e pensare alla nascita di una moneta anti- dollaro, una nuova valuta di riserva internazionale che poggia sulle monete dei paesi membri del gruppo Brics. Anche se alcuni paesi, tipo l’India stanno frenando l’ascesa del progetto di valuta alternativa al dollaro, che si presume tecnologica e finalizzata prettamente agli scambi commerciali internazionali. Nuova Delhi ha dato chiari segnali di dissenso, e questa ambiguità potrebbe essere derivante da chiare infiltrazioni americane in una probabile cooperazione nel settore della difesa.
Il nuovo conflitto geopolitico ucraino sta rendendo possibile questa idea monetaria che alternativamente, in assenza, totale, di spiragli possibili negoziali, va a rendere cruciale il vero conflitto mondiale, quello che intercorre economicamente e commercialmente tra gli USA e la Cina. Inoltre, lo scaturente conflitto energetico, derivante dai tagli delle forniture della Russia, che ha determinato la guerra energetica, parallela, contro le sovranità europee, a causa di ritorsioni, e ricatti, con l’avanzare erroneo di posizioni troppo contrastanti e poco diplomatiche, che hanno aumentato il livello di crisi del sistema gasiero sia nazionale che europeo, da porci in una condizione iniziale di allarme, oggi gestista con un offshore di partenariato di vicinanza, recuperando reazioni mediterranee bilaterali dimenticate. L’inflazione energetica, del caro bollette, amministrata indirettamente dalla Russia e sospinta dall’Eni, hanno posto aumenti oltre il 43% dei prezzi, spingendo a sostenere uno stoccaggio volto a generare una riduzione della scala degli approvvigionamenti presso hubs, alternativi ai flussi del gasdotto Nord Stream. L’intento strategico russo è stato di mettere in difficoltà l’Europa sia per l’accantonamento, per i prezzi lievitati, e frenando gli stoccaggi, oggi, il superamento complessivo di tale situazione ci pone attenti guardiani del fenomeno BRICS.
Possiamo denunciare che ancora i BRICS, non sono una potenza centralizzata ma un gruppo coeso che punta ad un unione commerciale, non ancora formalmente e ordinariamente giuridica, questa assenza di centralità decisionale, gli arretra ancora per poco nello scenario mondiale, sono ancora agli albori di un futuro che sembra restare di alleanza, ma se consentiamo loro di organizzarsi, favorendo le loro contrapposizioni, formeremo involontariamente un nuovo blocco mondiale, che frenerà l’Europa e la sua espansione, e anche il suo futuribile tentativo di divenire una federazione di stati. La cessione di sovranità monetaria dei Brics, si accumulerà alla volontà di porre in un angolo l’America e il dollaro. La maggiore influenza della Cina all’interno del blocco, la pone in netta antitesi rispetto alle divergenti aspettative che ha con gli altri membri del gruppo, infatti , l’eterogeneità interna , resta la singolarità, del gruppo che si disciplina più che sul piano economico sul piano di formazione di governo, Brasile, India, e Sud Africa sono paesi democratici, la Cina e la Russia sono governi a regimi autocratici, ciò pone delle distanze da colmare, su un piano di accordi bilaterali in particolare sulle volontà militari e il potenziamento nucleare. Discrasie di non poco conto, che per ora non incidono sul loro idealistico rafforzamento per incidere sull’ordine globale a contrasto occidentale, che si potenzia maggiormente per la rivalsa e unipolarismo guidato dall’atlantismo egemonico di stampo americano.
Il centralismo fiorente della Cina, fa veramente preoccupare, perché rafforza il contrasto, emergente con l’America e l’occidente europeo ad attrazione atlantista, ne consegue che questa, bilateralità mondiale non più unipolare, denota una possibilità di scontro irreversibile, il sostegno diplomatico e aiuto esplicito a sostegno economico dato alla Russia su vasta scala dopo l’aggressione ucraina dal gruppo, altresì, pone l’accento sul futuro mondiale e sul futuribile piano di sviluppo.
Ma quali sono i progetti futuribili dei BRICS e quale è il loro possibile ampliamento? L’attuale, scenario mondiale, pone il gruppo in un’ascesa ambiziosa nel mercato finanziario mondiale senza pari, con l’intento di aumentare la loro influenza commerciale ed economica, con un’espansione unica, sia sul fronte balcanico, africano, artico, sottraendo margini di potere contrattuale, ad un Europa che solo con il conflitto ucraino si è svegliata da un torpore economico, e politico che l’ha resa lontana da sviluppi di offshore globale. Tuttavia, il potere politico non è avulso dalle possibili volontà del gruppo, resta un probabile obiettivo, quello di crescere non solo dal punto di vista economico, ma anche come forza politica.
Ma resta da vedere cosa accadrà a livello di mercati, e le attese sull’inflazione statunitense, e di conseguenza le speculazioni degli investitori, che agiscono per recuperare un’economia, quella USA in difficoltà, ma al contempo, agiscono a trazione Fed, determinando delle spinte troppo turbolente che dovrebbero scatenare i listini delle borse mondiali, senza escludere quanto avviene nella BCE, con i relativi tassi antinflazione. La verità che la Cina è in condizione per contro deflazionistica, un allarme globale notevole, essendo essa una potenza globale imprescindibile per il commercio e l’approvvigionamento di materie prime, infatti, le esportazioni cinesi dopo la pandemia sono diminuite registrando un calo del 12.4% demarcando essa stessa segnali di stress dall’economia globale. Infatti, si può sottolineare che gli scambi con le economie del sudest asiatico e i suoi relativi partner hanno superato il commercio con gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono crollate del 24% e le importazioni diminuite del 4%, vi è in corso una deglobalizzazione verso le materie prime cinesi accelerata, l’occidente sta assolutamente diversificando dalla Cina, con somma urgenza, la frenata cinese delle esportazioni di metalli verso l’occidente è un rischioso campanello di allarme, per le nazioni europee prossime alla recessione, la guerra tecnologica sui chip avanzati denota una turbolenza di mercato notevole. Ma il vero malessere è la debolezza economica della Cina, che evidenzia il vero rischio globale, un calo evidente e consistente della domanda cinese avrà sicuramente effetti negativi sulle esportazioni dei paesi occidentali in Cina e determinerà un vero rallentamento globale dell’economia. Inoltre, i consumi interni cinesi che si stanno indebolendo, con aumento di disoccupazione, stanno provocando una sofferenza grande nell’economia cinese diminuendo e rallentando la crescita del PIL. La Cina, il grande colosso della globalizzazione mondiale, sta subendo un percorso inverso rispetto ai paesi occidentali, con un’inflazione quasi pari a zero, i prezzi non crescono e ciò è pericoloso, anzi pericolosissimo perché è un sintomo di deflazione e di rischio per economie connesse a livello globale alla Cina. La crisi cinese analiticamente deriva non da una crisi di approvvigionamento energetico come in Europa ma da un reale rallentamento della domanda nel mercato immobiliare, la forte esposizione per una maggiore propensione al risparmio dell’utente cinese ha generato una forte esposizione ai debiti di una multinazionale dell’immobiliare.
La condizione di alta inflazione non è preferibile ad una condizione di alta deflazione: entrambe producono distorsioni ed effetti collaterali, in entrambi i casi si può incorrere in circoli virtuosi, da surriscaldare l’economia di riferimento, sia la salita smodata dei prezzi, che la non propensione al consumo, possono innescare, fallimentari ascese di consumo se spinte artificiosamente da generare una elevata domanda di beni e servizi più di quanto il mercato possa produrre. Ma al di là dei tecnicismi derivanti da aggiustamenti di mercato, ne consegue che i BRICS, devono varcare la soglia della valuta e della loro autorevolezza monetaria e vincere ogni pressione americana, e ogni fenomeno economico finanziario, non prevede un probabile collasso cinese, ma forse un minore potere all’interno del gruppo, che comunque vanta un blocco antistatunitense ed asiatico di tutto rispetto, che infierisce e modifica l’economia globale , orientandola su un versante poco atlantico e sempre più orientale. In uno scenario simile dove gli USA temono il sorpasso della Cina e di conseguenza la supremazia mondiale del gruppo BRICS, l’Europa può emergere e tirare le somme di un periodo di riflessione e anticipare le mosse dei due blocchi, ciò potrà avvenire in una performance a trazione riformista con potenziale di crescita variante, rispetto ad un processo di deglobalizzazione che può vederla vincente ed autonoma, in un offshore di bilancio stabile. Certamente ciò deve essere dettato da una strategy di mercato diversa e diversificata, con una governance sganciata dalla globalizzazione finanziaria imperante, per evitare il baratro recessivo. Inoltre bisogna porre fine o comunque un argine alle sanzioni economiche, su paesi terzi, a basso reddito, ed evitare crisi alimentari globali, opportuno è l’intervento della New Development Bank , che si è posta l’obbiettivo di mobilitare risorse per sviluppi sostenibili, e infrastrutturali per mettere a sistema l’agroalimentare, per evitare questa interferenza egemonica bancaria cinese, anche l’Europa deve rimodulare i rapporti con il vicinato frontaliero nel Mediterraneo, al fine di porre un partenariato strategico inclusivo di sostegno e frenare l’intervento dei BRICS. L’Eurozona deve dunque rivisitare l’approccio sistemico internazionale e di integrazione geopolitico, fronteggiare l’ipotesi di una moneta digitale che possa usurpare ruoli, divenendo una moneta rifugio, in una continuità geografica tra nazioni distanti, consentendo loro di creare un nuovo bacino di mercato. L’interesse di partecipazione intorno al gruppo emergente dei BRICS, si aggira intorno a tredici nazioni, che pur sapendo di non approdare ad una moneta circolante come l’euro, sono attratti dalla possibilità di assumere una nuova identità politico economica, che gli sottrae dal domino del dollaro ,che sta iniziando la sua discesa epocale.