A Benevento, al numero civico 145 del Corso Garibaldi, nel palazzo storico Paolo V, si trova il museo Janua, il museo delle streghe di Benevento, le “Janare”.
Al di là dell’immaginario collettivo a cui questo nome rinvia, janare, donne dedite a riti magici quali fatture e malocchi, ma anche curatrici, erbarie, è questo, un museo antropologico, fatto di ricerche sul territorio, intervistando le persone “testimoni della memoria”.
Qui, si è cercato infatti, di recuperare una memoria territoriale ma allo stesso tempo culturale; antiche tradizioni, tramandate oralmente e raccolte con passione e meticolosità, tradizioni legate ad antichi riti agropastorali del Sannio che affondano le loro radici in tempi antichi e che vanno perciò tutelate.
Lungi dal poter considerarsi dunque, un museo dell’esoterismo e della stregoneria.
Se si ha la possibilità di visitare questo museo, sotto la guida colta ed appassionata dell’antropologa, dottoressa Maria Scarinzi, o della guida museale Cristina Corrado, si scopre o riscopre un mondo simbolico e suggestivo attraverso i vari oggetti: catene, chiodi, forbici, falce, masco… tutti oggetti appartenenti al mondo magico-rituale ed esposti nelle bacheche delle sale “albero”, “occhio controcchio”, “scongiurare” e “sanare”.
Sicuramente per molte persone, il percorso museale potrà essere anche l’occasione per ricordare, quando da piccoli, attorno al camino, ascoltavano i “cunti” (racconti) dei nonni.
Addentrarci in questo museo, significa dunque, essere catapultati all’interno di un mondo misterioso fatto di storie, leggende, credenze e superstizioni popolari, un vero e proprio patrimonio di beni culturali immateriali a cui certamente va dato il giusto valore perché non meno importanti dei beni culturali materiali.
Tale importanza infatti, fu sancita in modo rigoroso durante la 32a conferenza dell’Unesco a Parigi, con la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.
Il museo Janua custodisce un patrimonio in continua evoluzione perché “fissare la memoria è un lavoro senza fine” e che, sicuramente, deve essere trasmesso alle presenti e future generazioni in quanto parte del bagaglio storico culturale del territorio sannita.