• 21 Novembre 2024

Il trattamento di fine rapporto, conosciuto da tutti come il TFR, oppure liquidazione, è una porzione di retribuzione al lavoratore subordinato differita alla cessazione del rapporto di lavoro, effettuata da parte del datore di lavoro. Con il decreto legislativo del 5 dicembre 2005 n. 252 è stata emanata la nuova riforma della previdenza, regolando la destinazione del TFR ai fondi pensione complementari, tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

Alla disciplina del TFR sono assoggettati tutti i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico, limitatamente alle categorie rientranti nel cosiddetto pubblico impiego contrattualizzato assunti dopo la data del 31/12/2000. Il TFR viene erogato in tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro, qualunque ne sia la ragione, dal licenziamento individuale e collettivo o dalle dimissioni stesse del lavoratore oppure il pensionamento. Il lavoratore, anche in caso di fallimento dell’impresa nella quale svolge la sua attività lavorativa, non perde il diritto a percepire il TFR, infatti mese per mese il datore di lavoro è obbligato a versare un contributo proporzionale alle retribuzioni pagate che varia in funzione della tipologia dei lavoratori. 

Nel corso degli anni ci sono state diverse riforme che riguardano il TFR, nonostante ciò, o percepirlo nel momento della fine del rapporto di lavoro o percepirlo mensilmente in busta paga, il lavoratore non dovrà mai perdere il diritto di percepirlo.

Normalmente, salvo problemi di liquidità, il TFR si versa in concomitanza con l’ultima busta paga o al massimo entro i successivi 30-45 giorni. Sulla base di quanto contenuto nel Codice civile, si può sostenere che versare sin da subito il TFR significa garantire quello che a tutti gli effetti è un diritto del lavoratore. Sul tema si è più volte pronunciata la Cassazione, ribadendo ildiritto a ricevere la liquidazione al termine del rapporto di lavoro. Ad esempio, molti CCNL fissano un periodo specifico entro il quale il datore di lavoro è obbligato a versare il trattamento di fine rapporto.

Come regola generale, quindi, il datore di lavoro è tenuto a versare al lavoratore il dovuto il prima possibile. Nella ipotesi in cui l’azienda fallisce in concomitanza con la richiesta del dipendente di ricevere il TFR, i tempi necessari per ricevere la buonuscita si allungano ma il dipendente non perde il diritto a ricevere la liquidazione. Infatti, il lavoratore può ottenere il TFR direttamente dall’INPS grazie al fondo di garanzia a tutela dei dipendenti privati.

Quindi, il dipendente ha il diritto di avere, nei tempi immediati, salvo diverse situazioni il trattamento di fine rapporto e nei casi in cui l’azienda, senza giustificazioni o senza reali comunicazioni, non può comportarsi come vuole: in tal caso, si può procedere per via legale che darà piena ragione al dipendente. All’imprenditore, invece, oltre ad ottenere da parte del giudice la sentenza negativa per cui sarà costretto ad adempire, avrà anche una cattiva reputazione sociale per la sua grave inadempienza ed insolvenza che non gli gioverà certo nel futuro come immagine.

Autore

Campano, laureato in scienze politiche e relazioni internazionali, specializzato in scienze della politica in studi parlamentari all'Università della Sapienza di Roma. Collaborato con RadioSapienza, web tv e giornali web. Direttore della Biblioteca Comunale Safina di Gioia Sannitica. Sono stato presidente del Comitato Sviluppo e Territorio. Appassionato di viaggi internazionali e scrittura pubblicando un primo libro, un giallo ironico, in formato ebook, i segreti di filetto. Il libro è il primo capitolo su 4. Appassionato di storia, soprattutto locale.