Fra i titoli che fanno da faro nel mare della cronaca spicca di certo quello che ha catturato l’attenzione di tutti: partorisce, uccide e seppellisce i neonati nel proprio giardino.
A Traversetolo, un comune situato sulle colline del territorio parmense si è scoperta la villetta degli orrori dove una ragazza, studentessa universitaria di soli 22 anni, ha partorito vivi i propri neonati a distanza di un anno l’uno dall’altro e poi li ha uccisi seppellendoli nel giardino della casa dove abita con la propria famiglia.
Un caso che ha destato raccapriccio in tutti coloro che hanno appreso la notizia. Non mi soffermo qui a fare la cronaca dell’accaduto visto che ne parlano ampiamente e dettagliatamente i media e i social, mi chiedo piuttosto, come può essere possibile provare tanta superficialità davanti ad un gesto di inaudita ferocia? una Medea dei nostri giorni pronta a sbranare i propri figli senza indugio.
E perché mai poi? Quale la motivazione? La vergogna di mostrarsi incinta a chi? Al fidanzato? ai propri genitori? Agli occhi della comunità? Sentirsi forse giudicata e additata? O forse quei figli nascosti in grembo per nove mesi sarebbero stati la privazione di un susseguirsi di impedimenti che avrebbero reso la sua vita diversa da ciò che si proponeva di realizzare? O semplicemente affetta da una patologia a carattere psichiatrico? Molte sono le domande, poche le risposte solo tanto sgomento. Intanto la ragazza ha ammesso e confessato di essere lei la sola responsabile e sulla vicenda le indagini proseguono. Ciò che rende tutto enormemente indefinibile è lo stato psicologico che porta una giovane donna a commettere una tale malvagità innaturale infierendo sul frutto cresciuto nel proprio ventre fino alla 40esima settimana, vederlo nascere, respirare, muovere le manine, sentire i primi vagiti e decidere un momento dopo di sopprimere il suo respiro, di portare il buio ai suoi occhi e di fermargli per sempre il battito di quel piccolo cuoricino che per nove lunghi mesi ha sentito andare all’unisono con il suo.
La mente umana spazia senza limiti fra gioie e dolori, fra carezze e violenze, valica i confini dell’incomprensibile approdando spesso su isole sperdute nella incoscienza di ognuno. Si dona la vita per errore e ci si sente liberi di toglierla per scelta. Perché mai questo deve accadere? In taluni casi in cui si verificano nascite in seguito a stupro, il trauma è talmente devastante che è accaduto più volte che le vittime ricorressero a gesti estremi; eppure, se solo si pensasse per un attimo di chiedere aiuto, perché l’aiuto arriverebbe, porterebbe rimedi opportuni per entrambi le parti, per la madre e per il nascituro.
Le ragazze madri vengono seguite, accolte, protette. I figli indesiderati hanno la possibilità di far valere quel diritto alla vita che assassinati non avranno mai modo di scoprirlo. Purtroppo, sono diversi e contrapposti i punti inerenti alla donna e la scelta di tenere o meno un bambino. Il concetto di aborto vede battaglie aperte come teorie di valenza fra volere e valere. La fede di ogni credo, la cultura di ogni popolo, la mentalità, la coscienza, il tutto gioca un ruolo importantissimo che gira inesorabilmente intorno allo stato d’animo di una donna.
Ma che colpa hanno quei bambini gettati in una piccola buca scavata fra la spossatezza del parto e la paura di essere scoperta, sepolti da poche manciate di terra gettata alla rinfusa su corpicini forse ancora caldi ed essere ritrovati per caso dalle zampe di un cane che felice pensava di trovare in premio un osso e che invece aveva trovato un qualcosa che non aveva avuto in premio la possibilità di vivere. Questa la cruda realtà! Stare dalla parte di quei bambini. È vero stare dalla parte di queste donne e delle loro sofferenze è un dovere di ognuno ma chi si pone dalla parte di esseri totalmente indifesi incapaci di urlare al mondo che hanno fame di vivere?
Altra domanda che nasce veramente spontanea in tutti è sul come possa accadere che una ragazza che vive in una famiglia benestante e unita sia stata talmente capace di nascondere per ben due volte, due momenti di gestazione, alla madre soprattutto. Una madre non può non notare i cambiamenti in sua figlia, cambiamenti fisici, espressivi, di umore. Qui non si cerca di certo un colpevole poiché una madre che decide e accetta di sopprimere i propri figli a mio avviso è già colpevole. I complici chi sono? I complici siamo tutti noi, una società incapace di guardare alle problematiche dei nostri figli. Troppo distratti dai telefonini, troppo vergognosamente presi dalle nostre indubbie esigenze, lontanissimi ormai da quelle che potrebbero essere le loro esigenze. E così si verificano ogni giorno episodi contro la stessa natura umana di padri che non provano nessun sentimento verso i loro stessi figli, di madri che antepongono i loro bisogni ai bisogni delle loro creature con una tale leggerezza, superficialità ed egoismo che hanno la piena convinzione di avere anche ragione. E ci meravigliamo che certa gente possa ammazzare a sangue freddo gli animali, le vere bestie sono uomini e donne che si celano sotto il nome di esseri umani.