Il Natale è il periodo religioso in cui si celebra e si festeggia la nascita di Gesù bambino. Il 25 dicembre è il giorno nello specifico della glorificazione di questo evento, per cui miliardi di credenti, si preparano nelle settimane dell’ Avvento, ad accogliere la venuta al mondo di Cristo. Anche i non credenti accettano di buon grado questo periodo dell’ anno, approfittando delle festività natalizie come momento di pausa lavorativa e scolastica.
Il tempo di Natale è un periodo che dura 12 giorni, per la liturgia religiosa, che va dal 25 dicembre al 6 gennaio. Fino a pochi decenni fa, l’ attesa del Natale nelle famiglie, cominciava il giorno della festa dell’ Immacolata Concezione e cioè l’8 di dicembre . In questa occasione, in tutte le case, era tradizione preparare il presepe e l’albero di Natale, ritrovando così un momento di giubilo, di collaborazione tra genitori e bambini nell’ appendere palline e lucine colorate o nel trovare il giusto posto a questo o a quel pastorello. Il vociare allegro e festoso, e perché no anche rumoroso dei piccini, si mescolava alle parole indicatrici dei genitori, le quali erano volte a facilitare con il giusto movimento delle piccole manine entusiaste, il decorare e l’ adornare ogni angolo della casa con gli addobbi natalizi.
Si creava un’ atmosfera calda e magica, un infuso di fremente attesa e di melodiche emozioni nell’ aspettare il grande momento: la nascita di Gesù. Questo periodo preparativo negli ultimi decenni è stato sempre di più anticipato, nel momento in cui la parte commerciale e consumistica ha preso il sopravvento sul religioso sentire, riducendo così tutto a un Black Friday perpetuo, con una puntualità pungente che mira ad intaccare costantemente le tasche delle persone. Si ha sempre di più la percezione che finite le vacanze estive, subito dopo il tanto atteso ferragosto, si passi direttamente a puntare al periodo natalizio, proponendo tra gli scaffali dei supermercati la presenza di panettoni e pandori già nel mese di ottobre . Questo Natale “omnia presente” ci viene proposto con pubblicità pressanti, propinando esasperati sconti, offerte dell’ultimo istante, attraverso immagini di magica atmosfera natalizia, mesi prima del 25 dicembre. Paradossalmente, si anticipa per correre, in un frenetico inseguimento dello sconto. Paradossale è anche, l’affannosa ricerca del risparmio, spendendo alla fine, molto di più. Voi vi chiederete: – Siamo tutti folli?- Assolutamente no. Siamo tutti vittime, se così si può dire, del Neuromarketing. È un’applicazione delle conoscenze e delle pratiche della neurologia al marketing, con lo scopo di influenzare le decisioni di acquisto di prodotti di vari brand, coinvolgendo l’acquirente emotivamente. Una manipolazione dei nostri sensi, uno strategico meccanismo pronto ad abbattere il cosiddetto “dolore dell’acquisto”, quel senso di colpa dal quale ognuno di noi può essere pervaso, quando si acquistano prodotti di futile utilità, spendendo anche cifre esose. Ecco allora il perché delle vetrine agghindate di festoni e di tanti pupazzi di Babbo Natale che, con il loro usuale saluto meccanico, ci accolgono all’ ingresso degli esercizi commerciali con il loro plateale – Oh oh oh – . Strade piene di luminarie, dai colori forti, brillanti, vividi, che colpiscono come dolci saette di emozioni i cuori delle persone; profumi di dolci festivi, che avvolgono il senso olfattivo del bimbo eterno presente in noi. Risvegliare nel potenziale consumatore, un senso di fanciullesca goliardia e di antiche memorie, in una vita oppressa da preoccupazioni e da un piattume di quotidiana monotonia, è la tattica psicologica di persuasione, quasi di ingannevole leva, che oramai riempie la nostra vita di compratori. Parlare di consumismo estremo , non è retorica, non siamo nel mondo dei luoghi comuni, ma ci troviamo semplicemente in universo sociale ed economico, in cui il maglioncino prezzato a €19,99 ci spinge a credere che va acquistato come un grande affare, perché costa meno di €20. Il becero sciacallaggio pubblicitario, mascherato da buonismo lascivo, non fa altro che omologarci tutti, schiavizzandoci a questa legge di mercato. Branchi di umanoidi in fila per ore davanti ad uno store, nell’ attesa di rincorrere lo sconto del momento.
L’ariditá del freddo danaro e la legge spietata dell’ economia globalizzata racchiusa in un algoritmo matematico, rendono il cittadino/cliente un numero, passivo di qualsiasi decisione se non quella di potersi ribellare a questa regola divenuta universale. Ribellione che diventa un fuori coro, una diversità, una stranezza, in un mondo dove i pochi si arricchiscono oltre misura e i poveri si impoveriscono sempre di più. Il Natale è stato diseredato del suo significato, dai centri commerciali , dall’ outfit da accaparrarsi e da indossare nelle serate di festa natalizia, dall’aumento dei prezzi dei ben
i alimentari, speculando sul necessario acquisto di tali prodotti. È una guerra senza bombe, dove le vittime sono le persone comuni.
La generosità, il senso comune di riunirsi senza l’ipocrita convenzione; il ritrovarsi comunità regalando auguri sinceri, senza guardare alla marca del regalo ricevuto; accogliere gli ultimi e donarsi a chi non ha una casa e affetti che li attendono, sarebbero elementi di una grande rinascita ad una nuova vita, dove la sostanza ridiventa protagonista a discapito della forma. Un mondo pieno di Grinch incattiviti perché non ritrovano più il Natale di quando erano bambini, rinnegano questo folle teatrino fatto di lustrini, di festoni, di musiche natalizie, perché sporcato dalla mano della commercializzazione delle tradizioni, della fede, dando un sonoro schiaffo alla povertà. Riportiamo le renne davanti alla slitta di Babbo Natale, togliamole dalla speculazione del consumismo, ritrovando quel bambino che abbiamo dentro, che adora l’albero di Natale e il presepe e che probabilmente abbiamo dimenticato in qualche negozio di un centro commerciale.